Agorà

Libro. Il cardinale Giacomo Biffi visto da vicino, le memorie del primo segretario

Filippo Rizzi giovedì 5 dicembre 2019

Il cardinale Giacomo Biffi in piazza Maggiore a Bologna per le manifestazioni nell'ambito del Congresso Eucaristico Nazionale (Ansa)

Sette anni di grazia, dal 1984 al 1991, al fianco di un uomo acuto e pungente per le sue osservazioni ironiche sull’animo umano, ma soprattutto «un profeta» per come seppe intendere la sua «missione di teologo e di pastore».

È il ritratto del cardinale Giacomo Biffi (1928-2015) che ci consegna, in un libro carico di memorie personali, il suo primo segretario don Arturo Testi. Un volume che già nel titolo Giacomo Biffi l’altro cardinale (Edizioni Studio Domenicano, pagine 144, euro 13) ci racconta, in contro luce, la dimensione domestica di un porporato che ha segnato il Novecento italiano per la sua arguzia e stile “controcorrente” nel testimoniare il Vangelo.

Nelle oltre cento pagine, che si leggono d’un fiato, emerge molto degli orientamenti pastorali di Biffi, il suo «cristocentrismo cosmico» o la sua interpretazione reale sui fatti del Risorgimento; o ancora la sua predilezione per certe pietanze: come il risotto alla milanese. Una pubblicazione che dopo il saggio del porporato ambrosiano, edito da Cantagalli nel 2007, Memorie e digressioni di un italiano cardinale consegna al lettore alcuni aspetti, delle vere perle inedite, sulla complessa figura di Biffi: dal suo amore per i poveri secondo gli insegnamenti dell’amato sant’Ambrogio (citava, a questo proposito, spesso il De Officiis) alla sua proverbiale puntualità durante le visite pastorali.

Ma anche molto di più. Come spiega nella prefazione il secondo successore di Biffi sulla cattedra di san Petronio il cardinale Matteo Maria Zuppi: «Grazie, caro don Arturo, per i tuoi racconti e grazie soprattutto al “tuo” e “nostro” cardinale che ha amato la Chiesa perché innamorato di Cristo. Sempre con tanta Libertas, Veritas e umorismo».

Un libro dunque scritto e pensato dal suo amato “proto-segretario” (così amava definire il suo collaboratore il cardinale Biffi) che fa affiorare – come osserva nell’introduzione lo storico portavoce del porporato ambrosiano Adriano Guarnieri – tante «piccole scene della vita» di un «uomo dalla solidità borromaica».

Si scopre così, leggendo queste dense pagine, la passione per i libri gialli (in particolare Agatha Christie) del cardinale o la sua insistenza nel convincere il suo amico, don Luigi Giussani a recitare un «Requiem aeternam che non si nega a nessuno» sulla tomba di Giuseppe Garibaldi a Caprera; istantanee che ci regalano un Biffi dedito ad aprire ogni sabato a mezzogiorno l’arcivescovado ai poveri della città «specialmente i senza fissa dimora» o a invitare uno stretto drappello di questi diseredati (una trentina) al ristorante tra Natale e l’Epifania. Una conoscenza personale di questi clochard in cui spesso il cardinale, esperto di Pinocchio, si avvaleva della consulenza del cantautore Lucio Dalla.

Il saggio che – presentato oggi 5 dicembre alle 18 a Bologna all’Istituto Veritatis Splendor alla presenza del cardinale Zuppi – custodisce al suo interno altri due significativi contributi: quelli del discepolo, in campo teologico di Biffi, il domenicano Giuseppe Barzaghi e la professoressa Marina Orlandi, vedova di Marco Biagi il giuslavorista ucciso dalle nuove brigate rosse nel 2002. E proprio significativa è la testimonianza di quest’ultima: «Il nostro pastore era riuscito a consolarmi, perché aveva fatto suo il nostro dolore, lo aveva capito nel profondo e, soprattutto, non lo aveva banalizzato».

Il volume accompagna il lettore dentro il “lessico familiare” di Biffi, ci fa scoprire, ad esempio, la sua venerazione per don Giuseppe Dossetti come monaco, la fatica con cui elaborò e predicò nel 1989, alla presenza della Curia romana e di Giovanni Paolo II, gli Esercizi Spirituali per il tempo di Quaresima; o ancora la innata passione di “don Giacomo” per il mistero del Natale e del Presepe.

Un volume che ci restituisce di Biffi il suo amore per i preti, ai quali era solito ripetere: «Fate quello che potete, annunciate integralmente il Vangelo e prendete quello che la gente vi dà».