Agorà

Il caso. Hollywood scopre il sindacalista cattolico dei latinos

Andrea Galli lunedì 28 aprile 2014
Quello di César Chávez è un nome che oggi dice poco in Europa, ma anche fra le nuove generazioni negli Stati Uniti, eppure negli anni ’60, all’apice della fama, contese a Martin Luther King il ruolo di paladino della giustizia sociale. Fu un sindacalista cattolico, fonte di ispirazione per una moltitudine di latinoamericani e non solo nel Sud del Paese, soprattutto in California, che pagò il suo impegno non in modo cruento come il leader nero, ma con un progressivo isolamento e poi un sottile oblio. Fu infatti messo da parte dal mondo liberal di matrice cristiana, che preferì dedicarsi ad altre battaglie, e dalla sinistra laica o para-marxista, che mal digerì la sua fede cattolica tradizionale, la sua devozione alla Madonna di Guadalupe portata come icona durante gli scioperi, la sua nonviolenza nutrita non di gandhismo o di pacifismo "beat" ma di preghiera e di spirito evangelico. A poco più di 20 anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1993, a ricordarlo è arrivato ora nelle sale americane il primo film su di lui, che si intitola semplicemente Cesar Chávez. Diretto dal messicano Diego Luna, con Michael Peña nei panni del protagonista, John Malkovic e Rosario Dawson in altri due ruoli chiave, il lungometraggio è stato presentato con un buon riscontro di critica all’ultimo Festival del cinema di Berlino. La trama ripropone alcune delle tappe più significative della vita di Chávez. Nato nel 1927 a Yuma, in Arizona, si ritrovò bambino travolto dalla Grande depressione, che fece perdere ai genitori il piccolo negozio di ortaggi e li spinse a cercare lavoro in California, ultimi fra i disoccupati per via dei propri tratti meticci. Dopo essere stato arruolato in marina nel 1944, al ritorno dalla guerra si stabilì a San José, con la novella moglie che gli diede otto figli. Anche per lui i grandi vigneti della California divennero il naturale approdo, con lavori stagionali, precari e sottopagati. Ma in quel periodo avvenne anche l’incontro che gli cambiò la vita, quello con un sacerdote di origini irlandesi, Donald McDonnell, che lo introdusse alla dottrina sociale della Chiesa, alle grandi encicliche sociali di Leone XIII e Pio XI e che gli mostrò una via cristiana, anzi cattolica per le sue rivendicazioni. Chávez creò così la Farm Workers Association, un’organizzazione per aiutare i migranti latinos ricattati dai grandi proprietari terrieri (nel caso avessero rifiutato le dure condizioni di lavoro avrebbero dovuto far ritorno al Paese d’origine). Nel 1965 organizzò il primo di una serie di grandi scioperi. I produttori d’uva risposero prima con l’utilizzo di crumiri poi facendo leva su categorie come quella dei camionisti per spezzare il fronte sindacale. Il clima si surriscaldò e Chávez, per evitare lo scoppio di violenze, rilanciò la sua pacifica offensiva sul piano spirituale. Indisse non una marcia, ma un vero e proprio pellegrinaggio da Delano, cittadina al centro delle contese, fino a Sacramento. E usò l’arma dello sciopero della fame, o meglio del digiuno ascetico, sistemandosi in una stanzetta di una stazione di servizio, circondato da immagini sacre, e cibandosi per 25 giorni solo dell’Eucaristia. Fino a quando arrivò a porre fine alla sua prova e a spezzare il pane con lui Robert Kennedy.Negli anni ’70 Chávez riuscì a raccogliere i frutti della sue lotte, come il miglioramento delle condizioni contrattuali per migliaia di braccianti. Nel frattempo però il suo cattolicesimo militante gli aveva alienato il favore della parte più secolare dei lavoratori e il resto lo fece il declino del movimento sindacale in generale, che fece tramontare anche la sua stella.I tempi sono evidentemente maturi per una rivisitazione della sua singolare e affascinante vicenda. A riconoscerlo sono stati nelle ultime settimane anche figure di spicco dell’episcopato americano, come l’arcivescovo di Los Angeles José Gomez, che ha speso parole di elogio per il film, e l’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan, che ha definito Chávez come un esempio «del meglio della giustizia sociale cattolica e dei diritti civili americani».