Il documentario su Rai3. Quando la musica seguiva la Bussola
Il “primo sparo”, fu il 14 luglio 1948: l’attentato a Palmiro Togliatti e se non ci fosse stata la vittoria al Tour de France di Gino Bartali, il giovane Sergio, al quale i medici appena nato avevano diagnosticato una malformazione che gli avrebbe impedito di camminare, non solo non sarebbe diventato un buon ciclista amateur, ma non avrebbe mai potuto realizzare il suo sogno di figlio e poi di padrino delle stelle dello spettacolo. Parliamo di Sergio Bernardini, nato nel 1925 da una famiglia di migranti a Parigi. Sua madre era stata la balia dei figli dei fratelli Lumière, i padri del cinema. «Se ho preso lo stesso latte loro, beh era destino che nella vita avrei fatto qualcosa nel mondo dello spettacolo», amava ripetere l’uomo che è passato alla storia come il principe degli impresari. Ma Il collezionista di stelle è il titolo che gli spetta, ed è anche quello del nostalgico ed emozionante docufilm diretto da Andrea Soldani e prodotto dalla Lux Vide con Rai Cinema (in onda su Rai3 venerdì 21 giugno alle ore 21.20). «Aveva solo 23 anni quando da Torino scende in Versilia, in compagnia dei suoi amici: Piero Angela (futuro n.1 dei divulgatori culturali della Rai) e Gigi Marsico, rispettivamente il pianista e chitarrista del gruppo jazz in cui il giovane Sergio suonava il contrabbasso - spiega Soldani - . Ma il suo sogno non era fare il musicista, ma condividere la passione per la musica e lo spettacolo dal vivo con il maggior numero di persone. E così, con il mezzo milione in buoni del Tesoro che gli prestò il padre Italo decide di diventare imprenditore di locali».
La grande ascesa del ragazzo del jazz in Versilia
A Viareggio prende in gestione il Carillon, il Gatto Nero, la Capannina e una sala del prestigioso Hotel Principe di Piemonte. Fa ballare e divertire i milanesi e i torinesi che ben presto faranno della Versilia la nuova terra promessa dei vacanzieri della ricca borghesia italica. Ma il grande colpo a sorpresa arriva con il locale che lo renderà il vero “re degli impre-sari”, la Bussola. Una scommessa rischiosa ma vinta alla stragrande - come raccontano al regista le tante testimonianze del film a partire dai figli di Bernardini, Guido e Mario - . Quel locale nella frazione di Focette aveva già conosciuto un paio di gestioni andate male. Già si parlava di jella e di mogli scontente di andarci con i mariti perché l’umidità gli scompigliava la messa in piega appena fatta. Insomma un affare sconsigliato a tutti, tranne che a Sergio Bernardini. La Bussola venne inaugurata con un concerto che “fece il botto” : Renato Carosone e la sua Orchestra. Non fu facile convincere il mago del swing ad accettare, ma Bernardini ci riuscì con mazzi di fiori recapitati tutti i giorni alla moglie, la signora Rita e la proposta di un ingaggio doppio a quello che Carosone prendeva nei locali milanesi in cui si esibiva per 60mila a serata. Bernardini si fa subito un nome pagando gli artisti sempre almeno il doppio di quello che davano gli altri impresari e la sua generosità, unita a una passione contagiosa, fecero in modo che quello della Bussola divenne “il palcoscenico”. Un palco in cui Bernardini avrebbe portato tutti i mostri sacri americani creando un “music hall” di livello internazionale. Nel ‘59 sbarca alla Bussola Louis Armstrong, cui seguiranno i Platters e negli anni a venire Duke Ellington, Ray Charles e le voci leggendarie di Ella Fitzgerald e Aretha Franklin.
Provaci ancora Chet ad arrivare in ambulanza
Ma il jazzista che lascerà un segno nel suo cuore e nella storia del locale sarà Chet Baker. Il folle Chet che arrivava annunciato dalla sirena di un’ambulanza che lo trasportava dal carcere di Lucca dove era stato arrestato per detenzione di eroina. «Il suono della sua tromba era un sogno», ricorda nel docufilm un simbolo del locale, il barman Pierpaolo Velani. Chet aveva già portato con sé tutto il cast dell’avanguardia canzonettistica Gli urlatori alla sbarra (film del 1960), da Adriano Celentano a Mina, con quest’ultima che si consacrerà in quella che divenne la sua seconda casa e Sergio un fratello artistico. L’altro fratello della Bussola, in quei meravigliosi anni ’60 tanto decantati dal suo futuro aedo televisivo Gianni Minà, era Fred Buscaglione, al quale mamma Bernardini, durante le colazioni «a base di pollo, all’alba sull’aia di casa», premurosa chiedeva di «bere meno e andare piano con la sua Thunderbird lilla». Non l’ascoltò: Buscaglione morì schiantandosi con l’auto nella notte del 3 febbraio 1960. Uno strazio per Sergio, ma lo show doveva continuare, anche perché lo spettacolo stava diventando molto importante.
