Se è quella autentica, i suoi rintocchi hanno salutato la scoperta del Nuovo Mondo il 12 ottobre 1492. Se davvero è lei " e pare che lo sia " allora è stata la prima campana della storia americana. Una campanella, più che altro: quella che stava a bordo della mitica caravella ammiraglia di Cristoforo Colombo. Da tempo un altro italiano, il subacqueo varesotto Roberto Mazzara, che anni fa l'ha recuperata dalle profondità marine, si batte perché ne venga riconosciuta l'autenticità e ora ne racconta per la prima volta la storia completa in appendice al bel volume illustrato di Consuelo Varela Cristoforo Colombo e il mistero della campana della Santa Maria (White Star, pp. 224, euro 38). Non si tratta di un oggetto imponente (misura al bordo circa 25 centimetri per altrettanti d'altezza e pesa 14 chili) né prezioso in sé, per di più è largamente corroso dall'acqua di mare in cui è stato immerso per qualche secolo. Tuttavia proprio questo è uno degli argomenti che depongono a favore della sua importanza: come mai una campanella del genere, il cui valore certo non meritava un viaggio di ritorno nel Vecchio Continente, si trovava nella stiva di un galeone spagnolo il cui carico era costituito da ben più importanti quantità di oro e d'argento? Perché la (presunta) campanella di Colombo non è stata recuperata in America, bensì sulle coste del Portogallo nei pressi della località di Buarcos, a 50 km da Coimbra, nel nord del Paese: dove appunto alla fine del 1555 era affondato il «San Salvador», galeone da 800 tonnellate proveniente da San Juan (Porto Rico) sotto il comando del capitano Guilherm de Lugo. Proprio lì Mazzara l'ha ritrovato nel luglio 1994, orientandosi dapprima con i pochi documenti esistenti e poi grazie a un metal detector che gli ha permesso di rintracciare sulla spiaggia alcune monete d'epoca. Da cui l'ovvia deduzione di cercare al largo con l'ausilio di un magnetometro, strumento in grado di segnalare la presenza di metalli sul fondo. E " alla prima immersione " eccolo nascosto nella sabbia: «Un oggetto rotondo che dal bordo sembrava una specie di pentola, di uno strano colore grigio chiaro»: la campana, appunto! Sarà l'unico reperto che " a suo dire " il subacqueo riuscirà a recuperare, in quanto di lì a poco alcuni «amici» portoghesi lo «sconsigliano» energicamente dal proseguire le ricerche. Tornato in patria con il suo «tesoro», Mazzara per un verso continua le ricerche storiche volte ad accreditarne l'origine colombiana, per l'altro cerca di regolarizzare lo stato giuridico dell'oggetto. In quest'ultimo intento subisce le più gravose traversie, tra un iniziale distacco delle varie agenzie pubbliche che avrebbero dovuto interessarsi alla questione (dalla Corona di Spagna, reputata la legittima proprietaria del reperto, a vari musei iberici) e invece un sequestro e un processo subìto per "furto", fortunatamente risoltosi con il riconoscimento dei diritti dello scopritore. Il quale peraltro sembra ora in procinto di vendere il cimelio, probabilmente a un museo. Quanto alle prove storiche a favore della campana, una deriva dalla sua stessa forma: che non è quella delle «sorelle» terrestri, predisposte al dondolio, ma mostra invece un attacco fisso in quanto le campane marine venivano suonate sbattendo il batacchio con una corda. Inoltre la campana risulta troppo piccola per essere quella di bordo del «San Salvador», mentre le circostanze del ritrovamento indicherebbero che faceva parte del carico e non della dotazione della nave. Infine le analisi degli esperti confermano l'antichità del manufatto e il fatto che sia rimasto in mare 4 o 5 secoli. Mazzara " che oggi vive in Spagna " sostiene di aver rinvenuto anche alcuni documenti (che però definisce «in seguito misteriosamente scomparsi») attestanti che il «San Salvador» trasportava oggetti della «nave capitana» di Cristoforo Colombo. Il «cercatore di tesori» triestino Claudio Bonifacio ha ritrovato inoltre una ricevuta di pagamento di 32 pesos (cifra piuttosto alta) per l'imballaggio di una campana a San Juan di Puerto Rico nonché una sorta di diario di Luis Colon " nipote primogenito del navigatore genovese " che dà disposizioni affinché gli vengano spediti alcuni oggetti del nonno imbarcandoli proprio sul «San Salvador». Tuttavia la carta più importante è senza dubbio un manoscritto spagnolo del 1556, acquistato a Firenze e la cui foto è riprodotta nel volume, in cui vengono elencate le navi naufragate in quell'anno; tra le altre appunto il «San Salvador» «con mucho oro et plata y el signo de villa de la Navidad». Signo è la campana e Navidad corrisponderebbe al fortino fatto costruire da Colombo a Hispaniola riutilizzando il legname della «Santa Maria», arenatasi sulla sabbia la notte di Natale del 1492. Tutto dunque torna? Così sembra. Però confessiamo che non sarebbe male avere qualche conferma «esterna»; tanto per sentire, dato l'argomento, anche un'altra campana.