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Il fenomeno pop. «Il segreto di Taylor Swift? Essere una storia universale»

Davide Re sabato 13 luglio 2024

Taylor Swift

«Taylor Swift è una storia universale perché riesce a offrire al pubblico, attraverso la sua musica, diverse chiavi di lettura della realtà, intercettando gusti e bisogni di generazioni diverse». Così, Gianni Sibilla, direttore didattico del master in Comunicazione musicale dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica spiega il «fenomeno Taylor Swift», a poche dal concerto che la cantante statunitense terrà questa sera e domani a Milano in uno stadio di San Siro totalmente sold out. Il capoluogo lombardo è stato letteralmente preso d’assalto dai suoi fan. La Swift, afferma ancora Sibilla «è una star che funziona sia dal vivo che sulle piattaforme. Sia sui social media che sui media tradizionali. Oggi la musica è un fenomeno frammentato e che ha sempre più bisogno di spazi, materiali o immateriali, per ascoltarla. Swift è uno dei casi abbastanza rari se non l’unico che funziona, che piace quasi a tutti». Sibilla, tra l’altro, è in libreria con l’interessante volume L’industria della canzone (Laterza, pagine 280, euro 22,00).

Professore, c’è chi vede in Taylor Swift anche un fenomeno politico, in grado di condizionare in qualche modo le future presidenziali statunitensi. Per gli esperti sarebbe in grado di spostare anche il 2% dei consensi verso il Partito democratico.

«Io non so se c’è una prova scientifica attraverso la quale si possa affermare che lei sia in grado spostare per davvero tutto quell’elettorato. Sicuramente Taylor Swift ha una “fanbase“ ampia, forte e compatta. Ma da qui all’affermare con certezza che in qualche modo possa influenzare le presidenziali ce ne corre».

Oltre alla musica, perché Taylor Swift piace così tanto?

«Lei è diventata un punto di riferimento a mio avviso quasi esistenziale per diverse generazioni. I personaggi riconosciuti come riferimenti per la società, lo diventano, nel caso della musica, non soltanto per le canzoni ma anche e soprattutto per le storie riescono a rappresentare. Per come le raccontano, perché sono spesso storie personali, nelle quali il pubblico si identifica e ne trae ispirazione per tutte le quotidianità della propria vita. A me sembra che lei sia riuscita a interpretare questo ruolo molto bene, in modo forte. Tanto che a parità di strumenti usati, per esempio i social o la scenica dei concerti, ha superato e di molto tutti gli altri artisti del momento. Ha intercettato generazioni di ascoltatori che aspettavano da tempo un personaggio come lei».

Soddisfa dei bisogni del pubblico perché è un’artista autentica?

«Viene percepita come un personaggio genuino, schietto e coerente: è una delle caratteristiche che deve avere un o una cantante per avere successo. Ma lei stessa ammette di essere una “Mastermind” in una sua canzone. Lei questa caratteristica ce l’ha, tanto che la sua evoluzione artistica, con trasformazioni anche importanti, è rimasta sempre coerente. La storia della musica dice che per avere successo un cantante deve essere autentico».

Più precisamente…

«Lei è una donna americana che rappresenta un “empowerment femminile” tipico delle generazioni di oggi e che piace molto. Una femminilità emancipata. Un suo modo di essere che appunto è arrivato dopo un’evoluzione complessa che a poco a poco gli ha fatto anche prendere delle posizioni politiche. Proprio per essere fedele al suo percorso, coerente e di rielaborazione, per spiegarlo al pubblico ha fatto un documentario sulla sua evoluzione. Swift arriva dalla musica country, un ambiente fortemente connotato politicamente: è conservatore per la maggior parte. Se lei avesse fatto delle dichiarazioni politiche all’inizio del suo percorso, il suo pubblico di allora non l’avrebbe mai perdonata. Come è successo ad altre artiste. Per questo parliamo di un’evoluzione, che tutela la coerenza dell’artista. Ma arrivati a un certo punto, lei non poteva non prendere posizioni su alcuni argomenti, che sentiva suoi».

E la scelta delle storie che poi diventano canzoni e che sono parte integrante dell’essere personaggio?

«La pianificazione e la costruzione di un personaggio, segue il percorso evolutivo dell’artista. Spesso e volentieri avviene attraverso l’uso della comunicazione e dei suoi strumenti, il tutto per soddisfare un bisogno. C’è sempre una scelta nelle storie da raccontare in relazione a quello che è l’artista in quel momento o a quello che vuole diventare. Questa costruzione o pianificazione non significa affatto che non ci sia dell’autenticità, anzi. A noi piacciono gli artisti quando ci piacciono le loro storie, perché nelle canzoni riusciamo a rivedere noi stessi. Taylor Swift ha una capacità di scrittura notevole, con la quale costruisce un “ampio spazio” in cui la sua “fanbase” riesce a riconoscersi. A volte anche in maniera eccessiva come lei stessa ha confessato in un’intervista».

Ma un concerto di Taylor Swift è tanto diverso rispetto ai concerti degli anni ’70 di gruppi mito come i Pink Floyd o i Led Zeppelin?

«Il formato “concerto” è sempre lo stesso. La base dello spettacolo è sempre la performance dell’artista. Poi c’è l’aspetto della spettacolarizzazione del concerto, che nel tempo è cresciuta. Anche perché negli ultimi tempi i prezzi dei biglietti per i concerti sono aumentati considerevolmente e quindi il pubblico si aspetta molto. Vero, però, che poi la quantità di tecnologia che verrà inserita nel concerto, il livello di spettacolarizzazione, il numero di visual, tutti “fuochi d’artificio” reali o metaforici sono tutti aspetti che dipendono tuttavia dalle scelte dell’artista».