Intervista. Jude Law: «Amo le parti da cattivo, sono come uno specchio»
Jude Law in "King Arthur - Il potere della spada", un film diretto da Guy Ritchie
Lo abbiamo appena visto nelle vesti del giovane Papa di Paolo Sorrentino, lo ritroviamo in quelli di Vortigern, spietato tiranno usurpatore della corona destinata a Re Artù. Jude Law torna sul set di Guy Ritchie, l’irriverente regista inglese che dopo aver riscritto le indagini di Sherlock Holmes ridipingendo l’epoca vittoriana, ha deciso di mettere mano a un’altra icona british proponendo con King Arthur - Il potere della spada, in uscita il 10 maggio, l’aggiornamento pop-epico di un mito con numerose trasposizioni cinematografiche. Il nuovo Artù interpretato da Charlie Hunnam è allora un giovane che viene dai bassifondi della città, è cresciuto tra le strade e scopre il proprio destino quando estrae dalla roccia la leggendaria Excalibur, sguainata contro lo zio che ha rubato il trono. A Jude Law il ruolo di cattivo non è dispiaciuto affatto e ci ha raccontato perché.
Com’è stato abbracciare il lato oscuro della forza?
«Molto divertente, perché i cattivi non pensano mai di esserlo e sono convinti di agire per un bene superiore».
Cosa ha fatto per esplorare i suoi luoghi oscuri?
«Quando interpreti una persona così malvagia ti confronti comunque con emozioni che ti sono familiari. Scavando trovi sempre nella tua vita un momento in cui ti sei avvicinato a questi stati d’animo. Ricordo spesso la mia esperienza fatta con Enrico V sul palco, un re quasi immobile, paralizzato da una sorta di immensa pigrizia e da una totale mancanza di emozioni, mentre il potere si irradia dal suo corpo e investe quello degli altri. Vortigern è assuefatto al potere e per conservarlo è disposto a pagare un prezzo altissimo».
Lei che rapporto ha con il potere?
«Mi piace assumermi delle responsabilità. Sono diventato padre per la prima volta molto giovane e sono stato un figlio attento. Le responsabilità danno delle direttive precise, mantengono chiare le prospettive. Ma il potere, tanto eccitante quanto velenoso, mi spaventa moltissimo per il suo effetto distruttivo sulle persone amate. Pensate alla devastazione dell’ambiente: la sete di potere e di ricchezza avrà effetti rovinosi sui nostri figli e i nostri nipoti. L’avidità è la sostanza più tossica per l’umanità».
Possiamo imparare qualcosa dal passato, dalla Storia, dal mito?
«Ci piace pensare di poterlo fare, ma è evidente che l’umanità non riesca a fare tesoro dei propri errori, altrimenti oggi non saremmo a questo punto».
In alcune scene del film è stato ringiovanito di oltre vent’anni. Si piace più adesso o allora?
«Sono contento di quello che sono diventato, ma anche di aver potuto interpretare un me stesso molto più giovane. Mi piace il mio aspetto ora che ad avere 20 anni è mio figlio. Io alla sua età mi chiedevo continuamente chi fossi e se mi trovassi nel posto giusto. Ero pieno di dubbi ed eccitazione, possibilità e insicurezze. Invecchiando sono più a mio agio».
Anni fa dichiarò che con la maturità sarebbero arrivati ruoli ancora più interessanti. Sta accadendo?
«Sì. Finora credo di aver scelto i miei ruoli piuttosto saggiamente, mescolando diversi tipi di cinema. La maturità porta una dimensione più complessa sia agli attori sia ai personaggi: è uno dei grande pregi di questo lavoro».
Nei panni di Vortigern si muove in un ambiente che rimanda all’iconografia nazifascista.
«Il nazifascismo aveva un’iconografia molto interessante, mascolina, capace di affermare i concetti di potere e dominazione. Al regista ho detto subito che volevo parlare poco nel film perché i re davvero potenti non hanno bisogno di dire molto, lo fanno gli altri. Vortigen è quasi annoiato di sedere nel consiglio e ascoltare tutta quella gente che vorrebbe solo sterminare. Una parte di quello che si vede è frutto di un’accurata ricerca storica, il resto è fiaba e mitologia».
Cos’è per lei la magia, che nel film ha un ruolo importante?
«Ci sono diversi tipi di magia. C’è quella che ti conquista quando guardi uno spettacolo o un’opera d’arte capaci di coinvolgerti molto profondamente, una magia che oltrepassa i confini geografici, linguistici e culturali. C’è poi una magia che arriva dalla percezione di qualcosa di sovrannaturale o dall’energia che si sprigiona da certi luoghi, quando sei emotivamente connesso ad altre persone. Ho cominciato a dedicarmi alla meditazione perché penso che ci sia qualcosa di interessante da scoprire. Ho scelto di farlo mentre interpretavo il giovane Papa di Paolo Sorrentino, un ruolo per il quale sentivo di dover scavare in luoghi “diversi” dal solito. In generale penso che qualunque cosa ci conduca in una dimensione di comunanza e condivisione sia positiva soprattutto oggi che soffriamo per divisioni e frammentazioni».
La rivedremo nei panni di Lenny Belardo/Pio XIII nella seconda stagione di The Young Pope?
«Sì, sono davvero fiero di aver realizzato questa serie tv interpretando un personaggio così affascinante e complesso».
Molto diverso da papa Francesco…
«Mi piacerebbe molto incontrarlo, ma purtroppo non mi è stato ancora possibile. Trovo meraviglioso il modo in cui riesce a raccogliere nel suo abbraccio l’intera comunità internazionale. La sua generosità conquista il cuore di chiunque sia aperto alla spiritualità».
IL FILM. L’attore Jude Law in una scena di “King Arthur – Il potere della spada” nelle sale il 10 maggio