Testimoni. Carolina Kostner: «Come mettersi in gioco pattinando sul mondo»
Carolina Kostner, 30 anni, la regina azzurra del pattinaggio di figura
Pubblichiamo integralmente in queste colonne la prefazione di Carolina Kostner al libro Mettersi in gioco (Edb, pagine 74, euro 7,00) scritto dal teologo Antonio Mastantuono, dal docente di Filosofia Luca Grion, da don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero e sport della Cei e Fortunato Ammendolia, studioso di pastorale digitale. Un saggio in cui gli autori si confrontano sul tema della «leggerezza del gioco» che diventa strumento per una fede che non voglia farsi imprigionare nelle gabbie delle rigide formulazioni dogmatiche. Anche la Chiesa comprende l’importanza della pratica e della filosofia ludica. E prendendo a prestito Nietzsche che vedeva nella pesantezza la mano diabolica, meglio scegliere la via della leggerezza, che è appunto quella sportiva.
La vita di uno sportivo è molto particolare, ed è un piacere per me poter intervenire sulle mille sfaccettature che lo sport, il mio sport, ha avuto su di me, sulla mia persona e il mio carattere. Lo sport non è solo una bella musica, un bel costume, un sorriso smagliante. È molto di più: fatica, dedizione, passione, grinta, sacrificio, lacrime, sorrisi, fede. Essendo quest’ultima in particolare una dimensione spiccatamente individuale, ritengo che ognuno di noi debba viverla a suo modo. E non mancano occasioni, come gli allenamenti, le gare o le esibizioni, in cui abbiamo modo di incontrare persone di origini diverse, di fedi e tradizioni diverse. Questo è per me un grande arricchimento. Riguardo poi l’approccio dei ragazzi verso lo sport, penso che sia molto importante il ruolo dei genitori. Su questo mi sento in dovere di essere portavoce ed esempio per le nuove generazioni, il che è molto bello e gratificante, ma comporta anche una grande responsabilità; oggi soprattutto, dove c’è tanto bisogno di motivazione e ispirazione tra i giovani. Lo sport fa parte del mio io più profondo, e ribadisco la mia convinzione che sia fondamentale il ruolo del genitore nel far appassionare i propri figli allo sport in generale, qualunque esso sia, perché la passione del genitore non deve necessariamente diventare anche quella del figlio: la «bravura » sta nel riuscire a capire quali siano le preferenze e le maggiori abilità dei propri figli e cercare di svilupparle. Ritengo infatti che ogni sport sia speciale, e meriti di essere vissuto con passione, dedizione e molto divertimento.
Mi piace pensare che, attraverso il mio impegno e il mio sport, io riesca a trasmettere alle nuove generazioni il messaggio che lo sport è qualcosa di bellissimo, se vissuto nel modo giusto. Pazienza, umiltà, passione e divertimento: le scorciatoie sono sempre vicoli ciechi. Se poi penso, in modo particolare, alle nuove generazioni di pattinatrici italiane, il mio sogno più grande è che non debbano più spostarsi all’estero sin da giovanissime per seguire la propria strada, ma possano trovare nella nostra magnifica Italia tutto ciò che serve. I messaggi che cerco maggiormente di trasmettere, e che in tanti anni si sono radicati in me, sono soprattutto il valore dell’amicizia, del rispetto, della competizione pulita, dell’andare avanti senza mai pensare di non avere più nulla da imparare e di non rinunciare per nessun motivo ai propri sogni. Lo sport mi ha aiutata moltissimo anche nello sviluppo del mio carattere. Come tutti i bambini, ero piena di sogni e soprattutto mi divertivo un sacco. Da bambino è bellissimo, perché si sperimenta soltanto l’aspetto ludico e positivo di una gara, e si è meno preda di ansie e paure. Questo ha permesso che mi godessi ogni attimo di una competizione, cosa che ha lasciato nel mio cuore e nella mia mente ricordi indelebili. Quando ero molto piccola, amavo mettermi il tutù in casa e danzare facendo finta di essere sul ghiaccio, di mettermi i pattini, di essere nello spogliatoio. Lo sport insegna tantissimo, come le lezioni fatte in oltre vent’anni di attività: il bilancio è sempre positivo, anche se delle volte si è costretti a passare attraverso tunnel bui per poi tornare alla luce più forti di prima. Con il tempo mi sono resa conto che nulla si può fare da soli, ma che bisogna trovare le persone giuste che ci possono accompagnare nel cammino della vita, anche di quella sportiva. Ogni risultato raggiunto è il risultato di un team unito e forte. E in questo devo ringraziare di cuore innanzitutto la mia famiglia, che mi ha sempre supportato; il mio corpo di appartenenza – le Fiamme azzurre –, il mio management e anche il grande affetto dei miei fan di tutto il mondo.
Lo sport mi ha insegnato a non arrendermi mai, a lottare per ciò che si desidera, sempre in modo pulito e corretto. È un veicolo per crescere nella consapevolezza dei propri limiti, ma anche con la certezza che possono essere superati con impegno e dedizione.