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La serie tv. Jenkins, l'inventore di “The Chosen”: «La ricetta? Verità e semplicità»

Angela Calvini sabato 8 giugno 2024

Jonathan Roumie nei panni di Gesù in “The Chosen”

Forte del grande successo televisivo, The Chosen arriva nei cinema italiani. In questi giorni Uci Cinemas proietterà in esclusiva e in anteprima rispetto alla distribuzione sulle piattaforme digitali le prime due puntate della quarta, attesissima, stagione di The Chosen, serie diretta e co-scritta dal regista Dallas Jenkins, le cui prime edizioni sono andate in onda doppiate in italiano in chiaro su Tv2000 e a pagamento sulla piattaforma Netflix. E’ diventato un fenomeno mondiale questo innovativo dramma storico, la prima serie tv in più stagioni basata sulla vita di Gesù, vista attraverso gli occhi di coloro che lo hanno conosciuto. Un progetto partito dal basso negli Stati Uniti (finanziato tramite un crowdfunding da record mondiale, ben 10 milioni di dollari raccolti solo per la prima serie) e lanciato nel 2019 gratuitamente sul web, che ha raggiunto finora numeri da record: oltre 200 milioni di spettatori, più di 770 milioni di visualizzazioni di singoli episodi, e conta più di 12 milioni di follower sui social media. Ha una fan base mondiale oltre i 110 milioni di persone, parte delle quali sono proprio in Italia, Paese in Europa con il più alto numero di app scaricare ed oltre 3 milioni di episodi visti. La serie si può vedere gratuitamente in inglese sul sito della produzione Angel Studios e scaricando sul cellulare l’app.

La serie è interpretata da Jonathan Roumie nei panni di Gesù, accanto a Shahar Isaac (Simone), Elizabeth Tabish (Maria Maddalena), Paras Patel (Matteo), Noah James (Andrea), Vanessa Benavente (Maria, madre di Gesù). Ci spiega i segreti della nuova serie e i motivi del successo il regista statunitense Dallas Jenkins, 49 anni, direttamente dal set della quinta stagione in Texas.

Questa serie ha un grandissimo successo nel mondo, ma anche in Italia. Qual è il segreto?

«Quello che sento dirmi da tutti quelli che amano la serie in tutto il mondo è che a colpirla è il fatto che Gesù e i suoi discepoli non sono delle statue, ma delle persone vere. Io amo l’Italia, ci sono stato pochi anni fa quando dal Vaticano mi ha invitato a incontrare papa Francesco. Il Vaticano è meraviglioso, ci sono dei dipinti e delle statue stupende, ma Gesù e i discepoli sono persone anche loro e qualche volta lo dimentichiamo. Quindi quando guardiamo la serie The Chosen vediamo Gesù ridere e trasformare l’acqua in vino perché lo chiede la mamma. I discepoli litigano o assistiamo al matrimonio di Pietro. Tutte queste cose connettono gli spettatori alle storie in maniera reale, l’umanità e l’autenticità è quello che li colpisce di più».

Quando ha avuto l’idea di una serie tv a più stagioni su Gesù?

«Nel 2017 ho fatto un film che è stato un totale flop al box office in America, ero veramente triste e non sapevo se avrei seguito un altro progetto. Io sono un protestante evangelico e quell’anno ho girato un cortometraggio per la mia chiesa in Illinois nella fattoria di alcuni miei amici per raccontare la nascita di Cristo con gli occhi dei pastori. Mentre giravo questo cortometraggio per la notte di Natale della mia chiesa, mi sono reso conto che non c’erano prodotti su Gesù in più stagioni; c’erano film, miniserie, ma non una serialità lunga. L’idea è stata di seguire le storie episodio dopo episodio, stagione dopo stagione e mostrare la vita di Gesù e degli apostoli, ed andare in fondo alla loro mente, ai loro cuori a come era la vita a quei tempi. Volevo raccontare quello che c’era in mezzo alle storie bibliche, il contesto storico e culturale ebraico, usando l’immaginazione artistica per rendere le storie della Bibbia più impattanti. Avevo l’idea ma non trovavo nessuno che la volesse produrre per colpa del mio fallimento. Così abbiamo messo il cortometraggio sui social e chiesto alla gente di investire attraverso il crowfunding. E il resto è storia…».

