Editoria. Il libro cresce ma servono nuove alleanze
In libreria ai tempi del covid
Anche in questo caso sembra che sia passato molto più di un anno. Fine gennaio 2020, Venezia, Fondazione Cini: durante il seminario conclusivo della Scuola per librai intitolata a Umberto e Elisabetta Mauri si fa un gran discutere dell’imminente approvazione della legge sul libro. Da una parte l’Associazione italiana editori (Aie), preoccupata dagli effetti negativi che deriverebbero dalla riduzione del margine di sconto, dall’altra l’Associazione librai italiani (Ali), che quella medesima riduzione la invoca da tempo. Basta aspettare qualche settimana ed ecco che la legge passa. Basta aspettare qualche altra settimana e arriva la pandemia.
Adesso, a un anno di distanza, il presidente dell’Aie, Ricardo Franco Levi, e quello dell’Ali, Paolo Ambrosini, si dividono amichevolmente lo schermo della diretta Zoom che sostituisce l’impraticabile dibattito veneziano. Oggi infatti il seminario della Scuola per librai si è svolto lo stesso, con oltre 1.200 partecipanti collegati da una trentina di Paesi e con l’Italia che, almeno in questa occasione, ha potuto rivendicare un primato. «L’insieme dei provvedimenti presi nei mesi scorsi a sostegno dell’editoria – sottolinea Levi – costituisce un modello per l’intera Unione Europea». Il riferimento è alla tempestiva riapertura delle librerie, ai 30 milioni di euro stanziati dal Governo a favore delle biblioteche pubbliche, al rinnovo del bonus per i diciottenni, corrispondente a un investimento di altri 16 milioni, e infine ai 40 milioni destinati alle realtà editoriali in maggior difficoltà.
Un combinato disposto che, a fronte di un iniziale tracollo del 70%, ha permesso di chiudere il 2020 con un incremento del 2,4%, nel quale convergono anche e-book e audiolibri. È cresciuto considerevolmente il commercio online, che ora copre una quota del 43%, ma le stesse librerie tradizionali si sono dimostrare capaci di elaborare nuove strategie, nelle quali gioca una parte rilevante l’utilizzo delle risorse digitali. Al buon esito finale, che riconosce ai negozi fisici il 57% del mercato, hanno contribuito iniziative originali come la consegna dei volumi a domicilio (i “Libri da asporto”), praticata con successo anche dal Trittico di Milano, la libreria alla quale è andato, non a caso, il premio della Fondazione Mauri.
«Ma l’aspetto più importante – sottolinea Ambrosini, che nei prossimi mesi concluderà il mandato alla presidenza dell’Ali – è che tutte le componenti hanno agito in accordo, nella direzione di un impegno comune che ora dovrebbe tradursi in un organico patto di filiera». Volendo, questa della concertazione potrebbe essere una lezione utile anche per la politica, attualmente lacerata da una crisi di Governo che, secondo quanto emerge dall’indagine Prometeia illustrata da Angelo Tantazzi, costituisce un fattore di insicurezza tutt’altro che marginale anche per quanto riguarda la ripresa dei consumi, compresi i cosiddetti consumi culturali. Nel frattempo, le trattative in corso impediscono al ministro Dario Franceschini di palesarsi sullo schermo dei seminario, ma il titolare del Mibact non manca di inviare un messaggio nel quale si ribadisce il valore delle buone pratiche nostrane: il prossimo obiettivo, sostiene Franceschini, è l’elaborazione di una normativa europea unitaria in materia di editoria.
Sì, ma com’è andato il 2020 negli altri Paesi? Sorprendentemente bene in Olanda, con un +7% che supera perfino il +5,5% di una Gran Bretagna che, pur nella tempesta, si conserva comunque fedele alle buone abitudini di lettura. Dalla Spagna alla Germania, molte nazioni avvertono oscillazioni di pochi punti percentuali, nel segno di una sostanziale stabilità, mentre il dato più drammatico è senza dubbio quello del Portogallo, dove l’editoria patisce una contrazione del 17%. «Colpa anche della scarsa diffusione dell’e-commerce nel Paese», fa notare Jesús Badenes, direttore dell’area libri del gruppo spagnolo Planeta. Il che non significa che siano superate le preoccupazioni per la posizione egemone di Amazon, è chiaro. Ma è ormai evidente che, per preservarsi e svilupparsi, il sistema del libro richiede una combinazione di elementi che fino a non molto tempo fa erano ritenuti in concorrenza. Raffreddati gli entusiasmi sulla presunta inimicizia tra cartaceo e digitale («Bill Gates era convito che nel 2020 gli e-book avrebbero avuto il sopravvento, oggi è un convinto sostenitore del libro tradizionale», commenta con visibile soddisfazione il presidente del gruppo Gems, Stefano Mauri), la riflessione si sposta, per esempio, sulla distribuzione territoriale dei punti vendita, che anche in Italia si sta rivelando molto efficace, come conferma il quadro presentato da Alberto Rivolta, direttore generale di Feltrinelli.
L’obiettivo più ambizioso sembrerebbe però l’omnicanalità. Termine tecnico un po’ impervio, dietro al quale si nasconde la capacità di operare in tutti i canali comunicativi e distributivi. Un’esperienza molto articolata viene dal gruppo polacco Empik, che affianca alla produzione di contenuti e a una vasta rete di librerie fisiche un’offerta digitale decisamente competitiva non solo per quanto riguarda l’e-commerce, ma anche nel campo, sempre più vivace, dei servizi in abbonamento.
«A partire dal lockdown abbiamo avuto in incremento di oltre il 270% in questo settore», annuncia l’amministratrice delegata Ewa Szmidt-Belcarz. Una volta di più, nessuno può fare a meno degli altri. Serve che gli editori diventino più selettivi, investendo su un minor numero di titoli e rafforzandone la tiratura, secondo il suggerimento di Siv Bublitz, alla guida della tedesca S. Fischer. Ma forse la sintesi migliore è quella dell’esperto statunitense Porter Anderson: «Quando si discute di libri – dice – non esistono clienti, esistono solo i lettori».