Agorà

Classici. Così le tragedie greche ci aiutano a capire la cronaca dei nostri giorni

Roberto Righetto mercoledì 7 agosto 2024

Mavie Hörbiger nel ruolo di Ismene nell’“Antigone” di Sofocle al Burgtheater nel 2015

Già in Tre anelli, uno dei più bei libri usciti negli ultimi anni, sospeso fra narrativa e saggistica, raccontando storie di tre personaggi - il critico letterario Auerbach, il teologo Fenelon e lo scrittore Sebald - Daniel Mendelsohn ci parlava del mondo di oggi attraverso i miti dell’Odissea. Contravvenendo alle ipotesi balorde avanzate talvolta da qualche studioso, economista o scienziato, sulla necessità che la cultura occidentale debba sbarazzarsi degli studi classici e persino, per quanto riguarda l’Italia, di chiudere il liceo classico perché considerato inutile per la formazione dei giovani, ora l’editrice Einaudi, che già aveva pubblicato Tre anelli, manda in libreria un suo nuovo volume, Estasi e terrore. Dai Greci a Mad Men (pagine 398, euro 22, con la traduzione di Norman Gobetti), ove ha raccolto alcuni articoli pubblicati in anni recenti perlopiù sul “New Yorker”, che confermano l’originalità e la plausibilità della sua chiave di lettura che consente grazie all’aiuto delle grandi opere degli autori greci e latini di interpretare gli eventi del nostro tempo. Così, per lo studioso di lettere classiche docente di letteratura al Bard College, per comprendere la logica che sta dietro all’11 settembre, più che ai film realizzati sull’attacco alle Torri Gemelle come World Trade Center di Oliver Stone e United 93 di Paul Greengrass, dobbiamo rivolgerci a I persiani di Eschilo. La tragedia rappresentata per la prima volta nel 472 a.C. racconta la vittoria greca sull’esercito di Serse che voleva conquistare la Grecia e che venne sconfitto duramente a Salamina, «il primo conflitto geopolitico globale fra Oriente e Occidente cui il mondo avesse mai assistito». Mentre i film citati mancano di drammatizzazione, l’opera di Eschilo descrive cosa può accadere a una superpotenza che si crede imbattibile quando sottovaluta i propri nemici; inoltre, stupisce perché lo fa scegliendo «di identificarsi non con i greci inebriati dalla vittoria ma con i persiani in lutto». Un’altra vicenda che ha colpito molto l’opinione pubblica americana è stata la polemica suscitata dalla sepoltura di uno degli autori dell’attentato alla maratona di Boston del 2013, Tamerlan Tsarnaev, che l’autore reinterpreta mediante l’Antigone di Sofocle. Nessuno voleva accettare di dare sepoltura al terrorista e nemmeno la vedova ne aveva reclamato il corpo. Allorché la casa funeraria di Worcester, in Massachussetts, si rese disponibile, molti manifestarono con cartelli ove era scritto: «Seppellite questo terrorista sul suolo statunitense e noi lo disseppelliremo ». Uno slogan che impedì la sepoltura tanto che il governatore dello Stato preferì lavarsi le mani, finché una cristiana praticante di Richmond, in Virginia, si fece avanti dicendo di voler mettere in pratica l’invito di Gesù ad amare i propri nemici. Fu così che il cadavere di Tsarnaev dopo quindici giorni venne trasportato in un piccolo cimitero musulmano della Virginia rurale per essere interrato in una tomba senza nome. Come non ricordare la vicenda di Antigone, la sorella di Polinice, che di notte dà sepoltura al corpo del fratello contravvenendo all’ordine dello zio Creonte divenuto re di Tebe dopo la morte di Edipo? Da quando fu messa in scena, attorno al 442 a.C. ad Atene, la tragedia di Sofocle è emblematica del conflitto fra le leggi scritte e quelle non scritte. «Quello che rende Polinice degno di sepoltura – commenta Mendelsohn – non è infatti lo schieramento cui apparteneva ma il semplice fatto che si tratti di un essere umano, un anthropos». In altri capitoli sono le Storie di Erodoto e l’Eneide di Virgilio ad essere messe in rilievo per la loro straordinaria attualità. Lo storico greco narra l’incubo di uno Stato autoritario e centralizzato, la Persia di Dario, simbolo delle tragedie di ieri e di oggi quando un dittatore persegue i propri disegni di annientamento dell’avversario, e così il poema di Virgilio preannuncia i grandi orrori del XX secolo, dagli stermini di massa alle crisi dei rifugiati. Mentre non convince molto l’analisi della serie tv Mad Men, stroncata troppo duramente, illuminante si rivela anche il testo dedicato alle Metamorfosi di Ovidio, divenuto purtroppo un obiettivo della cancel culture per la presenza di scene di violenze e di stupri. Con obiettività Mendelsohn rileva che «se i classici sono grandi non è perché incarnino una qualche semplicistica nobiltà di pensiero e bellezza nella forma, ma perché, proprio grazie alla loro oscura complessità, continuano a parlarci in nuovi modi, spingendoci a rileggerli nel momento stesso in cui mettiamo in discussione il nostro modo di interpretarli». Ha senso discuterli, ma non cancellarli perché fanno parte in maniera inscindibile della nostra cultura.