«Monteverdi? A mio giudizio, il più grande compositore della storia della musica. Dopo Bach, naturalmente». È un amore di lunga data quello tra Ton Koopman, organista e direttore d’orchestra olandese, e la musica del maestro cremonese. «Avevo dodici anni quando ascoltai il Vespro della Beata Vergine la prima volta in disco. Me ne innamorai, ma il vero shock avvenne quando lo ascoltai eseguito da Harnoncourt con strumenti antichi. L’ho diretto per la prima volta alla fine degli anni 70. Di lì in poi Vespro e Monteverdi non sono mai usciti dal repertorio».Koopman, che con le sue interpretazioni bachiane ha rivoluzionato il mondo della musica antica, torna in Italia a dirigere il capolavoro monteverdiano nel quarto centenario della sua composizione. Il 15 maggio eseguirà il Vespro con la sua Amsterdam Baroque Orchestra a Cremona per il Festival Monteverdi. Poi nei giorni seguenti sarà a Varese, Mantova, Milano, Roma e Udine. E al termine il Vespro finirà in un cd e «forse anche in un dvd realizzato nel luogo della prima esecuzione, la Cappella di Santa Barbara a Mantova».
Maestro, cosa la affascina maggiormente della partitura?L’estrema ricchezza degli stili e dei linguaggi. Il Vespro è un passaggio cardine della storia della musica, dalla polifonia antica alla scrittura moderna che mescola strumenti e voci soliste. Ci sono soluzioni che poi saranno patrimonio della musica europea. E accanto a pezzi di grande intensità e commozione trovi colpi di teatro come la fanfara inziale.
La musica italiana non è così frequente nel suo repertorio.È vero, anche se in passato ne ho eseguita e incisa di più, come l’opera per organo di Frescobaldi e i lavori per doppio coro di Gabrieli. In realtà sono conosciuto soprattutto per Bach e Buxtehude e vengo richiesto soprattutto per questo.
Lei ha scelto di non suonare musica scritta dopo la morte di Mozart.In realtà quando lavoro con orchestre con strumenti moderni eseguo anche lavori di Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schumann. Sono eccezioni: le vivo come una vacanza in un posto esotico. Affronto la musica romantica come l’antica, con un’approccio filologico sulle fonti e sul contesto. La musica così diventa per me più trasparente e comprensibile.
L’organo ha avuto tra Otto e Novecento una letteratura molto ricca. Non la affronterà mai?Quando ero studente ho suonato, come era dovuto, Liszt, Reger e Messiaen. Ma quando ho potuto scegliere, ho optato senza dubbi per la musica antica. Ho però un grande amore per Cesar Franck. E le rivelo una cosa. Una domenica andai alla chiesa della Trinité, a Parigi, ad ascoltare Messiaen improvvisare durante la messa. Fui folgorato. Uscii, comprai lo spartito della Messe de la Pentecôte e me lo feci autografare. Di lì in poi ho collezionato tutti i libri e i dischi di Messiaen.
La musica antica in questi anni è diventato quasi un fenomeno di costume. Cosa ne pensa?Mentre i nostri maestri, come Leonhardt e Harnoncourt, partivano dai testi originali per ricostruire il pensiero di un autore, e così ho fatto io, oggi le nuove generazioni rischiano di limitarsi a imitare lo stile esecutivo del loro maestro o dei colleghi, senza fare nessun tipo di ricerca diretta sul campo.
C’è anche un ritorno della musica antica eseguita al pianoforte.Se suonassi Rachmaninov o Gershwin al clavicembalo sembrerei completamente pazzo! (ride) Se lo immagina Porgy and Bess al clavicembalo? Il pianoforte è così espressivo, persino troppo per la musica di Bach.