Tutti in piedi ad applaudire il Papa. Tutti gli sguardi verso la bianca figura che da pochi minuti ha fatto il suo ingresso nell’Aula "Paolo VI" gremita come nei giorni delle udienze generali. Benedetto XVI che pure a questi incontri è abituato si ferma per un momento, prima di sedersi al suo posto. Saluta sorridente, si guarda intorno quasi a cercare gli occhi di ciascuno degli ottomila presenti, a ricambiare con uno sguardo tanto affetto. E non a caso. Dirà poco dopo, quando toccherà a lui prendere la parola: «Questo Convegno punta a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo».Non è certamente così per gli ottomila e forse più che sono accorsi da ogni parte d’Italia per incontrare il Papa nell’ultimo giorno di
Testimoni digitali. E il clima che fin dal primo mattino si respira sotto l’ampia volta disegnata da Pierluigi Nervi ha il sapore frizzante di quello che il portavoce della Cei, monsignor Domenico Pompili, aprendo i lavori della sessione conclusiva, definisce «uno spumeggiante vino novello». Così quando a mezzogiorno Papa Ratzinger fa il suo ingresso nell’Aula, accompagnato da folate di autentico entusiasmo, il suo discorso (che
Avvenire pubblica integralmente a pagina 4) si pone come il naturale punto di arrivo del lavoro di questi tre giorni. Potenzialità («la rete come vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista») e pericoli («omologazione e controllo, relativismo intellettuale e morale, verità ridotta al gioco delle opinioni,
digital divide»). Ma soprattutto sguardo lungimirante: «Senza timori – afferma il Pontefice – vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa». Anche perché in un mondo che accanto a quello atmosferico, conosce oggi anche forme di «inquinamento dello spirito», la missione della Chiesa e dei cattolici è quella di «dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete».Così il discorso di Benedetto XVI diventa anche punto di partenza per un nuovo tratto di strada. Non solo per i media della Chiesa italiana che il Pontefice cita puntualmente (
Avvenire, Tv2000, inBlu, il Sir, i settimanali diocesani, i periodici e i tanti siti internet di ispirazione cattolica), ma per tutti coloro che, come «professionisti della comunicazione», vogliano «nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto».Per tutti, poco prima, si era fatto interprete il cardinale Angelo Bagnasco nel suo saluto al Papa. «Siamo qui – aveva sottolineato – con la disponibilità a non rimanere indifferenti davanti alle tante persone che oggi vivono nei deserti del mondo. Intendiamo valorizzare tutte le strade che il continente digitale offre per farci più prossimi all’uomo». Il che significa «portare avanti la missione di costruire ponti di comprensione e di comunione, perché cresca il dialogo e la pace nella società».Una missione, questa, che era stata ribadita durante la tavola rotonda coordinata dal responsabile del Servizio nazionale per il progetto culturale, Vittorio Sozzi. Con il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, a sottolineare che «la nostra testimonianza deve essere di rigore e coerenza su ciò che siamo, contro ogni ipocrisia e doppiezza»; il vicedirettore generale della Rai, Lorenza Lei, a sostenere che «la sfida oggi si gioca sulla qualità della proposta e sui contenuti»; e con il direttore di
Avvenire, Marco Tarquinio a ricordare, che di fronte ai tentativi di manipolazione della realtà, «c’è un altro modo di fare informazione e di stare nella rete». Un modo «fatto di rispetto delle persone e dei fatti, di adesione alla realtà, ma anche di limpida capacità di contraddirla questa realtà quando è segnata dal male». Tarquinio ricorda «fatti e misfatti» dell’informazione. E non dimentica di menzionare il suo predecessore, Dino Boffo. All’indirizzo del quale scatta un applauso scrosciante e prolungato.