Agorà

Medioevo. La cavalcata delle beghine

Antonio Giuliano sabato 21 febbraio 2009
Erano donne pie, ma voluta­mente non monache. Si con­sacravano al Signore e vive­vano in comunità, ma non abita­vano nei conventi. Contraevano voti simili a quelli degli ordini religiosi, però privilegiavano la libertà individuale rispet­to alla stessa appartenen­za alla Chiesa. Come po­tevano non creare sconcerto le 'beghi­ne' che si diffusero a macchia d’olio in e­poca medievale? Il benedettino Dieu­donné Dufrasne ne ripercorre la lo­ro storia in un saggio chiaro e scrupoloso, con la convinzione che le vicende di que­sto movimento, ancora poco stu­diato, non possa­no essere liquidate senza un adeguato approfondimento. Certo il termine 'be­ghina' oggi ha as­sunto un significato dispregiativo, in genere per indicare una donna eccessivamente devota. Eppure la decisione di que­ste ragazze di non maritarsi e seguire quel particolare stile di vita suscitò all’inizio un entu­siasmo contagioso. Il movimento ebbe la sua massima fioritura nel XIII secolo e nei primi anni del XIV, soprattutto nelle regioni del nord Europa. Pare che allora soltanto in Germania ci fossero non meno di 200 mila beghine e 50 beghinaggi solo in Belgio. Poi nel corso dei se- coli un lento e inesorabile declino fino alla scomparsa nel Novecento. Non c’è traccia di alcun fondatore ufficiale, ma già negli archivi del 1200 si parla di mulieres religiosae che avevano come unica fonte di i­spirazione le Scritture: non segui­vano nessuna Regola monastica allora in vigore né alcun santo. La più antica indicazione di un rag­gruppamento di pie donne ri­sale al 1232 a Louvain in Bel­gio. Abitavano in dimore particolari: come è possibi­le vedere ancora oggi nei territori fiamminghi, i be­ghinaggi erano fatti di piccole costruzioni a un piano, raccolte attorno a un cortile chiuso nel quale spesso era collo­cata la chiesa. Preghie­ra e lavoro scandivano le giornate delle beghi­ne che desideravano i­mitare, da laiche reli­giose, la vita degli apo­stoli. Ebbero seguito proprio in tempi in cui si costituivano i grandi ordini religiosi: i france­scani, i domenicani, i ci­stercensi. Ma con sostan­ziali differenze: pur decli­nando i voti tradizionali, le beghine non rinunciavano ai loro beni; si impegnavano a vi­vere del lavoro manuale e a di­stribuire il superfluo. Riponevano la propria gioia nella continenza e si affidavano soltanto a un consi­gliere spirituale. Scrive Dufrasne: «Esse edificarono una mistica ba­sata non tanto sul legame ecclesia­le, quanto piuttosto sull’unione in­dividuale al Cristo, nel desiderio di essere rivolte permanentemente alla libertà». Intesero la loro mis­sione come un’avventura interiore, una «fiera cavalcata» alla ricerca dell’Amato dice una delle più note fra esse, Hadewijck di Anversa. E se «l’Amore è tutto», se ciò che conta è soltanto amare, allora si può fare a meno del clero, dei dog­mi della religione… La beghina forse più famosa, Maria d’Oignies, pretendeva di ricevere direttamen­te dallo Spirito la comprensione dell’Altissimo e non riconosceva la mediazione dei sacerdoti. Si pos­sono pertanto facilmente intuire i sospetti che le beghine generaro­no nella Chiesa peraltro alle prese in quel tempo con un’esplosione carismatica non sempre ortodos­sa. Oltre infatti a movimenti di fe­dele obbedienza alla Chiesa, come quello di Francesco d’Assisi, si dif­fusero vere e proprie sette: Mani­chei, Catari, Osservanti, Albigesi, Flagellanti… E nella lotta alle ere­sie finirono per farne le spese an­che alcune beghine che furono perseguitate. Giovani e ribelli esse manifestarono la loro rottura dei canoni anche dalla scelta del 'vol­gare' per le loro opere, anziché la lingua ufficiale, il latino. Del resto erano figlie di un tempo, quello della cultura 'cortese', che aveva esaltato la donna riportandola in una posizione di maggiore parità nei confronti dell’uomo. Pur tutta­via, fa notare Dufrasne, espressero all’interno della storia della Chiesa una spiritualità moderna: in un periodo in cui il mondo si moder­nizzava e rischiava di lasciare in­dietro i meno fortunati, loro esal­tavano le opere di carità sull’esem­pio di Gesù. Hadewijck incitava le sorelle a essere laboriose e genero­se verso i poveri ripetendo loro: «Dio, in questo mondo, non ha vis­suto come figlio di un carpentie­re? ». Molte di esse hanno lasciato scritti di bruciante interiorità, co­me Mectilde di Magdeburgo che tanti critici hanno riconosciuto nella Matelda della 'Divina Com­media' di Dante suo contempora­neo: la misteriosa donna che circo­la nel Purgatorio per aiutare le ani­me a uscirne. E poi Margherite Po­rete che fu condannata al rogo dall’Inquisizione: nel clima genera­le di eretica confusione i suoi pen­sieri furono tacciati di panteismo. In anni più recenti c’è chi nel feno­meno di rottura delle beghine ha visto in esse quasi delle 'sessan­tottine' ante litteram. Ecco perché l’autore sin dalle prime pagine tie­ne a precisare: «Questo movimen­to non ha mancato, sfortunata­mente, di essere etichettato e fret­tolosamente interpretato da ideo­logi contemporanei, che si sono appoggiati alle beghine per pun­tellare le rivendicazioni femmini­ste moderne e per regolare i conti con l’attuale istituzione ecclesiale. Questo libro, se mai giungerà nelle loro mani, li deluderà». Dieudonné Dufrasne DONNE MODERNE DEL MEDIOEVO Il movimento delle beghine Jaca Book. Pagine 172. Euro 16,00 «Una donna ospita un pellegrino», vetrata della cattedrale di Friburgo.