Quale è il focus della quarta stagione in arrivo?

«Ora sto girando la quinta stagione. Sono appena tornato dallo Utah dove abbiamo girato il primo terzo della serie e adesso sono in Texas per girare il resto. Il tema della terza stagione è “Venite a me e io vi darò riposo”, nella quarta stagione è Gesù che ha bisogno di riposo, perché si sta avvicinando alla Passione e alla croce. Lui è triste perché i suoi seguaci non riescono a capirlo e sa che deve morire affinché loro capiscano e ricevano la salvezza. Vedremo molta tristezza, ma ci saranno comunque molta gioia e humour. La quinta stagione copre invece tutta la Settimana santa: si raccontano tutti gli eventi a partire dall’inizio della settimana, da quando Gesù arriva a Gerusalemme; la sesta stagione racconterà la Crocefissione e la settima la Resurrezione e quello che succede dopo».

The Chosen è amato da spettatori di tutte le religioni e anche da non credenti. Come se lo spiega?

«Perché noi non vogliamo fare la predica, semplicemente raccontiamo le storie: lo spettatore decide come reagire alla storia e Dio fa il lavoro nel cuore degli uomini. Quando scrivo o dirigo non penso all’audience, a chi piacerà o meno la serie, se cercare di avere più plausi o di evitare le critiche. Cerco di raccontare delle storie onestamente e di essere fedele a Dio e alla Bibbia. Penso che molta gente, inclusi gli ebrei che non credono in Gesù, amino vedere la loro cultura rispettata e raccontata. I non credenti amano il dramma storico e i comportamenti umani: se non credono che Gesù sia il figlio di Dio, questo non vuol dire che non amino la storia».

Questo lavoro quanto ha a che fare con la sua fede personale?

«Sono cresciuto amando la Bibbia e Gesù. Sono sempre stato interessato a raccontarne la sua storia in un modo umano. Quando da ragazzo vedevo i film, Gesù mi sembrava noioso, distante, uno a cui non puoi connetterti, invece io volevo raccontarlo in modo da connettersi con Gesù e con i suoi seguaci. Per raccontare Gesù dovevo conoscerlo molto bene e ho imparato molto su di lui girando questo lavoro, ho scoperto un Dio intimo. Nel film quando lui guarisce qualcuno o chiama qualcuno a seguirlo, si pone in modo molto personale, conosce cosa c’è nel tuo cuore, conosce specificamente ciascuno».

Avete dei consulenti per questa serie?.

«Abbiamo avuto un teologo protestante, un prete cattolico e un rabbino messianico ebreo. Hanno letto la sceneggiatura, hanno guardato gli episodi e ci hanno dato consigli su cosa era sbagliato. Alla fine della stagione abbiamo guardato il lavoro tutti insieme e abbiamo discusso anche su quello su cui non si era d’accordo. Cattolici e protestanti hanno una sensibilità fortemente diversa rispetto ad alcuni punti, ma tutti amiamo lo stesso Gesù e amiamo queste storie. Queste conversazioni ci sono molto piaciute come confronto costruttivo. Quando sono venuto in Italia ero interessatissimo a incontrare i miei fratelli e sorelle cattolici per vedere la loro prospettiva e capire le cose su cui siamo differenti, ma anche l’amore che ci unisce».

Ci racconti l’incontro col Papa.

«E’ stato molto buffo perché ero insieme al protagonista Jonathan Roumie che è cattolico ed era molto emozionato. Quando parlò al Papa mi indicò. Io gli dissi: “Santità, sono protestante, ma questo è uno show tv per tutti”. Il Papa disse puntando Jeremy: “Lui è Gesù?”. Poi guardando me: “E tu sei Giuda?”. Ho pensato “amo quest’uomo”, è stato un bellissimo incontro e il Vaticano è stato gentilissimo con me».