«Se vendi Kakà, vendi la società». I tifosi in questo calcio da menù unico, solo spezzatino televisivo a pagamento, non conteranno più niente, ma a volte vedono più in là delle telecamere addomesticate e dei dirigenti ultraziendalisti. Questa mattina, le truppe cammellate del potente Al Ahmed bin Saeed Al-Maktoum, presidente e direttore esecutivo della compagnia aerea Emirates, planeranno alle ore 12 sulla pista verde di Milanello per mettere la prima firma sull’affare del secolo. Chi è a farlo, ancora non ci è dato di sapere, ma il tempo ce lo dirà. E molto presto.Per ora facciamo finta di credere, almeno noi e quei pochi tifosi rossoneri coerenti e fedeli alla profezia («Se vendi Kakà, vendi la società»), che gli Emirates entrino nell’Ac Milan soltanto come “major sponsor” portando in dote 15 milioni a stagione per i prossimi 5 anni, più i premi. Con quei 75 milioni sicuri e freschi dal Dubai, il Milan è come se ricomprasse virtualmente Kakà dal Real Madrid. In realtà l’onirico Adriano Galliani, con la prima tranche del nuovo sponsor, al massimo potrebbe portare a casa il tanto agognato Dzeko e un paio di ragazzi di belle speranze come i baresi Ranocchia e Bonucci.E questa sarebbe la tanto paventata rivoluzione in casa Milan? Qualcosa ci dice che siamo nel campo delle omissioni e la sensazione è che gli arabi non si spostano per così poco. In Inghilterra, gli Emirates sei anni fa hanno cominciato con un appalto da “title sponsor” intestandosi l’impianto dell’Arsenal, l’Emirates Stadium. Con il club inglese hanno poi siglato un contrattone da 178 milioni di dollari che prevede un accordo di 15 anni sul naming rights e 8 anni di sponsorizzazione sulla maglia dei “Gunners” di Wenger. Almeno 5 milioni di euro l’egofootball Al-Maktoum e i suoi “beduini” li garantiscono solo per l’impianto. Da qui sorge spontanea la domanda: ma agli Emirates non interessa mettere una manina anche sullo stadio Meazza? Il marchio “San Siro” per stessa ammissione di Adriano Galliani ha un brand fortissimo e sarebbe intoccabile, ma è questione di moneta: loro fanno vedere cammello e il Milan potrebbe anche accettare di farlo ribattezzare stadio degli “Emirates di San Siro”. Pecunia non olet.E solo di business qui stiamo parlando e non più di difesa del prodotto nazionale. Silvio Berlusconi, fino a poco tempo fa si era battuto come un diavolo rossonero per non svendere Alitalia ai cuginastri transalpini dell’Air France, per la sua squadra del cuore invece non sembra che si stia affannando. Da oggi dovremo rettificare anche il postulato evanescente che in Italia siamo stati capaci di farci portare via tutto, tranne il pallone. Gli arabi è vero avevano già messo le loro tende nella Juventus del presidente francese Jean-Claude Blanc, con il gruppo libico Lafico (secondo azionista con il 7,5% di partecipazione), ma l’operazione che sta portando avanti Emirates con il Milan sa tanto di saldo finale, per cambio proprietà. Nella famiglia Berlusconi, i rampolli di Silvio da tempo hanno manifestato un certo disinteresse per i “mutandieri” della domenica. E i quasi 10 milioni di euro di ingaggio per Ronaldinho, Pier Silvio dagli studi Mediaset preferirebbe investirli in qualche “Grande fratello” in più e la sua grande sorella Marina, dalla torre di controllo Mondadori, auspica un nuovo Saviano e un’altra Gomorra, possibilmente non calcistica. Avanti quindi con gli sceicchi che comincerebbero con un anticipo prima della presa totale di Milanello e di tutta la grande holding milanista. Un’operazione da quasi un miliardo di euro, ma che gli Emirates, in tempi di crisi globale, possono portarsi tranquillamente a casa con un investimento da 600-700 milioni. Una cifra che in caso di estrema necessità potrebbe sanare l’eventuale ritorno d’attualità del pasticciaccio del “Lodo Mondadori” e ripianare le perdite delle ultime stagioni in cui la politica del club di via Turati è stata «si vende Kakà», per sostituirlo con il “cacciatore” di emozioni perdute, Huntelaar. Errori di gestione a catena nel mercato che potrebbero costare la pensione definitiva a parte della vecchia nomenclatura dirigenziale. L’ad e vicepresidente Adriano Galliani, se il divino Al Maktoum lo vorrà, potrebbe restare come uno dei manager nella folta schiera di consulenti dell’emiro, il quale da uomo astuto non è escluso che lasci, per mera facciata, la presidenza onoraria in mano a un Berlusconi (Luigino?). Sulla parte tecnica, per dna - vedere anche la campagna del patron del Manchester City, Shaykh Mansur bin Zayd Al Nahyan, presidente della Fondazione Emirates - gli uomini volanti sognano ad ali spiegate e cercano sempre di prendere il meglio, quindi già si pensa a un Milan mondiale con la panchina affidata a un grande “tornante” da Londra, “Sir” Fabio Capello.Fantacalcio? Chi avrebbe mai pensato che Bwin che ha erogato 40 milioni di euro se ne sarebbe davvero andata via dal Milan al 30 giugno del 2010 per lasciare il posto ai milionari di Abu Dhabi? Al loro cospetto anche Silvio Berlusconi, il nostro Paperone nazionale, scompare. E con lui se ne andrebbe per sempre anche l’ultima poesia, quella del tifoso milanista
casciavit: tradurla in arabo è l’unica cosa impossibile di questo gran bazar all’italiana.