Spiritualità. La guida di Sequeri per trovatori di senso
Monsignor Pierangelo Sequeri
In tempi nei quali i discorsi pubblici sulla fede sono prodighi – giustamente, peraltro – di domande, quando non di elogi al dubbio, le parole d’ordine sono “percorso” e “incontro”, ed è sempre bene alludere alla ricerca come metodo, chi in mezzo a tanto muoversi tra molti indizi e poche sicurezze accenna alla possibilità di “trovare”, come se avesse già in tasca le soluzioni, finisce per suscitare qualche sospetto. Non sembra tempo di certezze adamantine, almeno nel confronto sulla pubblica piazza: se si vuole uscire dal guscio del proprio gruppo di riferimento aprendosi al dialogo e al confronto per essere davvero “in uscita” non è certo il caso di mettere le proprie risposte prima dei punti interrogativi altrui.
Per questo quando, un anno fa, nacque la prima idea che poi avrebbe portato alla fortunata serie di articoli di don Pierangelo Sequeri su “Avvenire” – poi usciti in 8 puntate tra il dicembre 2023 e il febbraio 2024 – fu una piccola ma eloquente sorpresa scoprire che il teologo milanese volesse completare l’intuizione iniziale di proporre alcuni grandi temi di ricerca dei credenti nella società plurale (e pulviscolare) parlando non solo di “cercatori” ma anche di “trovatori”. Chi cerca non è detto che trovi: perché mettere la destinazione già nel titolo del viaggio? Ma l’ipotesi che potesse esserci un’ombra di presunzione intellettuale nella ispirazione della serie di mini-saggi sulla fatica di credere e di pensare oggi la fede svanisce leggendo una dopo l’altra le puntate sequeriane, che escono ora nel bel libretto confezionato da Vita e Pensiero insieme ad “Avvenire” per la sempre più ricca collana “Pagine prime” (Cercatori e trovatori, pagine 70, euro 12,00): otto capitoli più un “Congedo” sui titoli di coda, che se fosse una serie tv si direbbe la promessa di un sequel. Lo speriamo di cuore, perché di don Pierangelo, dei suoi lampi spirituali che illuminano la strada a venire e della sua prosa immaginifica e avvolgente avvertiamo il bisogno come di un nutrimento necessario. Ma è chiaro il progetto che rende questo piccolo libro, denso di indizi, utile anche a chi ha già letto le “sette parole” più una in presa diretta, quando le pubblicammo su queste pagine: proprio pensando a «un nuovo cammino comune» Sequeri suppone e propone che la vera chiave della ricerca sia nel trovare, e che i più sinceri cercatori siano i “trovatori”: «L’intento di queste riflessioni – spiega l’autore – è quello di illuminare i potenziali di lievitazione del seme cristiano nel nuovo contesto d’epoca», sapendo che ci sono, che muoversi per identificarli con questo assioma è già assai più che mettersi in viaggio, e muovendosi comunque tra le coordinate ancora ben visibili di una «ispirazione» che ha dato forma a «un’eredità non ancora consunta».
È evidente però che si tratta di un «capitale» che «non è più sufficiente a rilanciare il fervore di una creatività capace di aprire futuro per la storia dell’anima fra i popoli». È esperienza comune – ne sanno qualcosa i padri e le madri sinodali che di questo stanno discutendo in Vaticano – che «la comunità cristiana, pur così disseminata di commoventi slanci di dedizione, non vede ancora una via nuova (o ne vede troppe). E quindi cerca di fare quello che può con il linguaggio che ha e con le abitudini che sa». Col rischio di fare il callo a “tirare avanti” senza cercare più nulla. Una rassegnazione a tornare su strade già percorse che finisce con l’allontanare la comunità credente da ogni ambizione di aprire le porte a quanti se ne sono andati, esitano nei dintorni del sagrato, o non sono proprio mai entrati. A un cristianesimo che rischia di non desiderare neppure più di mettere «un sale non scipito nell’insipida zuppa della storia» Sequeri ricorda «la libertà e la necessità di una missione che cerca – prima di tutto e in tutto, dovunque e in chiunque – i vicoli di ingresso nel regno di Dio (la “porta stretta”)», con una fede che oggi «mette anzitutto in gioco – nel suo dialogo con l’umanesimo dell’altro uomo – il suo orizzonte di destinazione dell’umano al mondo di Dio». Dunque – ed è qui il cuore dell’idea del teologo milanese – occorre andare incontro ai «cercatori e trovatori della fede dove non te l’aspetti». Infatti «la priorità, nella logica attuale della missione, va riconosciuta nella generosa disseminazione di discepoli che siano all’altezza dei luoghi “dove si formano i nuovi racconti e paradigmi”», citazione questa della Evangelii gaudium. Una Chiesa che «ritrovi l’allegria della fede che Gesù regala a chi non ha niente» mostra di non aver dimenticato che «il tesoro è nel campo, certamente». Però – commenta don Pierangelo con una delle sue battute fulminanti – «bisogna scavare nei punti giusti: altrimenti uno si trova solo un campo pieno di buche, e si deprime». La ricerca di una strada per la fede nel mondo iper-secolare, in altre parole, non può procedere alla cieca, paga del suo interrogarsi sulla direzione da prendere come se oggi fosse tutto lì, ma suppone di aver trovato, oltre al campo, il luogo del tesoro. E lì procedere. Sulla mappa Sequeri segna sette parole: il futuro, le élite, i molti, l’intesa, l’onore, la prova e l’attesa. Insieme a lui e al suo dizionario per cristiani non arresi andremmo ovunque, “trovatori” presi a giornata quando forse pensavamo fosse prossimo il tramonto.