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CINEMA. «Iron man 3», supereroe stressato lotta contro il nuovo terrorismo

Alessandra De Luca mercoledì 24 aprile 2013
Terrorismo, terrorismo e ancora terrorismo. L’ossessione americana per l’attacco al potere continua a incendiare gli schermi e coinvolge persino i supereroi. E così in Iron Man 3, in arrivo domani nelle nostre sale, Tony Stark deve difendere il Presidente degli Stati Uniti dalle minacce del Mandarino (uno dei più celebri cattivi nel franchise), che tanto somiglia a Benladen, e di uno scienziato pazzo che ha trovato il modo di potenziare biologicamente gli esseri umani trasformandoli in "armi viventi". Che gli Usa siano ancora ostaggio di paure che affondano le proprie radici nell’11 settembre è evidente, ma il cuore pulsante del film diretto da Shane Black, tra un’esplosione e un inseguimento, è la riflessione sul ruolo degli eroi oggi. Nel primo film il supereroe Marvel, nato nel 1963 sulle pagine di Tales of Suspance, era un arrogante miliardario costruttore di armi costretto da un incidente a cambiare vita e a costruire l’armatura di Iron Man. Nel secondo Stark soffre di gravi problemi di salute. Poi arriva l’avventura degli Avengers e la vista di un portale aperto su un altro mondo sopra la sua testa stravolge tutte le sue convinzioni. In questa nuova storia lo ritroviamo più stressato che mai, insonne e inquieto, alle prese con un’armatura difettosa e in preda ad attacchi di panico. Per un «uomo di latta», così si definisce egli stesso in un momento di sconforto, certe esperienze possono essere destabilizzanti. Chi è veramente Tony Stark senza la sua armatura? Lo scoprirà proprio in questo nuovo film dove gli sarà più utile un ragazzino che tutta la tecnologia del mondo. E dove per difendere le persone che ama dovrà contare su intelligenza e istinto più che sulle tanti armi costruite per hobby. Dovrà insomma ritrovare la sua strada per tornare a essere un supereroe, capace di accettare paure e fragilità con una nuova consapevolezza della propria identità. Non a caso il motto del mondo Marvel è «grandi poteri, grandi responsabilità». Ricco come di consueto di un’ironia dissacrante che si diverte a demolire il giocattolone hollywoodiano un secondo dopo averne esaltato la spettacolarità, il film condanna l’ingegneria genetica, che sebbene pensata a fin di bene viene manipolata per scopi malvagi, e mescola le carte in tavola anche in fatto di nemici, che rivelano un’identità diversa da quella alla quale abbiamo creduto. Sono gli esseri umani a creare i propri demoni, come a dire che i mostri di malvagità non vanno necessariamente cercati in Pakistan, ma a due passi da casa. E ancora una volta l’uomo d’acciaio può contare sulla complicità del brillante Robert Downey Jr., capace di regalare umanità, umorismo, strafottenza e spessore drammatico a un personaggio dal difficile equilibrio. Accanto a lui tornano Gwyneth Paltrow nei panni della fidanzata Pepper Potts e Don Cheadle in quelli di James Rhodes, mentre i cattivi sono affidati a Guy Pearce e Ben Kingsley in un ruolo che vi sorprenderà. Gli appassionati del genere riconosceranno in un cameo il leggendario Stan Lee, creatore di alcuni dei più celebri personaggi Marvel.