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IL FESTIVAL DEL CINEMA. Il cartoon «Up» fa volare Cannes

Alessandra De Luca giovedì 14 maggio 2009
Provate a pensare all’elegantissima platea del Fe­stival di Cannes, in particolar modo quella del­la serata inaugurale. Immaginate centinaia di uomini in smoking e donne in abito lungo. E adesso immaginateli con un paio di occhiali neri su naso. Per­ché ci volevano proprio quelli per godersi in tutto il suo splendore il film di apertura della kermesse, il magni­fico Up della Disney/Pixar, diretto da Pete Docter (quel­lo di Monsters & Co.) e prodotto da John Lasseter, pri­mo film in 3D sulla Croisette e primo cartoon a dare il via al festival più importante del mondo. «Questa si che è una foto» gongola Lasseter guardando i vip (Charles Aznavour compreso, che nella versione fran­cese presta la sua voce al protagonista) godersi il suo film con piacere infantile, con tanto di palloncini co­lorati in mano. Un mare di palloncini che, in omaggio a Up, hanno invaso ieri sera il Festival. In attesa dell’ondata «scura» e «violenta» che invaderà nei prossimi giorni la Croisette, il festival apre dunque in bellezza, anzi, in leggerezza con le avventure di un vecchio e un bambino nei cieli dell’America, perfette per una platea dai 0 ai 100 anni. A metà strada tra Spen­cer Tracy e Walter Matthau, con un pizzico di Clint Ea­stwood, quello di Gran Torino, il protagonista del film, Carl Fredricksen è un anziano venditore di palloncini felicemente sposato con l’adorata Ellie, conosciuta da piccolo. La coppia avrebbe voluto dei figli, ma i bam­bini non sono mai arrivati ed è così che i due comin­ciano a sognare un viaggio in Sud America. Ma il de­naro non è mai abbastanza e quando finalmente Carl, ormai settantottenne, riesce ad acquistare due biglietti per il Venezuela, Ellie muore. Questo l’antefatto, raccontato con struggente poesia in una manciata di minuti iniziali, a testimonianza del talento narrativo della Pixar particolarmente attenta alle sceneggiature dei suoi film. Ed è a questo punto che l’anziano, rimasto solo in mezzo a una Manhat­tan troppo moderna per lui, decide di far decollare la sua casetta con milioni di palloncini, senza accorger- si che si è involontariamente trascinato tra le nuvole un grassoccio boy scout impegnato a prestargli assi­stenza per ottenere la medaglia che gli manca. I due saranno così protagonisti di un’avventura sen­za precedenti, tra animali esotici, vecchi esploratori e cani parlanti in un crescendo di emozioni, immagini visionarie e gag esilaranti. «In tutti i nostri film – dice Lasseter, che al prossimo Festival di Venezia riceverà il Leone alla carriera – vengono prima le idee e poi la tecnologia. E tutte le idee sono il frutto delle espe­rienze personali degli artisti che lavorano alla Pixar. Ciò che conta è il cuore della storia, bilanciare ogni lacri­ma con un sorriso e per ottenere questo una sequen­za può essere rifatta anche quaranta volte prima di raggiungere il risultato che vedete sullo schermo». E a proposito del 3D aggiunge: «Gli effetti speciali frutto della tecnologia non devono mai distrarre dalla storia e dai personaggi. Il loro obiettivo è quello di fare en­trare il pubblico nel mondo mostrato e il loro utilizzo deve essere sempre strumentale alla narrazione. Per­ché le tecnologie invecchiano in cinque anni, le sto­rie dei film possono vivere per sempre». Omaggio ai grandi film americani degli anni Quaran­ta e Cinquanta evocati anche dalla colonna sonora, il film ci riporta inoltre alle atmosfere del maestro giap­ponese Hayao Miyazaki che, secondo Lasseter, aleg­gia in tutti i film Pixar soprattutto quando si celebra­no i momenti di quiete e solitudine. «Se qualcuno vorrà vedere nel film anche un messaggio politico – aggiunge poi il regista – ovvero l’immagine di un’America di­versa in cui il vecchio e il nuovo si incontrano per com­battere la violenza, faccia pure. Noi abbiamo realizzato questa storia con la voglia di rendere omaggio a tutti nonni del mondo».