Tre uomini in barca: Mourinho, Ranieri e Ancelotti. Tre filosofie calcistiche distanti, sistemi comunicativi agli antipodi, accomunati solo da qualche amnesia di troppo che a turno colpisce le loro squadre. Mourinho mastica amara la sua cicca, perché d’accordo il primato in classifica - a più 6 dal Milan - , ma con il Torino si è rivista una squadra che zoppica sul piano della personalità. «Partite simili vanno vinte quando ancora siamo nel tunnel, prima di entrare in campo. Invece c’è un po’ di frustrazione», ha tuonato il tecnico portoghese al termine del match pareggiato contro il Toro. Mourinho non vede ancora un gruppo speciale come quello che aveva creato al Porto e al Chelsea: «Una cosa è una squadra fatta ex novo con 10 acquisti scelti in base alla mia filosofia, qui invece ho trovato un gruppo fantastico che però forse non è nato nella direzione in cui io vedo il calcio». Campanello d’allarme: dopo otto mesi “Super Mou” si specchia con la squadra e vede che questa non ha affatto il suo volto. Vero che ha ereditato tutto il pacchetto extralusso di Roberto Mancini, ma quello che ha portato di suo, Quaresma, è un giocatore strapagato (18,6 milioni di euro più il cartellino del giovane Pelé) che si è conquistato già il gradino più alto del podio del “bidone 2009”. Ieri il centrocampista portoghese ha fatto le valigie per la gioia di un Meazza che si era stufato anche di fischiarlo. È andato a “trivellare” al Chelsea (passaggio che avvicina Drogba in nerazzurro) forse anche con la benedizione del suo profeta Josè che non ha esitato a scaricarlo. Potere del primato o forse dell’imbattibilità: 109 gare casalinghe senza sconfitte tra Porto, Chelsea e Inter. Il passato è sempre dalla sua par- te. Il passato invece è tornato una terra straniera per Claudio Ranieri che il 61% del popolo bianconero non riconfermerebbe. Sembrava ringiovanito nell’ultimo mese (a dispetto proprio di Mourinho che gli diede del «settantenne») con la Juve a ridosso dell’Inter che invece in sette giorni slitta al 3° posto. Le due sconfitte con Udinese e Cagliari riportano i bianconeri a uno status di squadra incompiuta. Il rientro di Gigi Buffon paradossalmente è coinciso con il peggior momento del reparto difensivo che ha incassato 5 gol in due partite e ha visto andare in tilt la coppia Chiellini-Legrottaglie fino ad ora considerata la nuova grande muraglia. In più Ranieri deve continuamente aggiornare la lista degli infortunati che con la ricaduta di Cristiano Zanetti (75 giorni di stop) ora è salita a 7 indisponibili. Tegole pesanti che frenano la corsa da anti-Inter da parte dei bianconeri. Ruolo appena ereditato dal Milan Spice, al quale gira tutto bene, ma che contro quella Juve che adesso pare malata ha rimediato la sconfitta più dura della stagione (4-2). La squadra di Ancelotti prima dell’esplosione di Pato, il blindamento di Kakà e la riscoperta della grande anima dei cross David Beckham, ha conosciuto giornate incolori, regalando il primo punto stagionale al Cagliari (che da lì iniziò il suo percorso record) e impattando con il Lecce e il Torino. Cali di concentrazione e risultati compromessi nel finale, scene che in parte la squadra rossonera ha rivissuto non più tardi di mercoledì scorso contro il Genoa rivelazione di Gasperini. Con la vittoria sulla Lazio, i numeri cominciano a dare ragione ad Ance-lotti, ma restano dei vuoti di memoria. Non doveva essere forse Ronaldinho l’uomo della svolta? Siede stanco e annoiato in panchina invece il brasiliano, insieme a Shevchenko. Hanno perso la patina i loro palloni d’oro, mentre l’uomo della provvidenza è diventato quel Beckham (inserito nella lista Uefa per due sole partite) che però tra un mese potrebbe già smettere di fare l’americano a San Siro e da Los Angeles non ricordarsi più neppure che stava giocando per lo scudetto. Il tecnico portoghese dei nerazzurri Josè Mourinho domenica in panchina durante Inter-Torino (Ap)