Mostra del Cinema. «The new Pope» di Paolo Sorrentino. Sontuoso e un po' furbetto
Avete mai visto un cardinale depresso vestito da dandy come Oscar Wilde, mentre osserva dalla finestra, mollemente adagiato su una poltrona, i suoi cani da caccia correre nella sua immensa tenuta nella campagna inglese? Costui è sir John Brannox e diventerà The New Pope, il nuovo (anzi il doppio) Papa di Paolo Sorrentino con il nome di Giovanni Paolo III e il volto di un John Malkovich così mostruosamente bravo da rendere credibile qualunque strampalata fantasia.
Come le tante a cui ci ha abituato il regista premio Oscar nella serie precedente The Young Popedove Jude Law impersonava (anch’egli con grande bravura) l’intransigente ma al tempo stesso appassionato Lenny Belardo, alias papa Pio XIII che ora lotta tra la vita, la morte e l’odore di santità. Mentre il papa inglese di Malkovich, eletto durante il coma dell’altro Papa per le sue capacità di mediazione, si interroga sulle proprie fragilità. « The New Pope – dice Paolo Sorrentino – esplora l’ambizione di due grandi Papi: essere dimenticati. Veri servi di Dio, hanno bisogno di sbiadire, per lasciar fiorire e brillare il nitore della fede e della pace. L’utopia della purezza ». E fin qui le lodevoli dichiarazioni del regista che annuncia anche una maggiore apertura della serie verso l’attualità anche drammatica, con spunti interessanti legati all’integralismo e all’immigrazione. Ovviamente un giudizio completo su The New Pope in arrivo in autunno su Sky Atlantic si potrà dare solo alla fine della serie.
Ma l’impressione che arriva dalle due puntate su nove mostrate in anteprima al Lido è lo sforzo di dare nuova linfa (cosa non facile passato l’effetto sorpresa) a una furba e ben confezionata operazione che usa il brand Vaticano per assicurarsi eco internazionale (ricordiamo che la prima serie è stata venduta in 140 Paesi del mondo). Dove Sorrentino non fa che ripetersi nel giochino di mescolare sacro e profano pur nell’indubbia sontuosità delle immagini: Papi santi e cardinali arraffoni, serie riflessioni spirituali e irriverenti immagini erotiche, toccanti madri dolorose e disturbanti suore cubiste. Tanto che, alla fine, la sala stampa veneziana sembra più interessata alle mutande di Jude Law che passeggia sulla spiaggia con gli addominali in vista nella ammiccante sigla, che alle questioni di fede più profonde. Questo sì, è un vero peccato.