Agorà

Il caso. Kean, le regole di Moise bomber antirazzista

Massimiliano Castellani giovedì 4 aprile 2019

Ha ragione Max Allegri, aspettiamo prima di definire Moise Kean «il nuovo Ronaldo». Il primo “millennial” nella storia della Nazionale e bomber della Juventus (4° gol in sei presenze in campionato) studia sicuramente alla libera università del calcio diretta dal divino Cristiano, suo compagno di giochi sopraffini, ed è probabile che abbia un grande futuro davanti, e spalle belle larghe per scrollarsi di dosso anche gli insulti razzisti. Come quelli che gli sono piovuti addosso dopo aver segnato il gol del 2-0 al Cagliari dagli spalti del Sant’Elia. I bestiali «buu- buu» proferiti dalle bocche sporche della solita sporca dozzina (presente in ogni stadio), incivile e violenta, che certo non ha nulla a che vedere con la nobile tifoseria del “Casteddu”. Kean, figlio di ivoriani, come sì sa è nato a Vercelli, e la sua italianità, qualora ci fosse bisogno di ripeterlo, è frutto anche della militanza calcistica: ha giocato in tutte le Under dai 15 anni in su, fino all’esordio (con gol alla Finlandia, il 29 marzo scorso, qualificazioni a Euro 2020) alla nella Nazionale A di Roberto Mancini. Perciò è più che legittimo che, a chi gli rinfacci la sua scarsa appartenenza al nostro Paese in quanto ragazzo dalla pelle scura, lui allarghi le braccia, in segno di resa contro la pubblica imbecillità. Ed è altrettanto naturale che al suo «No al razzismo», postato subito sui social a fine partita, ci sia stata l’immediata condivisione solidale degli aristocratici colored del calcio: Benatia, Kessie, Boateng, Koulibaly e Adjapong. E dulcis in fundo quella di Mario Balotelli. Fin dai primi segnali importanti del talento juventino, per le tante affinità elettive (compreso un certo «sbruffonismo», voce che arriva direttamente da Vinovo) è stato definito il «nuovo Balotelli». Anche “Super Mario” da sempre deve lottare contro il pregiudizio della minoranza rumorosa, la quale sostiene che non può esistere un «nero italiano». Perciò all’indomani del fattaccio di Cagliari scrive al suo amico Moise: «Siamo divisi e diversi nel nostro destino, nient’altro deve dividerci. Condanno il razzismo in qualunque forma e luogo, per sempre». Sottoscriviamo in coro, per sempre.