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Musica. In "Egypy Station" l'eterna giovinezza di Paul McCartney

Andrea Pedrinelli venerdì 7 settembre 2018

Paul McCartney

Quanto più sorprende di Paul McCartney, in fondo sin dai tempi dei Beatles, è l'infinita creatività, quel suo apparire inarrestabile nel declinare in canzoni e dischi il talento che ne ha fatto uno dei principali compositori pop del Novecento: forse, il principale in assoluto.

E oggi che McCartney, età 76 anni, attivo dal 1957, dischi realizzati 50 (escludendo i live ma comprendendo Fab Four e composizioni colte), lancia nel mondo Egypt Station, sua rentrée dai tempi dello spettacolare New del 2013, l'album non fa che confermare che sempre del Re Mida della musica trattasi, l'ispirazione non si è spenta. Semmai oggi McCartney pare più melanconico del solito, fra i rimpianti di Confidante, la confessione del voler riscattarsi da vari errori (dipendenze comprese) di Happy with you e la melanconia del singolo I don't know, quasi arreso come pochissimi episodi della sua opera.

Ma nell'insieme di Egypt Station, lo spleen risulta ingrediente ben bilanciato da faccende maliziose come l'altro singolo Come on to me, dai messaggi adulti di People want peace o Dominoes (per la pace e prendersi le responsabilità del vivere), dal muscoloso canto d'amore alla propria donna dell'urticante e sanamente rock Caesar rock.

Per il suo album in studio numero 51 Sir Paul ha saputo guardare con intelligenza a chi veste i suoni della contemporaneità, affidandosi a Greg Kurstin produttore di Adele: il quale gli ha cucito un abito rispettoso quanto ricco di stimoli e soprattutto equilibrato, che non scivola nella retorica e mai prova a svilire l'arte del talento di Liverpool nelle mode odierne (la sola parentesi mainstream del disco, Fuh you, è comunque godibile).

L'obiettivo di McCartney era quello di proporre un caleidoscopico viaggio emozionale, non già un concept album ma una sottolineatura di quanti mondi la musica possa evocare. Si parte con la sublime ballad I don't know, ricca di soluzioni compositive notevoli, se ne riscattano i colori scuri con la levità solare di Happy with you, si dà spazio a parentesi cantautorali con la maiuscola Confidante o la bella Do it now, s'inneggia alla pace (People want peace) in maniera frizzante, si echeggia il successo del Sir Paul entertainer del 2012 modulando Hand in hand su frequenze spettacolarmente vintage. Il cd propone anche la bossa sensuale Back in Brazil, la bella suite Despite repeated warnings (fiaba moderna sul destino dell'umanità incapace di reagire alla miopia dei governanti), l'abituale e sfizioso collage di idee non in grado di stare in piedi da sole (Hunt you down/Naked/C-Link), che parte tra rock e divertissement e si sublima in un ottimo prog. E in Who cares, canto di solidarietà, distorsioni e groove permettono a McCartney un pop-rock sardonico con cui giocare ancora, a quasi ottant'anni, con la voce. Giocare, già. E se fosse questo il segreto di un'ispirazione infinita, se fosse il gusto di far musica per la musica ad aver fatto e fare ancora di McCartney il Re Mida della musica?