Musica. Il lockdown nel travolgente cuntu di Mario Incudine
'Selfie in lockdown' è titolo dell'ultimo singolo lanciato da Mario Incudine
«Shock in my town, faccio selfie in lockdown'. Inglesismi che parlano 'siciliano'. Il titolo della canzone di Franco Battiato dell’album di 'rottura' Gommalacca fa gioco al travolgente singolo lanciato dal cantautore ennese ed esponente di primo piano della world music, Mario Incudine, cresciuto a pane e Battiato, come tantissimi artisti dell’isola. «Quando è cominciato il lockdown l’anno scorso, e sono uscito per le strade di Enna, ho avuto una sensazione choccante, sì – ammette Incudine –. Mi è venuta subito in mente Shock in my town di Battiato: 'Ho sentito urla di furore, di generazioni, senza più passato, di neoprimitivi, rozzi cibernetici'. Ho raccolto tante sensazioni ed emozioni contrastanti, che ho lasciato sedimentare, da qualche parte. Perché per tutti i primi mesi di questa nuova vita limitata non sono riuscito a fare nulla. Bloccato. Poi, pian piano, sono venute fuori visioni, riflessioni, sentimenti sul tempo che viviamo. Ed ecco Selfie in lockdown». Le domande dicotomiche sull’esistenza, la fotografia di questo difficile momento segnato da timori, drammi e incertezze, che emergono prepotentemente in una società che sembrava invincibile, inarrestabile. «E invece eccoci rinchiusi in casa, in una solitudine devastante».
Incudine immagina una casa senza mura, da cui entra ed esce in continuazione («Dovrei restar dentro casa, imbroglione, per vivere meglio mi invento un cane al guinzaglio »), sta in pigiama sul divano in mezzo alla piazza della città, quella del barocco di Ragusa Ibla con il duomo di San Giorgio. È un’anima senza bussola, fra entusiasmi e tristezze. Selfie in lockdown( Borsi Records/The Orchard) è «il delirio di un uomo qualunque posto di fronte a sé stesso in un universo che ha perso l’epicentro - racconta Incudine -. È la fotografia di chi è alla continua ricerca della propria identità, provando a essere tutto e il contrario di tutto, dell’idealista che vorrebbe salvare il mondo restando seduto sul divano e del giustizialista che non sa rinunciare all’irrefrenabile gusto della trasgressione. Una carrellata ironica (ma neanche troppo) sui comportamenti che in questi mesi hanno dominato e attanagliato l’umanità. È la storia di un uomo apparentemente 'inutile' che si inventa mille facce e mille modi per tentare di fregare la solitudine che lo invade. Lui è uno e centomila, ma mai nessuno. Perché basta un selfie per esistere nell’unica realtà possibile, quella virtuale. Anche in lockdown». L’ultima strofa del brano riassume tutto: «Sono apolitico, apartitico e forse asintomatico. Non credo nel vaccino perché è un flop. Io non lo faccio perché fa più chic. Tengo la mascherina al posto dell’arbre magique. Controllo tutto con un click, commento con un like. E aspetto di colpire i miei birilli. E fare strike».
Un testo che si anima magnificamente nel graffiante videoclip girato proprio a Ragusa Ibla, diretto dal regista siciliano Ivan D’Ignoti, tutto da vedere e ascoltare sul canale YouTube. Il singolo apre un altro percorso di Incudine: la sfida di 'cuntare' in italiano. Con un ritmo dove il folk siciliano tende al rap, come ha già sperimentato in Mio fratello di Biagio Antonacci. «È un cuntu 2.0 – dice l’eclettico artista –. Ho trovato la chiave per aprirmi a nuovi mondi» e «tornare con un nuovo album, in autunno, di inediti, a distanza di dieci anni praticamente da Italia talìa », che nel 2013 gli valse il secondo posto al Premio Tenco. Un nuovo percorso senza 'tradire', ci mancherebbe, lo stile di una narrazione che ci rappresenta, e di una lingua, il dialetto, che è cultura, storia, e dialoga meravigliosamente con altri suoni, idiomi e culture».
Incudine, protagonista di recente del lancio della raccolta La bella poesia, ha collaborato con Ambrogio Sparagna nella realizzazione di un album antologico dedicato alla tradizione poetica siciliana, che contiene al suo interno una perla straordinaria: un brano inedito di Andrea Camilleri musicato e interpretato dallo stesso Incudine, Donna Lionora, «la rivoluzione della Luna». Un incanto di rara bellezza. Come quello che ha regalato alle migliaia di spettatori che nel 2015 hanno gremito il Teatro greco di Siracusa per il Ciclo di rappresentazioni classiche dell’Inda, con Le supplici in siciliano e le sue musiche, per la regia di Moni Ovadia: «La violenza sulle donne e le tragedie dei migranti in mare. Un’opera antica, sempre attuale».
L’attore e cantautore siciliano, fuori dal lockdown, si prepara ora a tornare a calcare le scene. Sabato, a Noto (Siracusa), insieme a Carlo Muratori, renderà omaggio al Sommo Poeta, con il concerto 'Dolce stil Noto'. E poi si sposterà in un’altra isola, la Sardegna, per riprendere il tour dello spettacolo musicale 'Mimì. Da sud a sud sulle note di Domenico Modugno' (dal 17 al 22 maggio a Cagliari, il 23 e il 24 maggio a Sassari e il 25 maggio ad Arzachena), con i testi di Sabrina Petyx e la regia di Moni Ovadia e di Giuseppe Cutino, per un ideale viaggio «verso una terra straniera chiamata palcoscenico». Un omaggio tra parole e note al grande artista pugliese, con il ritratto di un giovane che ancora sogna di 'volare'. Come tutti noi. Senza nuovi 'Shock in my town' e liberi dai 'Selfie in lockdown'.