Il film. Il senso della vita per “Neve”: la lotta al bullismo
L'attore e regista Simone Riccioni e la piccola protagonista del film "Neve"
Il 7 febbraio il mondo ha celebrato la giornata contro il Bullismo e il Cyberbullismo, una data in cui istituzioni e associazioni si impegnano a sensibilizzare giovani e famiglie su questo grave problema. E nelle sale italiane il 7 marzo, a un mese da quel giorno, uscirà Neve, deliziosa opera prima del regista e attore Simone Riccioni che riesce a trattare il tema con delicatezza ed efficacia. «Il film invita il pubblico a riflettere sulla necessità di abbracciare la diversità e di riconoscere il valore unico di ogni individuo, sottolineando la bellezza che può emergere quando si superano i pregiudizi e si abbraccia la connessione umana» racconta ad Avvenire il regista.
Il film, prodotto da Linfa Crowd 2.0. NVP, racconta la storia di Neve (Azzurra Lo Pipero), una bambina di 10 anni, che mostra una forza interiore sorprendente nonostante le prove difficili della vita. Minuta ma resiliente, Neve deve affrontare i compagni di scuola che la prendono in giro e la isolano per motivazioni stupide, si chiude in se stessa finché la madre Marta (Margherita Tiesi) decide di iscrivere ad un workshop teatrale tenuto dall’attore Leonardo Morino (lo stesso regista Simone Riccioni). Leonardo ha 35 anni, ha sempre solo pensato a se stesso e si trova in un momento discendente della sua carriera: durante il workshop, affrontando Neve e nel rapportarsi con lei, dà il via a una storia emozionante che trasformerà entrambi. A fare da mediatore, la bella figura di don Carlo (Simone Montedoro), un sacerdote umano che gestisce una casa famiglia e che saprà accompagnare Simone nella sua crescita.
Il film, ambientato nel Maceratese, ha iniziato la sua marcia verso il 7 marzo con degli incontri speciali con le scuole. Ieri mattina a Roma dove 800 studenti delle scuole di Roma e del Lazio hanno partecipato alla proiezione-incontro con il cast del film, con la partecipazione anche della Polizia di Stato. E 300 ragazzi delle scuole lombarde sono attesi questa mattina all’Uci Cinema Bicocca di Milano (anteprima la sera per il resto del pubblico) per incontrare il cast per un momento di riflessione e confronto sui temi del bullismo e del cyberbullismo e su come prevenirlo.
«Porteremo il film in 130 istituti scolastici di tutta Italia incontrando 30/40mila ragazzi - spiega il regista entusiasta per l’incontro coi ragazzi di ieri mattina -. Questo film è uno strumento, non è un film moralistico, ma avvincente: cerchiamo di sostenere un tessuto sociale importante, diamo strumenti per giudicare affinché i ragazzi si possano aprire col loro linguaggio». Come succede a Neve, resa silenziosa dagli insulti subiti, che troverà modo di aprirsi grazie alla comunità del teatro che la accoglie e all’affetto inaspettato di Leo in un film dalla storia accattivante e mai sopra le righe.
«Neve è un film che esplora la fragilità dell'essere umano. Il racconto si sviluppa intorno all’incapacità di percepire la bellezza intrinseca nelle persone che ci circondano, portando spesso a un giudizio superficiale e, nel peggiore dei casi, a forme di bullismo, come accade alla protagonista - spiega Riccioni che è anche autore del soggetto -. Neve invita il pubblico a riflettere sull’opportunità di accogliere la diversità e di riconoscere il valore unico di ogni individuo, sottolineando la bellezza che può emergere quando si superano i pregiudizi e si entra in connessione con gli altri. Il film, attraverso la prospettiva personale dei due protagonisti ed a una storia di vita reale, mira a coinvolgere emotivamente lo spettatore e celebra l'amore che supera le differenze».
Riccioni rivolge il film sia ai ragazzi che alle loro famiglie, anche perché tutto nasce da una storia personale: «Io sono nato e cresciuto, come i miei due fratelli, in Uganda da due genitori missionari, mio padre faceva parte dell’Avsi. Quando tornammo in Italia, a Macerata, a scuola mi chiamavano “brutto negro” e “mangiabanane”. Essere considerato diverso in Italia mi fece rimanere molto male». Simone ne è uscito perché ha saputo relativizzare le cose, ed è quello che vorrebbe insegnare ai ragazzi: «Nella mia vita il bullismo erano pennellate continuative e durature. Quindi non volevo che i ragazzi vedessero il bullismo cruento, bensì quelle piccole cose quotidiane a cui si da poco peso e che invece portano alla distruzione psicologica interna del proprio cuore. I miei genitori non mi hanno capito, perché ero un leader positivo e solare. Invece frasi che oggi considero stupide, da ragazzo mi facevano soffrire. E in tanti di quelli che hanno visto il film si sono messi a piangere. Nella realtà ci sarà sempre chi ti tratta male, noi dobbiamo essere bravi a cambiare prospettiva, siamo responsabili non solo per quello che facciamo, ma per quello che non facciamo, il bullismo finirà quando non ci gireremo dall’altra parte. Vogliamo dare con Neve occasione ai genitori e ragazzi di mettersi in discussione, e invitare gli insegnanti a una attenzione maggiore nelle scuole e a non soprassedere sulle cose apparentemente piccole».