La storia. D-Day, in prima linea finirono perfino i piccioni. E furono medagliati
Un piccione viaggiatore della British Army con la medaglia Dickin
Piccioni in prima linea per la liberazione dell’Europa dal nazismo e dal fascismo. I volatili arruolati dalla Raf, la Royal Air Force, svolsero attività di intelligence e furono determinanti per lo sbarco degli Alleati in Normandia. Infatti erano addestrati per l’invio e la ricezione di preziose informazioni segrete e Paddy fu uno dei trenta “assegnati” dall’aviazione militare britannica alle unità operative della 1ª Armata americana l’8 giugno 1944. Il nome in codice della missione era “U2” e Paddy si trovò nel bel mezzo del fuoco nemico quando venne rilasciato in Normandia intorno alle 08.15 del 12 giugno per trasferire messaggi codificati sull’avanzata delle truppe anglo-americane. Il pennuto dovette far fronte alle pessime condizioni meteorologiche ed evitare gli agguati dei falchi tedeschi a sua volta addestrati dall’esercito di Hitler per andare “a caccia” di Paddy e compagni. Il piccione irlandese volò per 240 chilometri fino all’Hampshire e “atterrò” alla base in quasi 4 ore e 50 minuti. Un’impresa eroica che gli valse la medaglia “Dickin” il 1° settembre 1944, dal nome della veterinaria Maria Dickin che aveva lanciato il riconoscimento in onore degli animali “in armi”. Naturalmente dietro il loro addestramento c’erano donne e uomini che dedicarono tempo ed energie: «I piccioni viaggiatori sarebbero gli unici capaci di levarsi in volo a rivelare informazioni essenziali. Servono anche per non essere intercettati», spiega Nicoletta Maggi, giornalista e segretario dell’International Churchill Society Italia, nonché autrice del volume L’angelo di Churchill (Media&Books) dove ripercorre la storia della spia inglese Jicky che assieme a una sessantina di altre donne vennero impiegate in operazioni di intelligence. «Jicky, Hazel Juvenal-Smith era un agente segreto che operava per il premier britannico in Francia – aggiunge Maggi -. Era specializzata in perizia calligrafica e nel settore delle comunicazioni coi piccioni viaggiatori. Dentro all’MI14 gestiva i report in entrata e in uscita grazie al gran lavoro dei piccioni inviati nelle nazioni occupate e poi trasmessi al Foreign Office». Un servizio pericoloso anche per via del trattamento riservato dai nazisti a chi allevava questo tipo di volatili. «Jicky sapeva che ogni agente britannico infiltrato col paracadute nell’Europa occupata aveva a disposizione due piccioni viaggiatori, al momento del lancio, nascosti in due calzini che lasciavano libera la loro testa – prosegue Maggi -. Il primo piccione veniva rimandato indietro all’atterraggio per trasmettere a Bletchley Park, la stazione di decriptazione di Alan Turing, che il lancio era andato a buon fine. Il secondo, quando l’agente voleva far sapere di voler essere ripreso avendo terminato la sua missione – prosegue Maggi -. Jicky era impegnata in questo ambito dell’intelligence britannica. E lo sbarco in Normandia, 80 anni fa, riuscì anche grazie ai piccioni viaggiatori». I piccioni furono protagonisti nel D-Day e molti di loro vennero imbarcati nelle unità della Royal Navy. «Un centinaio di loro fu inviato in Normandia il 6 giugno 1944 – sottolinea Nicoletta Maggi – e quando furono vicini alla costa, con la flotta d’invasione degli Alleati pronta a sbarcare, in silenzio radio per evitare di essere rilevata dai nemici, il loro contributo fu determinante». L’uso dei piccioni viaggiatori restò determinante anche per la medicina aeronautica: «Essi erano in grado di trovare la strada di casa utilizzando, secondo le ipotesi, dei navigatori olfattivi e dei navigatori magnetici», sottolinea il tenente colonnello medico dell’Aeronautica Militare Paola Verde, segretario generale dell’Associazione italiana di medicina aeronautica e spaziale, in questi giorni a Roma per affrontare i temi del futuro dei voli spaziali commerciali, la gestione dello stress nel controllo del traffico aereo e per riflettere sugli studi e le ricadute delle ricerche scientifiche in campo aerospaziale nella vita quotidiana. «I piccioni avrebbero infatti una sorta di magneto- recezione che consente l’identificazione delle variazioni nei campi elettromagnetici terrestri – l’ufficiale dell’Aeronautica Militare - ritornavano sempre al nido, quindi in un flusso che avveniva in un’unica direzione. Tutte queste informazioni durante la Seconda guerra mondiale non si conoscevano e si pensava che i piccioni si orientassero utilizzando il sistema vestibolare visto che, anche senza l’ausilio della vista, arrivavano a destinazione. Nell’uomo, però, è la vista la principale fonte di informazione per l’orientamento. Quindi, in particolare in volo, i piloti non potevano utilizzare il solo sistema vestibolare che uno scienziato come Gaetano Arturo Crocco definì come il più delicato cruscotto strumentale ideato dalla natura. I medici che si occupavano di volo, dunque, dopo avere per anni selezionato i piloti in base soprattutto al miglior sistema vestibolare iniziarono a capire che anche altre sorgenti di informazione spaziale erano importanti. In tal modo iniziarono a ridursi gli incidenti aerei». I colombi del D-Day aiutarono anche i paracadutisti britannici e americani che vennero addestrati per trasportarli come mezzo di trasmissione alternativo alla ricetrasmittente. Gesta eroiche premiate sul campo e riconosciuti pubblicamente anche attraverso monumenti come quello eretto a Bruxelles dedicato proprio ai “piccioni-soldato”.