Agorà

IL CASO. Il Vaticano contro i Balilla

Marco Roncalli mercoledì 28 ottobre 2009
«Sarebbe in preparazione un progetto di legge che istituirebbe un Ente Nazionale per l’educazione civile e morale della gioventù. Si parla anche di assistenza religiosa che sarebbe fatta da speciali cappellani. 1) Quali garanzie potrà dare un tale ente statale per la formazione morale dei giovani? 2) Come mai un Consiglio dei Ministri preannunzia la nomina di futuri cappellani? Non spetterebbe questa, nel caso, alle autorità ecclesiastiche? E queste sono state interrogate se intendano o no procedere all’assegnazione dei cappellani in parola? È stato comunicato alle legittime autorità ecclesiastiche il testo del progetto di legge, unica base per stabilire se convenga o meno dare cappellani all’ente suddetto?... 3) E questi cappellani dovranno limitarsi alla sola assistenza religiosa? Non è inoltre loro compito esclusivo (e non di enti statali) anche la formazione morale? 4) Quali saranno le conseguenze di simili provvedimenti sulle organizzazioni giovanili cattoliche? Tutti questi dubbi lasciano in grave preoccupazione».Così all’inizio del gennaio 1926 monsignor Domenico Tardini, assistente ecclesiastico della Gioventù cattolica e minutante in Segreteria di Stato. Si tratta di uno dei documenti sull’immediata preoccupazione da parte della Chiesa per il nascente istituto destinato a diventare di lì a poco l’Opera Nazionale Balilla (Onb),sorta di esperimento pedagogico legato al regime fascista. Altri scritti, più allarmati, seguirono presto da parte di varie organizzazioni cattoliche nel tentativo di neutralizzare i pericoli legati al nuovo ente che, nonostante le rassicurazioni di Mussolini, aspirava al monopolio dell’educazione giovanile.Fra i mittenti la Giunta di Azione Cattolica che, diffidando dei segnali distensivi lanciati dal governo attraverso incontri e carteggi riservati (specie tra il gesuita mediatore Tacchi Venturi e diversi uomini del Duce), già nell’adunanza del 18 gennaio deplorava «le influenze e pressioni allo scopo di ottenere che fanciulli e giovanetti appartenenti a nostre Associazioni ed Opere siano da queste distolti, per essere aggregati ad altri Enti e Istituzioni». Solo qualche mese prima il Sant’Uffizio aveva condannato l’opuscolo Il catechismo del balilla e dell’avanguardia fascista, giudicandolo «parodia sacrilega del Catechismo cattolico».In ogni caso, mentre i lavori parlamentari si concentravano sulla costituenda Opera e le pressioni sui cattolici si moltiplicavano, la Chiesa continuò a rivendicare il diritto alla formazione morale dei giovani e l’Ac quello di esistere con una sua peculiarità distinta dalle organizzazioni fasciste. Inoltre, circa la concessione dei cappellani, una nota vaticana del 2 marzo 1926 per l’ordinario militare monsignor Panizzardi ammoniva: «Cappellani ai Balilla. 1° non possono concedersi se non si ha il testo della legge e del regolamento; 2° se nella legge e nel regolamento non è espressamente detto che deve essere impartita ai balilla la istruzione religiosa e questa la cattolica; 3° se il maestro di religione non è nominato dalla autorità ecclesiastica; 4° se a questo insegnamento della religione ed alle pratiche religiose non è lasciato il tempo e la libertà necessarie. Deve constare in modo esplicito che non devono incomodare le nostre organizzazioni cattoliche. 5° ove tutto ciò risulti, V.S. non prenda verun impegno».Nessuna concessione, quindi, e, in attesa di conoscere il regolamento, difesa delle proprie posizioni, anche se nelle singole realtà locali, di fronte alle pressioni fasciste perché i religiosi insegnanti facessero iscrivere i loro alunni fra i Balilla o perché i parroci impartissero loro l’istruzione religiosa, c’era chi cominciava ad adeguarsi. «È però desiderabile svolgere e far svolgere azione di persuasione presso i genitori, perché preferiscano l’educazione religioso-morale, ed anche fisica, che viene data dalle associazioni cattoliche. Quanto all’istruzione religiosa per i balilla, se le circostanze d’ambiente consigliano a concederla, è bene sia data possibilmente nella parrocchia purché in modo serio e dignitoso e dallo stesso parroco o da un sacerdote delegato da questo. Siccome però il regolamento non è ancora noto, conviene... dare disposizioni provvisorie», confidava in via riservata a un vescovo il cardinale segretario di Stato Gasparri.Il disorientamento a livello periferico, in assenza di direttive precise aumentava. «Mi risulta che monsignor Baccini ha nominato un parroco di Cagli cappellano dei Balilla. Faccio notare confidenzialmente quanto pericolo si incorrerebbe se i vescovi incominciassero a far da loro in argomento di tanta importanza, senza rivolgersi alla S. Sede. Già ci troviamo in mezzo a tante difficoltà… perché aumentarle?», così ancora un preoccupato Tardini a Gasparri il 21 aprile.A dare il termometro della situazione la stampa di regime, pronta a sostenere che con l’Onb le formazioni cattoliche erano oramai inutili: «Fare dell’organizzazione prettamente "cattolica" là dove è in piena fioritura il movimento giovanile fascista... è un controsenso che nasconde dei fini molto in contrasto colla attuale coscienza nazionale... I giovani, veramente italiani, non hanno quindi ragione di estraniarsi dalle alte e nobili finalità di quella Fede religiosa che proprio il Fascismo ha liberato dalle angherie del sovversivismo massonico e popolare. E se una corrente essi devono seguire, è quella sola delle idee e dei fatti che il Fascismo stesso sta alimentando... Diversamente, dimostreranno di voler apparire come le riserve dell’antifascismo e in tal caso, non avranno motivo di protestare se noi fascisti, cattolici, ci faremo un dovere di romper loro le corna», si poteva leggere su Il popolo apuano, organo della federazione fascista di Carrara. E via di questo passo.La nascita dell’Onb, originale creazione del fascismo, viene illustrata da Ornella Stellavato sul prossimo numero della rivista Mondo Contemporaneo, edita da Franco Angeli. Gli inediti da lei valorizzati, provenienti dall’Archivio Segreto Vaticano, informano dettagliatamente sui rapporti intercorsi fra la Santa Sede e Mussolini circa la preparazione della legge istitutiva e del relativo regolamento lungo il suo iter fra 1925 e 1927: una dura prova di forza conclusasi però con la sostanziale vittoria del regime. Infatti, pur avendo fatto concessioni per poter continuare le trattative sul Concordato, Mussolini raggiunse il suo obiettivo principale, sbaragliando le organizzazioni cattoliche più dirette rivali dell’Onb. Con la legge e con la forza. Mettendo spesso il Vaticano davanti a fatti compiuti, e la Chiesa nelle condizioni di dover cedere rispetto le sue posizioni di partenza.Scrive la Stellavato che «anche se essa ottenne garanzie circa l’Azione cattolica, non poteva certo essere sicura che, in futuro, il governo le avrebbe rispettate». Infatti «le affermazioni di principio del Pontefice riguardo al rifiuto di un monopolio statale furono recise, ma poi, nella pratica, egli dovette piegarsi ad accettare il compromesso, puntando le sue carte sulla soluzione della Questione romana e sulla possibilità indiretta che questa gli avrebbe dato d’influire anche su tale ambito».