Mondiali di nuoto. Il grande ritorno di Federica Pellegrini: oro nei 200 sl
Alle cinque e mezza della sera si spengono le luci nella Duna Arena. Per i Mondiali i magiari hanno costruito questo bijou da dodicimila posti, la metà temporanei. Fuori le acque del Danubio scorrono placide verso l’Isola Margherita, dentro le onde si increspano per l’ingresso in piscina della Divina. È in sesta corsia Federica Pellegrini, ma il boato a lei riservato è più fragoroso di quello per la yankee Katie Ledecky. Da un lato una ventinovenne per la settima volta di fila nella finale iridata dei 200 stile, dall’altro una ventenne che da quattro anni sa solo vincere. I pronostici sono per la statunitense, avanti fino al tocco dei 150, ma nell’ultima vasca la Fede nazionale rinasce sulle sue ceneri e come l’Araba Fenice va a rivestirsi d’oro. Sei anni dopo Shanghai, Federica Pellegrini è di nuovo campionessa del mondo. Proprio lei, la più vecchia tra le finaliste, respinge le interpreti della nuova generazione, dimostrando di poter ancora reggere lo scettro. La bionica Ledecky dice addio al proposito di vincere in Ungheria sette medaglie dal metallo prezioso. Il tempo si ferma, le gerarchie si rovesciano, in cima al globo c’è di nuovo la Diva del nuoto azzurro. Di colpo il pensiero torna a Rio. Se la Pellegrini fosse andata a medaglia in terra carioca la sua carriera si sarebbe probabilmente conclusa lì. Invece quel quarto posto, che la veneta definì la delusione più cocente della carriera, si è trasformato nel trampolino di lancio per la seconda giovinezza. A un’età (spegnerà 29 candeline il prossimo 5 agosto) in cui le nuotatrici pensano ad altro la Pellegrini ha trovato la forza di ricominciare. Meno vita mondana, meno apparizioni pubbliche, testa in acqua a contemplare la linea nera in fondo alla vasca. È così che è nata la stagione più bella nei suoi amati 200. A dicembre l’azzurra ha vinto per la prima volta l’oro ai Mondiali in vasca corta, ieri a Budapest è arrivato il successo della maturità, sul quale nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Poteva ambire al podio la Pellegrini, ma l’oro sembrava appannaggio certo della Ledecky. Eppure è successo l’imponderabile. Nella città dove all’Europeo del 2010 chiuse il Grande Slam di ori dopo l’Olimpiade di Pechino e il Mondiale di Roma, Federica si è messa al collo il terzo titolo mondiale nella distanza preferita. L’ultima vasca è stata la sintesi del suo istinto assassino: da quarta a prima in 50 metri che hanno segnato il passaggio dall’inferno al paradiso. Quanto erano piccole Ledecky, McKeon e Popova al cospetto della grande Federica. Niente più liason amorosa con Pippo Magnini, ma ritiro nella clausura della Sierra Nevada col fido preparatore Matteo Giunta. È in altura che la Pellegrini ha costruito questo trionfo. La sua contabilità iridata sui 200 recita tre ori, due argenti, un bronzo, acciuffati di fila dal 2005 al 2017. A cui vanno aggiunti un oro (2008) e un argento (2004) alle Olimpiadi. C’è stupore nelle prime parole di Mafaldina, come si fa chiamare sui social: «Non riesco a rendermene conto, non pensavo fosse possibile. Volevo la medaglia, ma mai avrei pensato di vincere. È proprio vero che nella vita non si sa mai». Poi, come nei film d’autore, il colpo di scena: «Continuerò a nuotare, ma questi saranno gli ultimi 200 stile della mia vita a livello internazionale. Adesso sono in pace con me stessa». La Divina cerca nuovi stimoli, verso Tokyo 2020.