Paoli e Vanoni: "Se non ti esibivi alla Bussola non eri nessuno"
«Se non eri nel cartellone della Bussola non eri nessuno», dicono in coro Gino Paoli e Ornella Vanoni. «Abbiamo litigato con Sergio, che però mi ha anche difeso quando mandai a quel paese il pubblico che dopo aver eseguito Non andare via , la versione italiana di Ne me quitte pas di Jacques Brel, mi costrinse a cantare solo le mie canzoni». E la Vanoni, prigioniera delle “canzoni della Mala”, si liberò alla Bussola cambiando letteralmente genere dopo aver visto il successo clamoroso che Mina raccoglieva con le sue esibizioni. Concerti imperdibili per un massimo di mille spettatori disposti a far la coda per ore attratti dai primi grandi live della storia della musica leggera. Erano i fan privilegiati del piano di sotto, mentre al piano di sopra, al Bussolotto, Bernardini aveva creato un privé super esclusivo. La sala ritrovo dei nobili casati industriali dei Mo-ratti, Agnelli, Pirelli, Rizzoli…, dove tra tartine di caviale e fiumi di champagne si godevano lo spettacolo dei fenomeni scritturati, con piccoli e grandi colpi di genio, da quello che per gli artisti divenne lo “zio Sergio”. Ma i mitici anni ’60 si chiudono con il “secondo sparo” nella sua vita. La notte di Capodanno del ‘68, mentre è in corso il concerto di Shirleey Bessey, fuori dalla Bussola si scatena la protesta antiborghese promossa da Potere Operaio e dal Movimento studentesco di Pisa. Sono gli emuli di quei manifestanti che il 7 dicembre a Milano, capeggiati dal leader Mario Capanna (che appare nel film di Soldani), avevano lanciato uova marce contro le signore impellicciate che entravano alla prima della Scala. Alla Bussola non volano uova ma proiettili e uno esploso dai carabinieri ferisce il 16enne Soriano Ceccanti che rimarrà paralizzato. Quello sparo costringe Bernardini a cambiare rotta e gli anni ’70 sono quelli in cui scommette ancora su un pilastro del cantautorato come il timido e refrattario al palco Fabrizio De Andrè e punta sulla celebrazione delle dive al tramonto, come l’eterna Marlene Dietrich.
Quel caffè nella notte preparato da Barry White
Ai miti del jazz affianca i pezzi da novanta della disco: il primo concerto in Europa di Donna Summer , nel 1977, sarà alla Bussola e Barry White che si presenta sul palco fumando una sigaretta dietro l’altra per tutto il concerto rimane stregato dall’accoglienza di Bernardini di cui conserverà per sempre un ricordo dolce, come un caffè. «Nell’hotel dove alloggiava Barry White si innamora di una macchinetta del caffè e quando torna in America con grande sorpresa si trova il pacco dono spedito da Sergio: la macchinetta Gaggia. «Quando Bernardini va a Los Angeles, Barry lo viene a sa pere e alle tre di notte lo manda a prendere in elicottero per averlo ospite nella sua villa - racconta il figlio Mario -. All’alba tutta la famiglia White è in piedi ad accogliere l’amico italiano e Barry lo abbraccia dicendogli: “Sergio, è pronto il caffè!”». Siamo già nell’era del Bussoladomani, il tendone preso dal Circo Togni dove parte la stagione dei concerti da 7mila persone, tante ne contava il popolo dei “sorcini” di Renato Zero. Ma non è più il locale di Bernardini dove il patron alla fine dello spettacolo si siede al tavolo e va a salutare la gente venuta a condividere un’emozione assieme a lui. L’incanto si è spezzato e il “terzo sparo” parte sotto il tendone durante la diretta Rai di Blitz condotto da Gianni Minà, con la bestemmia di Mastelloni. A quel punto di fatto la musica alla Bussola era finita. Per farla ripartire ci sarebbe voluto il ritorno di Mina che da quel palco, il 26 agosto 1978, aveva salutato il suo pubblico per poi “nascondersi” fino ad oggi. Solo una chiamata di Mina avrebbe riacceso tutte le stelle sopra il cielo della Bussola : «Quella telefonata - conclude Guido Bernardi mio padre l’aveva aspettata fino alla fine, ma non arrivò...». Mentre la morte per Sergio Bernardini giunse fatale in uno schianto, come quello di Buscaglione, il 2 ottobre 1993.