Alla nostra epoca piacciono gli annunci, gli eventi e gli anniversari. Figuriamoci se potevamo perderci i 30 anni da quando l'Italia è connessa a Internet. L'idea di fare un
Italian Internet Day non è di
Matteo Renzi (ma del suo collaboratore Riccardo Luna) eppure il premier l'ha colta al volo e rilanciata da par suo. Così in questi giorni scuole, camere di commercio, ministeri e aziende hanno organizzato eventi per festeggiare a dovere l'anniversario. C'è persino un documentario celebrativo, firmato da
Riccardo Luna e Alice Tomassini, dal titolo:
Login, il giorno in cui l'Italia scoprì internet. La versione integrale sarà trasmessa venerdì 29 aprile ore 20 su
Rai5.
Qui trovate il promo
Che l'Italia voglia festeggiare una data simile è comprensibilissimo. Ma
per essere davvero utile l'Italian Internet Day non deve dimenticare i fatti, passati e futuri. Ascoltando infatti certi scienziati e tecnici italiani che a metà anni 80 intuirono l'importanza e le potenzialità per l'Italia di collegarsi alla rete
Arpanet (la cosiddetta "madre di Internet") si scopre che
non tutto 30 anni fa fu rose e fiori, anzi. Furono molti allora a non credere in quel passo. In primis le istituzioni e le aziende statali di allora.
Insomma,
se non fossero arrivati dei capitali americani a sbloccare la faccenda, non saremmo qui a festeggiare i 30 anni di connessione a Internet. Forse festeggeremmo i 25, forse i 20.
Allo stesso modo una data così importante dovrebbe aiutarci a riflettere sullo stato delle cose.
Perché siamo così indietro sul fronte digitale? Perché le connessioni sono così lente e il numero di analfabeti digitali così alto?
Perché circola ancora così tanta carta e occorrono così tante code agli sportelli, quando il digitale permetterebbe di superare una bella fetta dei problemi burocratici che ci affliggono?
I giornalisti non sono politici e non hanno né l'ambizione né il ruolo per risolvere problemi così complessi. Possono però raccontare storie. Unire i puntini, come dicono alcuni. Dare spunti.
Ecco, se me ne permettete uno,
come simbolo dell'Italian Internet Day non avrei scelto politici, guru, imprenditori o dirigenti di questi o quell'organizzazione. Io avrei messo al centro di tutto ragazzi come
Valerio Pagliarino, uno studente di 17 anni di un liceo scientifico in provincia di Asti. Perché lui? Perché
ha inventato il modo di aumentare in modo esponenziale la velocità della banda larga, per portarla anche in quei paesini dove oggi non c'è ancora.
Il suo ragionamento è stato semplice: se la fibra ottica in sostanza trasmette luce tramite un dispositivo fisico, perché non usare un sistema di trasmissione che esiste già, cioè la tecnologia laser? Non ci aveva pensato nessuno.
La rivoluzione di Valerio è doppia: aumento della velocità di internet e a un centesimo del costo attuale. Oggi posare la fibra ottica costa 1000 euro al metro.
Con l'idea di Pagliarino, «servire 100 utenze costerebbe 10 mila euro, con una velocità di 500 mega al secondo sia in download che in upload».
C'è un terzo motivo per cui ragazzi come Valerio Pagliarino dovrebbero essere messi al centro nell'Italian Internet Day:
se un 17enne ha trovato la soluzione a un problema enorme del digitale, sperimentando un sistema fatto con qualche aggeggio elettronico comprato online, qualcuno dovrebbe farsi delle domande sullo stato della nostra ricerca in campo digitale.Perché le feste sono meravigliose, ma se non si guarda in faccia la realtà il giorno dopo ci si ritrova fermi (e magari col mal di testa).