Agorà

La riflessione. Il libro nutre i cinque sensi

Armando Savignano giovedì 22 aprile 2021

I libri hanno gli stessi nemici dell’uomo: il fuoco, l’umidità, gli insetti, il tempo, il contenuto. Occorre, pertanto, prendersi cura del libro perché perduri nel tempo, non si deteriori. Al lettore spetta il compito di occuparsi delle necessità del libro, di provvedere alla sua integrità evitando di deturparlo, sciuparlo, trascurarlo o danneggiarlo, poiché esso non sa difendersi e dipendete totalmente dalle nostre attenzioni. Spesso è, infatti, proprio il lettore a violare l’integrità del libro con segni inappropriati, manipolazioni maldestre o, nel caso di volumi in prestito, talora con vere e proprie mutilazioni, abrasioni, lesioni.

Per fortuna c’è sempre il buon lettore a rendere buono il libro meno buono. Rendono migliore un giornale i redattori o gli abbonati? Un poema non è mai terminato, ma solo incompiuto, e i libri sono le api che trasportano il polline da un’intelligenza all’altra. Siamo in un deserto quando nessuno sguardo di alcun libro ci dà segni di intelligenza. Ahi, leggiamo male il mondo e poi diciamo che ci inganna! È preferibile un gran numero di lettori, è ottimo un certo numero di persone che rileggono quanto hanno letto in età diverse della loro vita. Chi non vuole pensare è un fanatico; chi non osa pensare é un codardo. Pensare è l’impresa più difficile ed è forse il motivo per cui pochissime persone lo praticano. Agire è facile, pensare è difficile; ma agire in conformità a quanto si pensa è oltremodo arduo. Vi sono eccellenti libri che svelano, rivelano o risvegliano e cattivi libri che velano e addormentano, però sempre ci sosterrà Casablanca: «Si vede bene solo col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi» (Il Piccolo principe).

Il libro è un’esperienza sensoriale completa, che va oltre la banale azione del “leggere”: il libro lo si annusa, lo si tocca e accarezza, lo si ammira nella collocazione che gli diamo in libreria, e allo stesso tempo l’amore per esso va oltre il semplice piacere estetico e tattile, estendendo il piacere che scaturisce alla capacità di vivere dove ti porta. La lettura coinvolge quattro sensi su cinque: attraverso gli occhi, un libro lo vedo; attraverso le mani, ne afferro la consistenza; attraverso le narici, sento l’odore della carta; attraverso le orecchie riconosco il familiare rumore dello sfogliare di pagina; un libro non si può mangiare, anche se si può gustare ed è nutrimento per la mente, pur non passando per la bocca.

Federico García Lorca - Archivio

Nel Discorso del celebre poeta García Lorca per l’inaugurazione della biblioteca del suo paese (Fuente Vaqueros, Granada) nel settembre del 1931, disse tra l’altro: «Quando qualcuno va a teatro, ad un concerto o ad una festa, se la festa è di suo gradimento la ricorda immediatamente e si rammarica che le persone che ama non si trovino lì in sua compagnia. “Quanto piacerebbe questo a mia sorella, quanto a mio padre”, pensa, e non si gode lo spettacolo se non velato da una lieve malinconia. Questa è la malinconia che sento, non per i miei cari, che sarebbe piccineria spregevole, ma per tutte le persone che per mancanza di mezzi e per loro disgrazia non possono godere del supremo bene della bellezza. Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e fossi senza forze per la strada , non chiederei un pane, bensì mezzo pane ed un libro. Ed attacco da qui violentemente tutti coloro che parlano soltanto di rivendicazioni economiche senza mai riferirsi alle rivendicazioni culturali che è poi quel che il popolo richiede a gran voce. È un bene che tutti gli uomini mangino, ma pure che tutti gli uomini sappiano. Che godano di tutti i frutti dello spirito umano, perché il contrario è trasformarli in macchine al servizio dello Stato, è trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione sociale. Provo molta più pena per un uomo che vuol sapere e non può, che non per un affamato. Perché un affamato può vincere la sua fame facilmente con un pezzo di pane o della frutta, ma un uomo che è ansioso di sapere e non ne ha i mezzi, subisce una terribile agonia, perché è di libri, libri, tanti libri che ha bisogno; e dove sono questi libri? Libri! Libri! Ecco una parola magica che equivale a dire: “amore,amore”, e che la gente dovrebbe chiedere come chiede pane o come brama la pioggia per i propri seminati».

Nelle presentazioni dei libri c’è una tendenza, se non alla critica aspra, perlomeno ad un tipo di agiografia ipocrita nella quale non vorrei incorrere. Più adeguato e realista sarebbe, al contrario, almeno per quanto mi riguarda, ripetere col filosofo stoico: «Se ti vengono a dire che qualcuno ha parlato male di te, non negare ciò che ha detto; ma rispondi solamente che non conosce tutti i tuoi altri vizi, e che se li avesse conosciuti avrebbe sparlato ancora di più» (Epitteto, Enchiridion o Manuale delle Massime). Sovente non siamo equanimi nei confronti dei libri e degli scrittori. Per naturale inclinazione ci mostriamo più propensi a censurare gli errori che a lodare i risultati positivi, in quanto esigiamo dagli altri il dovere di essere perfetti. Però chi ha il diritto di criticare deve avere il cuore per aiutare, e chi si guarda dal fare un elogio disattende il consiglio di Cervantes nel licenziare Vidrieras: «Considera che è assurdo / essendo di vetro il tetto / riempirsi di pietre le mani / per scagliarle al vicino. C’è una falsa modestia che è vanità, una falsa grandezza che é meschinità, una falsa virtù che é ipocrisia ed una falsa saggezza che é falsa prudenza. È possibile, in qualche caso, che la verità ci renda liberi, mentre è impossibile che la verità si faccia libro, per quanto sia buono.

I libri cambiano le persone perché non le giudicano, si lasciano leggere fiduciosi che chi legge saprà trarre le sue conclusioni, non imbrigliano l’intelligenza, certo non possono sostituirsi ai nostri pensieri, ma li allenano, li mettono alla prova, ne fanno morire alcuni, ma ne fanno nascere molti di più.