Calcio. Inzaghi e la sua Inter: ora provate a prendermi
Il tecnico dell’Inter capolista abbraccia Chalanoglu autore del primo gol dei nerazzurri che hanno espugnato il Maradona battendo il Napoli campione d’Italia in carica con un netto 0-3
Miglior attacco e miglior difesa, differenza reti doppia rispetto alla Juventus seconda (+26 rispetto a +13) e quasi tripla rispetto al Milan terzo (+9), miglior rendimento in trasferta nei cinque più importanti campionati europei con sei vittorie e appena due gol subiti. L’Inter sta comandando la Serie A con numeri che amplificano i due punti di vantaggio sulla Juventus, unica inseguitrice in zona aggancio o sorpasso. L’effetto di questa sensazione è stato rafforzato dal 3-0 di Napoli, un punteggio che copre in parte l’effettivo andamento della partita. La squadra di Mazzarri ha giocato meglio nel primo tempo.
Difficile vedere l’Inter così in difficoltà come successo nella prima mezzora al Maradona. Senza dimenticare i due episodi molto dubbi: il fallo di Lautaro su Lobotka nell’avvio dell’azione conclusa dal fantastico gol di Calhanoglu e l’entrata in area di Acerbi su Osimhen. Ma, al netto di queste considerazioni, resta la portata del successo cresciuta nelle proporzioni in un secondo tempo dominato dai nerazzurri capaci di esaltarsi negli spazi larghi. Festeggia Simone Inzaghi che, però, ha un cruccio. È sempre lo stesso.
Emerge da questa frase: «Adesso scriveranno che l'Inter non ha rivali, ma mercoledì sullo svantaggio di 3-0 a fine primo tempo col Benfica stavano preparando altri articoli probabilmente. Fa parte del calcio. Sono e siamo abituati. In questi anni anche i ragazzi sono stati toccati più di una volta». Inzaghi non sopporta questa narrazione che fa sembrare lo scudetto dell’Inter un fatto da predestinati per una squadra nettamente più forte delle concorrenti. È una forma di racconto che dura da due anni, da quando l’Inter si trovò a +7 sul Milan finendo poi per perdere il campionato a causa della sconfitta nel recupero di fine aprile 2022 col Bologna. A un certo punto questo tipo di approccio si è materializzato anche all’interno del club costringendo Inzaghi a fronteggiare critiche da un fronte amico. Secondo la valutazione che va per la maggiore, l’Inter è uno squadrone dalla rosa infinita che lotta contro la Juventus costretta ad arrangiarsi con le poche risorse tecniche a disposizione, fatte fruttare al meglio dal gioco inevitabilmente pragmatico di Allegri.
Più volte Inzaghi ha cercato di sottolineare altri elementi. La squadra nerazzurra in estate ha dovuto rinunciare alla colonna vertebrale dell’ultima stagione: Onana, Skriniar, Brozovic e Lukaku. È cambiata tantissimo rispetto alla formazione vice-campione d’Europa. Le altre grandi in lotta per le prime posizioni, da cinque stagioni, hanno prodotto un deficit sul mercato oscillante da oltre 100 a oltre 200 milioni. L’Inter, invece, viaggia in pari: acquista per quanto cede. Lo aveva detto nella scorsa stagione Inzaghi: «Dove alleno i conti migliorano». Era stato molto criticato per questa uscita. Ma era un modo per segnalare la sua abilità nel valorizzare campagne trasferimenti in equilibrio.
L’ex centravanti non vuole passare per l’allenatore dell’unica corazzata in mezzo ad avversari nettamente sfavoriti. Ogni tanto questo pensiero affiora nelle sue frasi. Inzaghi preferisce parlare meno possibile davanti a microfoni e telecamere. Non si prepara meticolosamente prima delle conferenze stampa, come altri colleghi. Non ama i social o le mail. In questo, pur avendo solo 47 anni, è abbastanza all’antica. Si trova più a suo agio a giocare a carte, come si faceva una volta nei ritiri. Preferisce lavorare molto sul campo. I suoi principi di gioco codificati facilitano l’inserimento dei nuovi giocatori che sostituiscomo chi viene ceduto ogni estate. Gli automatismi del suo 3-5-2 hanno facilitato il miglioramento di Dimarco, alla sua prima esperienza in una grande squadra. È stato indolore privarsi di Brozovic perché il tecnico piacentino si era inventato Calhanoglu regista.
Basta vedere uno spezzone dei suoi allenamenti per capire da dove nascono certe trame di gioco rapidissime e verticali che si ritrovano nei gol dell’Inter. In questo modo ha portato nell’Inter quatto trofei: Coppa Italia (2) e Supercoppa (2). Oltre alla finale di Champions League. Manca solo lo scudetto. Con la solita incognita: il calo nella seconda parte di stagione. È stato fatale tra febbraio e marzo 2022. Così come alla Lazio post-lockdown nel 2020. Nelle sue prime due annate nerazzurre Inzaghi ha distribuito le forze tra campionato e coppe in modo equivalente. Questa volta è probabile che asseconderà di più il desiderio di Beppe Marotta che spinge fortemente verso la seconda stella. Il re di coppe dovrà pensare alla corsa a tappe più che alle grandi classiche. Ma non vuole sentirsi dire che è un trionfo obbligato.