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Intervista. Jannacci, i suoi valori di padre in figlio

Angela Calvini, inviata a Sanremo venerdì 20 ottobre 2023

Paolo con suo padre, Enzo Jannacci

«Io prima lo chiamavo Enzo, ma da quando è mancato lo chiamo sempre papà per ricompattare la nostra entità padre-figlio». E’ commosso Paolo Jannacci quando parla di suo padre, il grande Enzo Jannacci, scomparso 10 anni fa a cui il Premio Tenco 2023 dedica il titolo “Vengo anch’io” e tutta la rassegna della canzone d’autore. La 46ma edizione si è aperta proprio ieri sera al Teatro Ariston di Sanremo ospitando Paolo Jannacci che ha ritirato il Premio Siae alla carriera per il padre e ha eseguito diversi suoi grandi successi, in una serata ricca di premiati fra cui Alice, Daniela Pes, Almamegretta e Niccolò Fabi. Ancora premiati e ospiti stasera con il pianista siriano-palestinese Aheam Ahmad, Angelo Branduardi, Carmen Consoli, Eugenio Finardi e Ron, e domani Vinicio Capossela con Margherita Vicario. Inoltre Ala Bianca pubblica, il 17 novembre, il vinile Enzo Jannacci - Qualcosa da ascoltare - tra inediti e rarità, un album prezioso che raccoglie registrazioni private dei primi anni di attività artistica di Enzo, restaurate e masterizzate e tre brani inediti.

Paolo anche il Premio Tenco rende omaggio alla grandezza di suo padre Enzo Jannacci.

Mi fa molto piacere questo riconoscimento del Club Tenco, è molto onorevole. Sono felice anche per tutto quello che sta succedendo per il decennale di quando papà è mancato, per tutti quelli che lo ricordano e che cercano comunque di porre l’accento sulla vita del papà, con i libri e con il documentario Enzo Jannacci - Vengo anch’io di Giorgio Verdelli.

Fra poco uscirà anche un vinile con i brani con delle rarità di suo padre....

Ho aspettato 10 anni perché l’archivio lo conoscevo anche prima, ma non avevo la forza

emotiva di sopportare un certo tipo di ricordo. E anche il fatto di metterlo in commercio non mi sembrava dignitoso. Invece dopo un po’ di tempo mi è parso giusto continuare a mantenere l’attenzione su un artista che lo merita e con Toni Verona e Ala Bianca abbiamo messo in pista questi ben 14 brani che sono sia live, sia registrati con il registratorino di una volta. Mio padre lo metteva lì sul pianoforte e faceva le sue prove. Sono delle registrazioni magari imperfette, ma che hanno un grande valore storico e documentale.

Lei sta diventando il testimonial dei valori artistici e umani di suo padre?

Certo, ma lo faccio soprattutto per mia figlia, che so che ci tiene. Lei ha 15 anni e tiene moltissimo al nonno, ma lo fa senza farsene accorgere. Ha una bacheca nascosta dove colleziona le uscite su d lui. Proprio per questo voglio portare avanti il più possibile la storia della mia famiglia. Ma senza essere troppo didascalici perché è giusto che i brani possano fluire naturalmente. Come succedeva quando papà era in vita e i dischi venivano messi sul mercato, noi ora facciamo la stessa cosa. Non c’è bisogno di santificare o di creare fondazioni o chissà che, perché il nostro mestiere è comunque quello di offrire spettacolo e scrivere .

Di suo padre si ricorda la parte più goliardica, ma tante sue canzoni puntano i riflettori sull’umanità, sui poveri, sugli ultimi,

Era la partenza di tutti i suoi brani questa attenzione all’umanità: la cosa bella era cercare di guardare la soggettività di una persona, è quello che crea la storia. Se tu non riesci a guardare dentro l’essere umano c’è ben poco. Ed è quello che cercherò di fare anche nel mio prossimo album da solista cui sto lavorando.

Enzo Jannacci diceva che il Cristo lo vedeva negli esseri umani che soffrivano.

Lui si rapportava molto col Cristo, era una cosa che facevamo spesso insieme e lo faccio anch’io adesso. Quando perdi un po’ il baricentro, avere la figura del Cristo come riferimento è una cosa che ti mette comunque in ordine e riordina le idee. Il fatto che ci sia un elemento che contrasta il puro nichilismo o il cinismo è molto importante per il riequilibrio dell’esistenza umana. E, come ha detto lui, vedere l’umanità attraverso la figura del Cristo aiuta molto anche nella scrittura.

Non a caso la il documentario si apre dalla Casa di accoglienza “Enzo Jannacci” del comune di Milano.

Si apre con la testimonianza di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, che ci ha aiutato tanto nel periodo in cui papà stava male con la sua vicinanza e la sua forza d’animo. Papà si era molto affezionato e pure io a Giorgio che ha anche una grande cultura che non ostenta mai, ma che utilizza per sottolineare la sua umanità.

Ha colpito molto anche la testimonianza commossa di Vasco Rossi di fronte alla lettera scrittagli da suo papà.

Mio padre aveva dei momenti di riflessione e quando la riflessione si faceva importante doveva metterla per iscritto. Così una sera al pianoforte si è messo a scrivere una lettera a Vasco. Poi è rimasta lì nel mio studio per anni e c’è stato un momento dove facendo un po’ di ordine, anche mentale, ho pensato che andasse consegnata a Vasco perché era sua. Così una sera gliel’ho portata a un suo concerto a San Siro. Credo che non capì molto al momento perché era molto stanco, poi l’ha riletta e si è emozionato.

Paolo lei mercoledì all’Ariston ha aperto la sua masterclass dedicata a Enzo Jannacci davanti a 1000 studenti delle scuole medie e superiori con un forte appello contro la droga.

Ragazzi cercate di non cadere mai nel tranello degli stupefacenti perché quelli che perdono siete solo voi, dico sempre. Negli anni 70 chi non riusciva a uscire dal tunnel dell’eroina si rivolgeva a medici come mio padre che spesso riusciva a salvarli. E’ una cosa che io ho vissuto sulla mia pelle perché ho visto dei ragazzi sull’orlo della morte, nella grande sofferenza e non permetto che per fare arricchire qualcuno questo possa accadere anche a mia figlia. Ho visto il modo in cui il papà teneva alle nuove generazioni, perché sono loro a cui noi affidiamo il nostro futuro. C’era una grande sofferenza nel vedere un ragazzo buttarsi via e lui faceva di tutto per non permetterlo.

Enzo Jannacci, "Il cane con i capelli" - Archivio