L’atletica italiana si affida a Gianmarco Tamberi. Oggi il ventitreenne marchigiano sarà uno dei 14 protagonisti della finale mondiale del salto in alto (ore 12.30). È l’ultima possibilità azzurra di medaglia, in caso di ulteriore fallimento l’Italia tornerà a casa a mani vuote, come già accaduto nella storia iridata soltanto una volta, a Berlino 2009.Sette salti in qualificazione per Tamberi: quattro validi per superare al primo tentativo 2.17, 2.22, 2.26 e 2.29, poi tre errori a 2.31. «Ce l’ho fatta, ma è stata davvero dura perché non sono abituato a gareggiare di mattina. Il Mondiale mi ha insegnato che in futuro dovrò provare a gareggiare anche poche ore dopo la sveglia». Il fresco recordman italiano (2.37 a Eberstadt un mese fa) ha faticato davvero tanto per mantenere la concentrazione: «Mi sentivo poco elastico ed ero quasi spaesato, perciò anziché pensare al gesto tecnico ho dovuto lottare con me stesso».Il figlio d’arte - papà Marco, suo attuale allenatore, è stato uno dei migliori altisti azzurri del passato - ritiene comunque che in finale tutti partiranno sulla stessa linea. «Il canadese Drouin, il qatarino Barshin, il russo Bondarenko e il cinese Zhang sembrerebbero favoriti, ma la gara è aperta. Tutti possiamo saltare in alto alla stessa misura e a chiunque può capitare l’exploit. Mi fa schifo però che in finale sia arrivato anche il cipriota Chondrokoukis (squalificato dal 2012 al 2014 per doping quando rappresentava la Grecia, ndr), uno che ha barato e che per tornare in gara ha cambiato Paese. Guferò contro di lui».Vola oltre l’asticella la schiettezza di Tamberi, un saltatore sui generis, che attira il pubblico con i suoi vezzi e non la manda a dire quando si tratta di esprimere un’opinione. Così, prima di parlare di sé ha avuto parole di conforto nei confronti del collega Marco Fassinotti che ha rinunciato alla qualificazione per un’infiammazione alla caviglia destra: «Mi dispiace per Marco. Quando mi ha detto che non avrebbe gareggiato ci sono rimasto male. Un paio di anni fa tra di noi c’è stato qualche problema, ma ora siamo amici e il nostro rapporto è sincero. D’altronde quando con una persona gareggi di continuo in sintonia ci entri per forza di cose».Sulla stessa linea anche il piemontese Fassinotti: «Io e Gianmarco siamo molto diversi, ma ognuno riesce ad essere protagonista a modo suo. Io non farei mai quello che fa lui, ma neanche lui farebbe mai ciò che faccio io». Già perché, a differenza di Tamberi che si allena a casa e sotto la guida del papà, Fassinotti è emigrato all’estero per diventare un grande altista. A gennaio del 2013 ha fatto le valigie ed è volato a Birmingham, dove si allena agli ordini di Fuzz Ahmed, tecnico del bronzo olimpico Robert Grabarz, che qui a Pechino ha però fallito la qualificazione alla finale. «Quella di andare con Fuzz è stata una scelta coraggiosa, ma che col tempo si è rivelata giusta. I risultati si sono visti (lo scorso anno Marco ha saltato 2.34 indoor, quest’anno 2.33 all’aperto) e il fatto di aver gareggiato e vinto in Diamond League mi ha dato ancora più fiducia. Vivo all’estero, ma mi sento italiano al cento per cento». Il piemontese ha commentato con filosofia la sua rinuncia alla qualificazione: «In questi casi c’è bisogno di fare una scelta e le persone intelligenti devono prendere decisioni intelligenti». Anche il consulto col suo coach è stato breve e senza remore: «Mi sono avvicinato a lui a bordo pedana e mi ha detto che gli dispiaceva, ma non penso che abbia nulla da recriminarsi. Abbiamo lavorato 50 settimane, ero davvero in forma fino a sette giorni fa. Poi, purtroppo, è arrivato il problema fisico proprio pochi giorni prima dei Mondiali».Dall’introverso Fassinotti all’estroverso Tamberi. Al termine di ogni salto riuscito Gianmarco è solito mimare il gesto di suonare la chitarra: «Non mi toglie affatto energia, anzi mi carica e mi stimola ancora di più ad andare alla misura successiva». Con questo gesto il saltatore marchigiano cattura l’attenzione del pubblico, ma anche dei media internazionali. Dopo la qualificazione Gianmarco è stato, infatti, molto richiesto dai giornalisti stranieri. La domanda più gettonata? Quella riguardante il rito della barba a metà. Già, perché questa è l’altra caratteristica del saltatore azzurro: presentarsi in pedana con mezzo volto rasato e l’altra metà barbuta. «È un rito che riservo solo alle grandi occasioni, quindi anche in finale mi presenterò in pedana così. Un’ora prima di lasciare l’hotel mi chiuderò in bagno e a ritmo di musica (è un ottimo batterista, ndr) disegnerò il mio capolavoro». Tamberi è un saltatore molto loquace a cui piace sentire l’affetto del pubblico: «Prima di gareggiare ho postato su Facebook questa frase: «Fatemi sentire chi è con me». Ebbene, in un paio d’ore ho ricevuto 140 commenti, duemila “mi piace” e quarantamila visualizzazioni. La gente mi segue, non posso deluderla». L’appuntamento con la storia è oggi all’ora di pranzo.