La polemica. Khelif, pugile intersex prossima avversaria di Angela Carini
Imane Khelif
Una nuova Semenya a Parigi? Domani, 1° agosto, l’algerina Imane Khelif, peso welter (63 kg) tra il disappunto generale salirà sul ring per sfidare la 25enne napoletana Angela Carini. La spinosa questione è un gancio potente al volto dell’Italboxe che già alla vigilia dell’incontro dell’azzurra contro “il soggetto misterioso” ha steso al tappeto gran parte dello sport italiano e non solo. La maggior parte delle federazioni in questi anni si è tutelata dinanzi a situazioni simili in cui un atleta con disfunzioni ormonali è chiamato a sfidare una donna. Il Cio dopo il “caso Semenya” (la mezzofondista sudafricana assurta a icona della lotta contro le presunte discriminazioni di genere), consente alle atlete “ipermascoline” di gareggiare nelle divisioni femminili se i loro livelli di testosterone sierico sono inferiori a 10 nmol/L da almeno un anno. Ammettendo alle gare questi atleti dal livello di testosterone che è provato essere sempre fisiologicamente superiore a quello presente nell’organismo delle donne, si salvaguarda una presunta parità di genere ma sicuramente non la parità della prestazione agonistica.
«Caster Semenya è una donna, ma produce testosterone come se fosse un uomo, probabilmente per via di un difetto enzimatico. Verosimilmente è un deficit di 21 idrossilasi, che è la forma più comune, una condizione che l’avvantaggia in gara perché il testosterone aumenta la forza esplosiva. L’effetto degli androgeni si presenta in tutte le specialità che sfruttano l’attività di forza esplosiva», ha spiegato tempo fa ad “Avvenire” l’endocrinologo e medico sportivo Mario Vasta.
«Pur condividendo pienamente il valore dell’inclusività, trovo questa circostanza preoccupante. Sono fermamente convinto che questo incontro non sarà ad armi pari e vedrà fortemente svantaggiata l’atleta che, per forza di cose, potrà contare su un’inferiore prestanza e forza soprattutto perché in passato un’altra avversaria di Khelif ha riferito a margine dell’incontro che in tutta la sua carriera non era stata mai colpita con così tanta violenza», denuncia un turbatissimo Marco Perissa, deputato di Fratelli d’Italia e consigliere nazionale del Coni.
Coscienza etica, rispetto delle pari opportunità e dell’inclusione, controllo dei parametri genetici, sono tutti argomenti che riscaldano a bordoring e che in Italia inevitabilmente diventano argomento da bar sport alla bavette del Palazzo della politica con la chiosa del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che sui social proclama: «Mi scuserete, ma io farò il tifo per la donna». Il match politico si agita intorno all’annosa problematica, e ancor prima che al discusso incontro Carini-Khelif, pare a senso unico con un coro unanime di «vergogna» proveniente dalla destra.
«Non deve meravigliare perché è tipico delle destre estreme risolvere problemi complessi con risposte semplicistiche anche quando si parla di vicende olimpiche e della tanto sbandierata Riforma dello sport dove non esiste più neppure il conflitto di interesse, è rimasto il semplice interesse di parte – interviene con piglio da peso massimo il deputato del Pd ed ex ct della Nazionale di volley, bronzo a Londra 2012, Mauro Berruto - . Trovo strumentale tutta questa polemica dal momento che la destra forse non ha memoria olimpica visto che la Khelif aveva già preso parte ai Giochi di Tokyo. Il dibattito è delicato e va affrontato più seriamente, dal punto di vista etico e non ideologico, adoperandoci tutti per delle soluzioni che devono essere univoche e scientifiche».
Per Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, «desta grande preoccupazione sapere che, durante i giochi Olimpici a Parigi, in gare di pugilato femminile siano state ammesse due persone transgender, uomini che si identificano come donne, e che, in competizioni recenti, erano state invece escluse». «Sorprende - ha aggiunto la ministra - che non vi siano, a livello internazionale, criteri certi, rigorosi e uniformi, e che proprio alle Olimpiadi, evento simbolo della lealtà sportiva, possa esserci il sospetto, e assai più del sospetto, di una competizione impari e persino potenzialmente rischiosa per una dei contendenti».