La mostra a Londra. Il viaggio infinito di Alessandro Magno
Testa di Alessandro Magno
Individuare la linea di confine tra storia e leggenda non è sempre così scontato, a maggior ragione se si parla di Alessandro Magno, le cui imprese furono precocemente circondate da un’aura di mito. Sarà poi il Romanzo di Alessandro , attribuito a Callistene, nipote di Aristotele, ma in realtà opera più tarda, a ispirare a lungo il fiorire di nuovi racconti leggendari con le sue numerose traduzioni e riscritture. La mostra londinese Alexander the Great: The Making of a Myth, allestita presso la British Library e visitabile fino al 19 febbraio, prova a mettere ordine fra questi racconti. E lo fa nel migliore dei modi, esibendo papiri, manoscritti medievali e libri a stampa compilati in ventuno lingue diverse e provenienti da venticinque paesi. E non solo. Opere d’arte contemporanea, romanzi, fumetti, film e videogame mostrano come la storia di Alessandro – presentata da sempre come una vicenda eccezionale segnata da eventi prodigiosi – susciti ancora notevole fascino. E che Alessandro fosse un uomo fuori dal comune doveva essere evidente sin dalla sua nascita, di cui si raccontano versioni diverse e contrastanti. In un medaglione romano del IV secolo Olimpia, madre di Alessandro, accarezza un serpente, un riferimento alle supposte origini divine di Alessandro, mentre una versione francese del Romanzo di Alessandro mostra Olimpia costretta all’adulterio dal faraone e mago Nectanebo, che ha le sembianze del dio cornuto Amon, di cui Alessandro sarebbe stato dunque figlio. Eppure il Roman de Florimont lo vuole discendente di un eroe albanese e, ancora, un’opera persiana del dodicesimo secolo, il Romanzo di Darab, sostiene fosse figlio dell’imperatore persiano, legittimando così le sue mire al trono di Persia. Alessandro fu prima di tutto il conquistatore invincibile e il costruttore di un impero, un modello con cui ebbero a confrontarsi le ambizioni di grandezza dei leader di tutti i tempi. Splende nella sala principale della mostra un’armatura forgiata nel 1607 per Enrico Federico Stuart, primogenito di Giacomo I, su cui furono istoriate le battaglie di Alessandro, con l’implicito auspicio – tristemente smentito dai fatti – che il principe potesse eguagliarne le imprese. In molti furono presentati come il “secondo Alessandro” o aspirarono a diventarlo. Da Cesare a Luigi XIV, passando magari per il persiano Baysunghur, principe e mecenate, che probabilmente commissionò la magnifica copia quattrocentesca del Sirr-al-asrar in cui si ripropongono le lettere ricche di preziosi consigli che Aristotele avrebbe inviato al suo discepolo. Eroe dai mille volti, Alessandro non fu però solo uno straordinario condottiero. In un rotolo etiope del diciottesimo secolo, probabilmente usato come amuleto, appare in trono e con la mano benedicente, ormai re cristiano e profeta, mentre degli angeli trascinano Satana in catene. Nel Medioevo il rapporto fra Alessandro e il sacro era stato rivisitato da prospettive diverse e mai banali. Il Macedone china il capo davanti al Sommo Sacerdote alle porte di Gerusalemme in un manoscritto del Roman d’Alexandre , mentre un esemplare del persiano Shahnamah (Libro dei re) di Firdasi lo ritrae alla Mecca, inginocchiato in preghiera davanti alla Ka ba, lui che in Iran è ricordato pure come il distruttore dei templi del Fuoco degli zoroastriani e nemico della sacerdotessa Azar Humayun, che aveva assunto sembianze di drago per affrontarlo. Infine, ancora un altro Alessandro, quello che una pagina dei Khamsah (“Cinque poemi”) di Nizami ci mostra seduto in mezzo a sette savi a indagare le origini dell’universo. È il re filosofo alla ricerca della conoscenza e dell’immortalità, capace di spingersi ai confini estremi del mondo, nell’Oriente lontano e sconosciuto popolato da mostri e creature fantastiche. E se la terra non è vasta abbastanza, Alessandro esplora le profondità degli abissi in una campana di vetro o vola in cielo su un ingegnoso velivolo trainato da grifoni. Dovrà invece fermarsi davanti alle alte mura del Paradiso terrestre, raffigurato nei manoscritti come una cittadella fortificata: il Macedone non può procedere oltre, ma riceve un misterioso monito sul valore effimero della gloria terrena. Il viaggio di Alessandro è destinato a concludersi presto, non senza un ultimo mistero: quello della tomba, mai ritrovata, nonostante siano state formulate numerose ipotesi. L’ultima sala della mostra ospita una replica del sarcofago usato, almeno secondo alcuni studiosi, per accogliere le sue spoglie ad Alessandria. Lì terminò l’avventura terrena di Alessandro il Grande, per sempre giovane e vincente, per lasciare definitivamente spazio al suo mito.