Cinema. Il Conclave visto come un thriller diventa un’involontaria parodia
I protagonisti del film "Conclave"
Che i presunti misteri, intrighi, giochi di potere e persino crimini ambientati tra le sontuose stanze vaticane abbiamo nutrito un vero e proprio genere cinematografico, vicino al noir e al thriller, se non addirittura alla distopia, è ormai evidente. Basti pensare a Demoni e demoni e a Il codice da Vinci di Don Brown, scrittore tanto di moda fino a qualche anno fa, ai giovani e nuovi Papi immaginati da Paolo Sorrentino, quelli a confronto ne I due Papi di Fernando Meirelles, al Pontefice in fuga di Nanni Moretti in Habemus Papam, alla Papessa Johanna rievocata nel film di Sönke Wortmann, al fantascientifico Resurrected di Egor Baranov, dove il Vaticano ha trovato addirittura il modo di riportare in vita i morti.
Non sfugge al genere, così importante soprattutto per l’industria cinematografica americana, neppure Conclave, diretto dal tedesco Edward Berger (premio Oscar per Niente di nuovo sul fronte Occidentale) a partire dall’omonimo romanzo di Robert Harris, interpretato da Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini. Presentato al Festival di Zurigo, che ieri sera ha chiuso i battenti con la consegna dei Golden Eye, atteso alla Festa di Roma, il film sarà nelle nostre sale il prossimo 19 dicembre con Eagle Pictures. Come impongono regole e convenzioni dei generi cinematografici, anche quello che ruota intorno alla Santa Sede deve abbracciare cliché e personaggi facilmente riconoscibili, precisi schemi narrativi e semplificazioni che se da una parte rendono più agevole per il pubblico il viaggio tra mondi possibili, dall’altra rischiano di irritare, e non poco, coloro che sono invece convinti della necessità di maggiore attenzione, approfondimento e sfaccettature quando si decide di affrontare temi così complessi.
Diciamo la verità: Conclave, che ci porta nel cuore di uno degli eventi più misteriosi e segreti del mondo, è un film di grande intrattenimento, soprattutto per un pubblico americano di bocca buona, che nel film troverà qualcosa di ancora più imprevedibile delle prossime elezioni presidenziali. Ma è impossibile non sorridere di certi personaggi o situazioni che, soprattutto agli occhi degli spettatori italiani, rischiano di assomigliare a delle involontarie parodie. Il film inizia quando, dopo la morte improvvisa dell’amato Papa nella Domus Sanctae Marthae, il cardinale Lawrence, che sta attraversando una profonda crisi di fede, è incaricato di gestire un delicato processo di transizione. Una volta che i cardinali si riuniscono per scegliere il successore al soglio pontificio e si chiudono nelle segrete sale del Vaticano, Lawrence si ritrova intrappolato in una rete di intrighi, tradimenti e giochi di potere che inducono lo spettatore a fare le più diverse congetture, compresa quella dell’omicidio del Papa.
In una babele di lingue e ambizioni, ogni votazione porta nuovi scenari, inaspettate alleanze e tradimenti, tra accuse reciproche, scandali creati ad arte per eliminare i favoriti e colpi di scena che richiamano l’attenzione su un cardinale in pectore, il messicano Benitez, al quale viene dato diritto di voto in virtù del favore del Pontefice deceduto e del suo lavoro in Paesi difficili come Congo e Afghanistan. Se Lawrence, trasformatosi in un detective, rappresenta con la sua ricerca della verità il rigore e l’onestà, Lithgow l’ambiguità e la corruzione, Castellitto l’intolleranza, la conservazione e la chiusura dogmatica, Benitez racchiude invece nel suo personaggio tutte le istanze di chi invoca una Chiesa più vicina ai poveri e ai dimenticati, agli ultimi della Terra, sempre meno attaccata ad anacronistici privilegi e capace di evolvere in un mondo in rapido cambiamento. Sarebbe ingiusto svelare il finale a sorpresa: verrà alla luce un segreto, celato dallo stesso Pontefice, che rischia di scuotere le fondamenta della Chiesa.
Alcune frasi a effetto sono tutt’altro che banali - "le certezze sono nemiche della tolleranza e dell’unità" e "il dubbio alimenta il mistero, senza il quale non esisterebbe la fede" - e tra un intrigo e l’altro il film, che testimonia tutto il fascino esercitato sul regista da riti e cerimoniali millenari celebrati tra mura di spettacolare bellezza e suggestione, non tralascia di fare riferimento a temi oggi al centro di dibattito, come l’omosessualità e il ruolo delle donne nella Chiesa, con sorella Agnes, interpretata dalla Rossellini, che tace per gran parte del tempo, ma saprà parlare al momento giusto.