Tutto è nato come un gioco. «Volevo fare una hit parade della musica medievale» racconta Angelo Branduardi, il cantautore di Cogli la prima mela, che oggi ha fra le mani uno dei progetti più interessanti e ambiziosi nel campo della musica classica. Futuro antico è un ciclo di cd che diventano poi concerti nei quali il cantante lombardo si cimenta con partiture antiche insieme ad un gruppo di musicisti che suonano su strumenti originali. Domani sera al Teatro Malibran di Venezia Futuro antico arriva alla quinta tappa. «Un programma - racconta il cantautore - tutto dedicato al periodo d’oro della Serenissima, tra Cinque e Seicento quando era ambitissimo il ruolo di maestro di cappella in San Marco e quando i musicisti si cimentavano, senza problemi, tanto in sublimi pagine sacre quanto in partiture più leggere».
Scusi, Branduardi, ma da dove nasce l’esigenza per un cantautore pop di tornare alle origini? «In Conservatorio, dove mi sono di- plomato in violino, iniziano a farti studiare la musica a partire dal Barocco: tutto quello che c’è prima viene ignorato. Quando mi sono avvicinato a partiture di epoche precedenti ne sono rimasto affascinato: mi sono trovato tra le mani un’argenteria sporca e ho deciso di pulirla e farla vedere a più gente possibile. Sono convinto, poi, che la musica occidentale è morta con Wagner: in molti hanno tentato di inventarne una nuova senza, però, riuscirci. Musicisti come Arvo Part, poi, hanno cercato di fare un passo indietro per farne due avanti. Io mi muovo in questo solco. Qualcuno pensa che serva a poco, ma sono convinto che già il fatto di far conoscere questa musica sia importante».
Intitolare il progetto «Futuro antico» è una dichiarazione di resa del cantante pop? «Non parlerei di fallimento. Certo tutto quello che la musica occidentale - nella quale metto tutto non facendo distinzioni di generi - poteva fare lo ha fatto: tutto quello che si poteva scrivere in do maggiore è stato scritto. Il passato diventa così una grande risorsa alla quale attingere: ho già in mente molte tappe per Futuro antico, un progetto che potrebbe continuare all’infinito. Alla faccia delle canzonette di Sanremo».
A proposito, andrebbe al Festival? «Non mi interessa. Ma il mio non è un atteggiamento snob: chi pensa di trarne giovamento è giusto che ci vada. Visto il mio carattere di perenne bastian contrario, forse, non è abbastanza controcorrente. Quando andare a Sanremo sarà anticonformista, magari salirò sul palco dell’Ariston. Per intanto dal 2 febbraio sarò in studio per un nuovo disco pop».
In stile Branduardi? «Certo: sono nato con questo naso e con questo stile musicale e non ho intenzione di fare la plastica né all’uno né all’altro».
Il suo lavoro su San Francesco, che ha segnato una svolta nella sua carriera, rischia di diventare il suo più grande successo e superare cavalli di battaglia come «Alla fiera dell’est». Che effetto le fa? «Un effetto strano. Almeno guardando i numeri. Lo spettacolo, certo per merito della profondità delle parole che canto, quelle dei Fioretti, ha raggiunto le 350 repliche. Lo abbiamo portato in tutta Italia, ma siamo stati anche in Germania con il testo tradotto in tedesco e in autunno sbarcheremo in Francia. E poi il disco vende ogni mese tra le 1200 e le 1500 copie. Cosa incredibile di questi tempi».