Agorà

Letteratura. Il teatro delle emozioni di Pablo d'Ors

Marco Stracquadaini mercoledì 18 dicembre 2024

Lo scrittore e sacerdote spagnolo Pablo d'Ors

«Così, quando la vita dà un’unghiata la gente di solito va avanti, indietro o in basso. Ebbene, di tutti coloro che ho visto affrontare momenti difficili l’unico ad essere fuggito verso l’alto - per così dire - è stato il mio amico José Mercandino..» Questo è inequivocabilmente Pablo d’Ors ( I contemplativi, tradotto da Massimo Marini per Vita e Pensiero; pagine 432, euro 24,00), riconoscibile ma non sappiamo perché. Con D’Ors la tentazione è di non tener separati l’uomo - e nell’uomo il sacerdote - dall’autore. Alla base della vita e dell’opera c’è, forse, una grande inquietudine. C’è probabilmente nella vita e l’opera la compone, provvisoriamente. Oppure l’opera gioca con l’inquietudine sedata ormai nella vita? Ma tutta l’originalità e la freschezza, il candore delle sue storie derivano dal fatto che nemmeno la letteratura può comporla. Da qui quel senso di scombinatezza e quasi di strabismo, voler scegliere a un bivio entrambe le strade, la bizzarria dell’accostamento degli eventi. Dietro il narratore di questi racconti, il personaggio che dice “io”, non si può far a meno di vedere in parte la presenza dell’autore. Tale personaggio di solito è un comprimario che sta ad ascoltare e guardare. Di più: è uno che si mette alla scuola di quel che vede e ascolta. Uno che si stupisce, che ammira e qualche volta vede lui stesso lo straniamento delle situazioni come lo vede chi legge - « Avrei dovuto apprendere prima il tai chi per riuscire poi ad amare? So che suona ridicolo, ma mi domandai proprio questo» - e vi reagisce come chi legge: siamo davanti a una specie di saggezza sorridente, a volte comica? For-se. A patto di non uscire dalla stralunatezza quasi mai. Questo nasce in parte dalla sproporzione tra i personaggi con il luogo mentale, morale, spirituale, che si propongono di raggiungere, posto molto in alto. Così accade ai protagonisti della letteratura della Mitteleuropa - che D’Ors ammira e su cui si è formato eterni allievi nell’apprendistato della vita, per inettitudine e inconcludenza, paura, modestia, purezza. E ciò permette nella scrittura ogni genere di situazione, dalla più alta e degna del saggio di spiritualità - «Una pena leggera è quanto di meglio si possa avere - disse allora, inclinando la testa verso il lato destro -. Non si può essere felici senza una leggera pena» - alla più prosaica e a volte grottesca. In questa indeterminatezza si gioca molto. Lo stare a metà costantemente - tra saggezza o verità conquistata e il tanto più che non lo è; tra sé e la realtà che scappa da tutte le parti; tra spirito e corpo; sublime e la realtà più frusta e quotidiana -, questo fa l’intensità della scrittura. Alla quale aggiunge imprevedibilità e ancora freschezza procedere passo dopo passo con continue minime scoperte, spiazzanti per noi perché lo sono prima per lo scrittore. I dialoghi tra i personaggi aleggiano in un paesaggio urbano inesistente. Nomi sempre singolari e impercettibilmente comici anch’essi - Lita Sanromán, Laura Stembert, Berta Lanus, José Mercandino, Don Camino e Don Fidel... - ad aggiungere surrealtà alla storia e a sottrarre realtà. Lungo la loro instancabile ricerca, i personaggi ci paiono ipostasi di stati d’animo: emozioni, passioni, virtù, vizi. Il protagonista si svia continuamente nel suo cammino, distratto da tutto quanto incontra, attratto ugualmente da tutto. Si perde fuori di sé per sviarsi meglio, peggio, dentro. E a volte si ritrova. Ogni storia pare la proiezione all’esterno dell’introspezione del protagonista (dell’autore?), e quello a cui assisteremo sarà volta a volta racconto d’avventure o di formazione, novella sentimentale, favola e teatro dell’assurdo, commedia. La tentazione di cercare una definizione per la letteratura di D’Ors è forte come ogni tentazione - lo sanno bene i suoi personaggi -, benché serva a poco. Neo-romanticismo non sarebbe fuori proposito. Umorismo spirituale dà un’idea ma non è abbastanza. Gli esempi di umorismo sono tanto più efficaci quanto più nascosti e diluiti lungo le pagine: “I suoi giorni trascorsero con questa cadenza scrittura, camminate e pianto...” Pur trovando ogni tanto dei punti fermi, pause, piccole conquiste e paci, José Mercandino e Lois Carballedo, con tutti gli altri, attraggono e piacciono di più quando non li trovano, e passano da stupiti a confusi, a svaniti e a disorientati, sbalorditi, frastornati. Sanno che la via del cielo passa per la realtà (e per gli altri), che è incomprensibile come un paesaggio e si può solo accettare o rifiutare. Andarle incontro o ritirarsi. Temerla o amarla.