Teatro. Irma, la memoria rivive sul palco di San Miniato
La protagonista di "Irma Kohn è stata qui" di Matteo Corradini e regia Pablo Solari
Era il 22 luglio del 1944 quando una granata statunitense entrò accidentalmente nel Duomo di San Miniato (Pisa) affollato di gente, durante l’attacco alle truppe tedesche allora in ritirata. L’esplosione provocò 55 morti tutti civili: da questa ferita nacque nel 1947 l’Istituto Dramma Popolare di San Miniato, diretto dal 1948 al 1971 da don Giancarlo Ruggini, per dire no alla guerra attraverso un teatro a vocazione spirituale. L’altra sera, esattamente 78 anni dopo quella strage, davanti alla facciata rossa del Duomo, sono tornati gli echi della Seconda Guerra Mondiale, messi in scena dal giovane regista Pablo Solari con il debutto assoluto di Irma Kohn è stata qui, spettacolo principale della 76ª Festa del Teatro di San Miniato, prodotto dal Dramma Popolare insieme da Elsinor Centro di produzione teatrale e Centro Teatrale MaMiMò. Lo spettacolo, grazie alla puntuale e vivace drammaturgia di Tatjana Motta, condensa e reinterpreta in un’ora e un quarto le 400 pagine dell’omonimo avvincente romanzo storico, pubblicato nel 2021 da Rizzoli, di Matteo Corradini, scrittore ed ebraista.
Il quale si è ispirato a una storia vera trovata durante le sue ricerche. Quella di una ragazzina ebrea di 16 anni, scampata al rastrellamento del ghetto della città prussiana di Konisberg (l’odierna Kaliningrad in Russia) verso la fine della guerra. Due partigiani la trovano, la nascondono in un carretto pieno di letame e la portano in un bordello. Lì sarà accolta e nascosta dalla tenutaria, la Nonna, e dalle giovanissime Branta e Meise a rischio della propria vita. La ragazzina è Irma Kohn, un’adolescente coraggiosa, ma è anche l’ultima ebrea sull’elenco che lo Judenrat, il Consiglio ebraico, deve periodicamente presentare alle SS per i rastrellamenti. Se i nazisti non trovano tutte le persone della lista, saranno i membri del Consiglio stesso a sostituirla. La linea che separa il bene dal male è sottile, ma su quella linea camminano i personaggi che attraversano la vita di Irma. Come Wolf, il crudele ufficiale delle SS, che uccide gli ebrei nel bosco ma è tormentato dalla nostalgia di casa. O Kat, clarinettista e membro del Consiglio ebraico, diviso fra i rimorsi della sua coscienza, incalzato da Diana, violinista e partigiana. O ancora le tre donne del bordello, rassegnate e sognatrici, che fanno di tutto per difendere Irma e la propria dignità. Fra di loro il contrappunto ironico e poetico di Sergej, spia russa sotto copertura che tutti credono un pazzo perché parla solo in rima. Il tutto mentre le truppe russe stanno per arrivare, cacciando gli invasori con una nuova invasione. «È vera libertà?» si domandano alla fine i personaggi in coro. I rimandi all’attualità sono drammaticamente evidenti.
Ben esprime la commozione pubblico di San Miniato il vescovo della città, monsignor Andrea Migliavacca. «Siamo capaci di vedere Irma noi? Siamo capaci di accoglierla oggi?» commenta il vescovo cui lo spettacolo ricorda «i mesi in cui è avvenuta la ritirata dell’esercito tedesco da San Miniato, con l’elenco delle stragi efferate compiute nelle nostre campagne e insieme la strage del Duomo. La rappresentazione teatrale non può non portarci oggi anche sui numerosi scenari di conflitto che segnano il nostro pianeta». Il direttore artistico del Dramma Masolino D’Amico aveva commissionato il lavoro per il 2020: slittato per la pandemia, ora risulta ancor più attuale.
La curiosità è che il regista Pablo Solari e lo scrittore Matteo Corradini hanno praticamente lavorato in parallelo sul soggetto, esprimendolo in due linguaggi personali e complementari in letteratura e teatro. «In pratica il romanzo non era ancora finito quando con Tatjana Motta, che ha scritto molto di suo, abbiamo iniziato a lavorare sull’adattamento teatrale – racconta Solari, classe 1989 – . Quando poi Matteo l’ha completato lo abbiamo rivisto sulla seconda bozza. È un onore che il Dramma ci abbia sostenuto e messo in scena». L’autore Corradini aggiunge: «La vicenda di Irma l’ho scovata mentre facevo delle ricerche in Polonia: lei si è salvata, ma delle prostitute è difficilissimo ricostruire i destini. Le storie di queste donne sono state drammatiche, di solitudine, di abbandono, di identità tradita, sono storie molto dure che meriterebbero uno spettacolo già da sole». Gli echi della guerra in Russia rendono lo spettacolo più attuale? «Il problema delle guerre è che sono sempre state in corso, basta ricordare che in Africa non si è mai smesso – aggiunge Corradini – . Questa qui è più vicina, ci da fastidio perché influenza le nostre vite», sorride sconsolato lo scrittore.
La forza dello spettacolo firmato da Solari è che riesce a commuovere, pur non essendo “commovente” o didascalico, usando i toni della fiaba per raccontare le storie di persone vere divise da un conflitto interiore: la difficoltà a gestire il bene e il male, cosa è giusto fare e cosa sbagliato. Sono tre le linee narrative su cui lavora il regista, che guida un gruppo di attori e attrici giovanissime (centrata la Irma di Maria Caggianelli Villani), in una scenografia essenziale e senza tempo, che ha il pregio di introdurci alla vicenda con eleganza e senza strafare, per poi prendere sempre di più il ritmo del thriller quando si scatena la caccia del terribile Wolf (il lupo nazista cui dà personalità Woody Neri). «Nel romanzo c’è tanta trama – ci spiega Pablo Solari – . Dell’intreccio ho cercato di prendere la struttura drammaturgica più adatta, quella di Pierino e il lupo d Prokofiev che si sta preparando nel teatro di Konisberg, ampliando di continuo la metafora di cacciatore e preda. Ho poi utilizzato elementi classici teatrali: ho introdotto il coro composto dalle prostitute, il “pazzo” russo recita in versi, ho fatto un lavoro sulla musica legata alla parola». Ciascuno nasconde delle proprie fragilità che, aggiunge il regista, vengono amplificate dal dramma della guerra «come la condizione di essere donne e, soprattutto, di essere adolescenti e poi diventare adulti. Questa è la linea della protagonista su cui ho lavorato di più, insieme alle responsabilità di tutti per salvarla». Uno spettacolo giovane pensato per riproporre la memoria alle nuove generazioni. «Penso a un pubblico di giovani – spiega Solari – . Ho puntato su un racconto in cui ci si guarda negli occhi. C’è tanta frontalità e rapporto col pubblico, in una costruzione drammaturgica pensata per dare segni leggibili, chiari e contemporanei. L’ambizione è di fare girare questo spettacolo che può parlare ancora tanto».