Sedusse la giuria dell’Academy per la sua Serafina Delle Rose, commovente, trascinante, vera. Anna Magnani è stata, nel 1955, la prima italiana a vincere l’Oscar come migliore attrice protagonista per il suo ruolo in
La rosa tatuata di Daniel Mann. Un’anti-diva che non amava il red carpet. Raccontò che quella notte decise di rimanere a Roma perché non credeva affatto di poter essere incoronata regina del grande schermo: «Quandò squillò il telefono, alle cinque di mattina, per l’annuncio della vittoria, pensai a uno scherzo... ma persi davvero i cento dollari che avevo scommesso con i miei amici convinta che non avrei ottenuto quella statuetta». Dopo di lei soltanto Sophia Loren – eletta nel 1962 – ha raggiunto finora tra le donne del nostro cinema il massimo traguardo della carriera interpretando La ciociara per la regia di Vittorio De Sica: le due stelle più vicine a noi tra le 72, per la maggior parte americane, entrate nel firmamento di Hollywood dalla prima edizione del premio ad oggi. Anche a loro è dedicata la mostra
Best actress. Dive da Oscar che si inaugura stamattina a Torino, all’interno della Mole Antonelliana, sede del Museo nazionale del Cinema (rimarrà aperta fino al 31 agosto). È uno sfolgorante omaggio alle straordinarie attrici che per fascino e bravura hanno fatto emozionare e sognare generazioni di uomini e donne in tutto il mondo: 370 opere tra foto, abiti delle cerimonie di premiazione, costumi di scena, bozzetti, manifesti e locandine, cimeli, sceneggiature originali dei film vincitori, inviti alle "notti degli Oscar". L’allestimento, che si sviluppa nell’Aula del Tempio e nella Rampa Elicoidale integrandosi a perfezione con il resto della raccolta museale, è stato ideato e curato da un giovane ricercatore americano, Stephen Tapert, in collaborazione con Nicoletta Pacini e Tamara Sillo, del museo torinese. Un viaggio nella storia del cinema, ma anche del costume e della moda che le dive hanno generato con il loro modo di porsi davanti alla macchina da presa, in privato e nelle occasioni mondane. La prima donna ad essere scelta come "migliore attrice protagonista" fu Janet Gaynor, il 16 maggio del 1929, nella magica atmosfera della Blossom Room del Roosvelt Hotel di Los Angeles: vinse per l’interpretazione di ben tre film,
Settimo cielo, Aurora e
L’angelo della strada ma il suo volto, dolce e delicato, divenne famoso e indimenticabile soprattutto perché, otto anni dopo, ispirò Walt Disney nel tratteggiare la figura di Biancaneve protagonista, con i sette nani, del celebre cartoon. Canadese la seconda eroina di Hollywood, Mary Pickford, pioniera del cinema muto che con l’avvento del sonoro impersonò
Coquette nell’omonimo film di Sam Taylor convincendo tutti: ma la prima "fidanzatina d’America" nonostante bellezza e successo rifiutò lo star-system per dedicarsi alla produzione (fondò insieme con Chaplin e Fairbanks la United Artists). Nel lungo elenco delle donne che hanno lottato e vinto per ottenere la gloria dell’Oscar (e per abbattere atavici pregiudizi sul mestiere dell’attrice), non poteva mancare Katharine Hepburn che con le sue quattro statuette detiene il primato della più votata dall’Academy Awards (memorabile l’interpretazione di
Indovina chi viene a cena? a fianco del suo pigmalione Spencer Tracy). Ma ci sono anche Bette Davis (ne vinse due), la bruttina di grande talento scelta da registi e produttori soprattutto per le parti di donne cattive, vulnerabili e "sofferte", la superba e intensa Vivien Leigh di
Via col vento e di
Un tram che si chiama desiderio, la regina del musical Ginger Rogers e la fatale Joan Fontaine, musa di Hitchocock nel grande giallo
Il sospetto. E poi, ancora, la tenera Jennifer Jones che fu
Bernadette, Ingrid Bergam splendida
Anastasia e Joan Crawford, rivale della Davis, attrice dallo sguardo ficcante e tenebroso che nel
Romanzo di Mildred di Michael Curtiz diede vita al personaggio di una donna in carriera che tanto contribuì, nel 1945, al processo di emacipazione femminile che si stava affermando in America e che di lì a poco avrebbe investito anche l’Europa. E che dire della bionda, ammaliante Grace Kelly, "ragazza di campagna" nel film di George Seaton la quale, nella vita reale, diventerà presto una principessa? Perché quello, negli anni ’50, era il sogno di tutte le giovani che avrebbero voluto essere come Audrey Hepburn in
Vacanze romane per dare uno schiaffo al mito di Cenerentola. Certo, nessuno allora avrebbe immaginato che si potesse arrivare a quello che Clint Eastwood ha pensato per
Million Dollar Baby: che una donna, in questo caso la grintosa Hilary Swank, potesse battersi pure su un ring.