Atletica. Nadia Battocletti va di corsa sul tetto d'Europa
La diciottenne Nadia Battocletti, oro ai campionati Europei di corsa campestre / Giancarlo Colombo
A 18 anni l’azzurra Battocletti, figlia d’arte, è già sul tetto d’Europa, avendo vinto a dicembre l’oro nella rassegna continentale di cross Prima donna italiana a trionfare e a salire sul podio in venticinque edizioni: «Questa vittoria mi ha cambiata, sogno un grande 2019 Devo tutto ai miei genitori, maestri di vita prima che di sport» Essere sul tetto d’Europa a soli 18 anni, roba da poche elette, anzi solo una: Nadia Battocletti. La trentina della Val di Non lo scorso 9 dicembre ha vinto l’oro agli europei di cross. Prima donna italiana a vincere e a salire sul podio in 25 edizioni della specialità. Unica. E predestinata. Già perché per chi mastica atletica un Battocletti già lo conosce: è il padre Giuliano, oggi 43enne, campione del mezzo fondo azzurro con ben 17 presenze in nazionale e un oro a squadre agli europei di cross del 1998. Ma non basta, perché i geni vincenti della campionessa Nadia arrivano anche dalla mamma Jawhara Saddougui che ha un passato da ottima atleta sulle piste marocchine. Nata solo nel 2000 Nadia ha già scritto una pagina importante dell’atletica italiana, ma non è nuova nell’ambiente, nel 2017 nonostante fosse ancora una diciassettenne da “Allieva” ha vinto il bronzo nei 3000m agli europei categoria Junior, ovvero under 20. Ha battuto le più grandi, così come questa estate ed è diventata la prima “millennial” a conquistare un tricolore assoluto, a Pescara, nei 5000 metri. Quest’oro europeo con una gara dove ha recitato da protagonista dall’inizio alla fine, in testa per oltre due giri su tre resistendo agli attacchi di temibili avversarie l’ha consacrata definitivamente, convincendo in maniera definitiva tutti quanti, sé stessa per prima. «Questa vittoria mi ha cambiata. Di solito prima delle competizioni importanti sono sempre stata nervosa e preoccupata, questa volta ho avuto un approccio totalmente differente. Ero cattiva, grintosa, sicura di me stessa e il risultato si è visto».
Sì è notato dalla sua autorevole condotta di gara, a cosa è dovuto questo cambiamento mentale?
A mio padre in particolare. Che è anche il mio allenatore da sempre. Mi ha convinta in maniera definitiva. Sento di essere cresciuta, so come impormi nella gara, sono totalmente me stessa e credo di più in me.
Ha due genitori che sono stati due campioni. Cosa le hanno trasmesso in particolare?
Lo sport come filosofia di vita, come divertimento. La mia prima gara sono stati gli ultimi cinquanta metri di mio padre alla Ciaspolada. Stava vincendo, aveva talmente tanto vantaggio sul secondo che si è fermato per prendermi e ho corso con lui fino al traguardo. Ero piccola, ma li ho capito che correre è una cosa bellissima. Poi mi hanno trasmesso la loro educazione e fair-play di sportivi, ciò che acquisisci in anni di pratica sportiva. Insegnamenti prima di tutto per la vita, ancor prima dello sport. Io ho ricevuto tutto questo dalla nascita.
Come si differenziano nel rapporto con lei?
Papà è più tecnico, mi allena e mi insegna anche a come si corre sul fango, come si mettono i piedi e tanto altro. Ha un doppio ruolo di padre e allenatore. Ma è unico, mi capisce immediatamente, basta uno sguardo. Sono abituata a questa sua doppia figura, gli riesce d’essere naturale quando fare il padre e quando fa il coach. Mia madre mi è vicina sul morale, diciamo più sull’aspetto mentale.
L’atletica italiana ora conta tanto su di lei. Ci sono pochi talenti: lei, Crippa, Tortu e pochissimi altri. Lei è il volto pulito e sorridente di questa Italia che tra pista e strada vince ben poco. Sentirà la pressione?
No, penso di no. Mi piace essere d’esempio e prendermi le mie responsabilità. Per me parleranno sempre e solo i risultati anche se, ripeto, tutto questo è un divertimento. Anche se sta diventando un lavoro visto che sono entrata nelle Fiamme Azzurre. Chi è il suo idolo sportivo? Non ho dubbi: il marocchino Hicham El Guerrouj, uno dei più grandi mezzofondisti di tutti i tempi, due ori olimpici e quattro ori Mondiali. Mi è piaciuto per la sua costante testardaggine, ha vinto gare che sembravano perse. Un po’ mi ci rivedo, vorrei essere così.
È vero che ogni tanto rinunci anche ad allenarti per studiare? Ogni cosa che faccio tento di farla al meglio. Sempre. Sto facendo la quinta liceo scientifico e studiare è importante. Cerco di tenere un equilibrio e dare delle priorità. Se ho un periodo di esami e interrogazioni importanti mi è capitato di saltare qualche allenamento. Nel 2019 volevo iscrivermi a medicina ma poi ho capito che sarebbe stato davvero inconciliabile con la vita di atleta. Perdere cinque anni di agonismo tra i 20 e i 25 anni sarebbe per me impensabile. Ho optato dunque per architettura che sia chiaro non è un piano B. Diciamo un piano A-2…
Vive tra Cavareno dove abita e va a scuola a Cles dove si allena. Grandi feste al suo ritorno da Tilburg?
Per ora no, perché dicembre a scuola è stato tempo di verifiche quindi poche le distrazioni. Però so che durante la gara del 9 dicembre tutti i miei amici e compagni mi hanno seguita e tifata. A scuola c’è una mia foto appesa con la medaglia così come in Comune, in biblioteca, dal panettiere e un grande striscione all’entrata del paese. Mi fa piacere.
Dove può arrivare nel 2019 Nadia Battocletti?
Sarò in gara il 6 gennaio al cross del Campaccio poi forse un’altra campestre. Poi le indoor in febbraio con i 1500 ai campionati italiani junior e i 3000 agli Assoluti. Il 24 marzo i mondiali di cross in Danimarca, nel 2017 tra le under 20 sono stata la migliore delle atlete europee. Sarebbe bello fare una gran bella gara.
In quale distanza si sente davvero te stessa? Ho corso i 5000 solo due volte. I 3000 sono la mia specialità, diciamo una via di mezzo tra i 1500 che mi piacciono molto e i 5000 metri. L’anno prossimo però non ci saranno più i 3000 piani e per preparare i 3000 siepi ci vuole troppo tempo e specializzazione anche se mi piacerebbe provare. Penso però che farò 5 e 10000 metri. Non so ancora bene cosa mi piace, l’importante è correre e provare a vincere. Sempre.