In una magnifica notte di luna piena, delle figure furtive attraversano il giardino della foresteria per raggiungere la chiesa. Oltre le mura del monastero spira una leggera brezza di mare profumata di lavanda. Sono quasi le quattro e mezzo, l’ora delle lodi mattutine per i monaci dell’isola di Saint-Honorat, stupefacente oasi di preghiera a meno di un miglio marino dalla turistica Cannes. Nel coro la comunità non è al completo, segno forse delle giornate pesanti e delle fatiche della vendemmia. In questo autunno baciato dal sole, l’uva dell’isola viene raccolta e tutte le braccia e le schiene sono benvenute. Stesso giorno ma dopo il sorgere del sole sul Mediterraneo. I frati, questa volta in tuta e con le cesoie in mano, lavorano metodicamente su uno degli ultimi appezzamenti di
syrah, un vitigno di rosso. All’inizio degli anni Novanta i monaci cistercensi delle isole di Lérins hanno ripreso l’antica tradizione viticola e la natura, benevola, gliene rende merito. Se è vero che coltivano appena sette ettari di quest’isola di bellezza, è vero anche che all’abbazia si cerca vino di alta qualità. La
cuvée Saint-Sauveur ha vinto la medaglia 2007 del Mondiale dei
syrah. Per il momento, sotto un sole radioso, la comunità dei monaci e un manipolo di volontari condividono un’atmosfera di raccoglimento. Persino i panieri strapieni di generosi grappoli neri vengono caricati sul rimorchio a bassa voce o con un sorriso. E la preghiera del mattino sotto gli olivi che bordano le vigne segna con un respiro orante il lavoro della terra. L’atmosfera è diversa negli edifici accanto all’abbazia. La diraspatura viene fatta a macchina mentre nel sottosuolo tre degustatori di pinot, altro vitigno di rosso, intonano un inno alla Creazione tra due file di botti. «Bellissimo, grandioso!». «Ha già uno stile rotondo al naso, armonioso, con aromi di ciliegia, amarena, fragola e lampone. Una vera marmellata». «Guardate come cola nel bicchiere, che belle gambe ha il vino». È il rituale di tutti gli enologi, qui orchestrato da fra Marie, il capo cantiniere, fra Marie-Pâques, l’economo e «business-monaco» della comunità incaricato della promozione dei vini di Lérins, e da Jean Lenoir, amico dei frati e inventore del
Nez du Vin (
www.nezduvin.com), un’opera ludica di iniziazione all’enologia. «Il
terroir dell’isola è eccezionale – spiega quest’ultimo –. Il sottosuolo resta fresco, anche se d’estate fa caldissimo». E fra Marie aggiunge, assaporando il prezioso liquido: «È l’uva a decidere, abbiamo avuto siccità e dunque maggior concentrazione di zucchero. È magnifico!». Monaco della comunità di Lérins da vent’anni, sorriso generoso e volto scavato dall’aria aperta, fra Marie ha due abiti: capo cantiniere e maestro dei novizi. Lavoro e spiritualità nel puro rispetto della regola di san Benedetto. È anche uno dei due monaci che hanno ricevuto una formazione in viticoltura ed enologia per migliorare ogni anno il vino dell’isola. «La vocazione è strana, non sai mai dove ti porta. Spesso si elogia la bellezza dell’isola, ma il luogo è secondario: ciò che conta è la forma di vita. Qui ho trovato quello che cercavo – racconta serenamente fra Marie –. Ho viaggiato molto per nave e il mare aperto mi ha insegnato a pregare. Il mare nella sua immensità: la notte al timone, con gli alberi e le vele, è una vera cattedrale! Conoscevo altri luoghi molto più belli, ma qui c’è la terra, una piccola terra». Tuttavia è per la bellezza del luogo, e anche per la frescura, che i turisti sbarcano ancora in questa stagione ogni giorno a traghetti interi. Un’irruzione poco propizia a un luogo di silenzio. Appena cinque anni fa l’isola di Saint-Honorat, la più piccola dell’arcipelago di Lérins, veniva invasa da oltre 200 mila persone l’anno. Allora la comunità ha deciso di concedere il monopolio per lo sbarco a un’unica società di navigazione. L’onda chiassosa di turisti e pellegrini è così scesa a ottantamila persone. «In certi casi i laici nella chiesa mi aiutano davvero nella preghiera. Ma talvolta, è vero, è molto più faticoso, non tutti i gruppi hanno necessariamente una forte identità di fede» riconosce il priore, fra Gilles, profilo d’asceta dalla voce sommessa, a Lérins da 35 anni. «Ci aiutano di più durante la Settimana Santa, quando la ricchezza della preghiera è sostenuta da quella degli ospiti», prosegue. La comunità cistercense, 25 frati tra i 33 e i 75 anni, accoglie nella foresteria anche un certo numero di «ricomincianti». Questo luogo inondato di sole e cullato dal mare, accessibile dalla costa in una quindicina di minuti, è forse meno impressionante di un monastero cistercense isolato, lontano da tutto. «Sono spesso pellegrini di 40-50 anni, prima completamente presi da lavoro e famiglia. Senza mai avere del tutto abbandonato la fede, non vivevano più nella Chiesa – osserva fra Gilles –. Sentono desiderio di spiritualità e vengono in monastero per guardarsi dentro. Il silenzio aiuta a far ritorno a sé. Se non li tocca il silenzio della comunità, non credo che li toccherebbero le nostre parole. Per loro qui ricomincia il cammino». La solitudine e un silenzio sereno si rinchiudono dietro le mura del monastero, ma dopo la partenza dell’ultimo battello i soli rumori per chi passeggia sul sentiero costiero sono la campana della chiesa e lo sciabordio delle onde.
(traduzione di Anna Maria Brogi)