Archeologia. Il cancro era conosciuto nell'antichità e gli Egizi sapevano anche curarlo
Il cranio operato di cancro nell'antico Egitto
Un intervento raffinato di alta chirurgia effettuato su un cranio recentemente ritrovato aggiunge l'ennesimo enigma al mistero dell'antico Egitto. Un mistero appunto che si chiama molto spesso “disallineamento” tra le diverse tecnologie utilizzate. Molto avanzate e quasi allineate a quelle usate fino all'inizio del '900 alcune a fianco di altre rudimentali e tipiche dell'epoca. Sicuramente di livello altissimo oltre alla medicina c'erano la scienza delle costruzioni e la matematica.
Il cranio, con mandibola annessa - è classificato con il numero 236: è di un giovane uomo sui 30-35 anni d'età, due reperti datati tra il 2687 e il 2345 a.C., quindi di oltre 4mila anni fa. Su questo teschio potrebbero esserci i segni della prima “chirurgia” anticancro, ipotizzano gli scienziati che l'hanno analizzato. Dall'osservazione microscopica infatti è emersa una lesione di grandi dimensioni, compatibile con un'eccessiva distruzione dei tessuti, una neoplasia. Ci sono poi anche circa 30 lesioni metastatizzate piccole e rotonde sparse nel cranio. Ma ciò che ha stupito i ricercatori è stata la scoperta di segni di taglio attorno a queste lesioni, che probabilmente sono stati realizzati con un oggetto appuntito come uno strumento metallico. Quando abbiamo osservato per la prima volta i segni di taglio al microscopio non potevamo credere a ciò che avevamo di fronte", racconta Tatiana Tondini, ricercatrice dell'università di Tubinga, in Germania, e prima autrice dello studio pubblicato su “Frontiers in Medicine” in cui si fa un resoconto della scoperta.
Il cranio operato di cancro nell'antico Egitto - Tondini/Isidro/Camaros
“Sembra che gli antichi egizi eseguissero una sorta di intervento chirurgico legato alla presenza di cellule cancerose, dimostrando che l'antica medicina egiziana conduceva anche trattamenti sperimentali o esplorazioni mediche in relazione al cancro", spiega il coautore Albert Isidro, oncologo chirurgo dell'ospedale universitario Sagrat Cor, specializzato in Egittologia. Dai testi antichi si sa che - per i loro tempi - gli antichi egizi erano eccezionalmente abili in medicina. Ad esempio sarebbero in grado di identificare, descrivere e curare malattie e lesioni traumatiche, costruire protesi, inserire otturazioni dentali. Altre condizioni, come il cancro, non potevano curarle, ma avrebbero potuto provarci. Cercando di esplorare i limiti dei trattamenti traumatologici e oncologici nell'antico Egitto, il team internazionale di scienziati ha studiato due teschi umani vecchi di migliaia di anni. Il secondo è il cranio E270, datato tra il 663 e il 343 a.C., appartenente a una donna di età superiore ai 50 anni.
"Vediamo che, sebbene gli antichi egizi fossero in grado di affrontare complesse fratture craniche, il cancro era ancora una frontiera della conoscenza medica", osserva Tondini. "Questa scoperta è una prova unica di come l'antica medicina egiziana avrebbe cercato di affrontare o esplorare il cancro più di 4mila anni fa", aggiunge l'autore principale dello studio, Edgard Camarós, paleopatologo dell'università di Santiago de Compostela. "Questa è una nuova prospettiva straordinaria nella nostra comprensione della storia della medicina".
Ma i segni che arrivano nemmeno dal passato ma dall'antichissimo sono anche altri. Proprio in questi giorni si è aperto il dibatitto sul reale impatto del progresso e dell'allungamento della vita nell'aumento di tumori registrato a partire dalla seconda metà del '900. Questo perché con il miglioramento della pratica medica è anche aumentata la capacità di monitoraggio e quindi l'emersione di casi che prima non venivano evidenziati. Ora con questa notizia si scopre che il cancro era una malattia conosciuta addirittura più di 4mila anni fa.
Le piramidi di Giza - Spencer Davis/Unsplash
"Volevamo conoscere il ruolo del cancro nel passato, quanto fosse diffusa questa malattia nell'antichità e come le società antiche interagissero con questa patologia", interviene di nuovo Tondini. Con questo obiettivo i ricercatori hanno esaminato i due teschi conservati presso la Duckworth Collection dell'Università di Cambridge. Anche il cranio E270 mostra una grande lesione compatibile con un tumore che ha portato alla distruzione dell'osso. Ciò potrebbe indicare che, sebbene lo stile di vita odierno, l'invecchiamento della popolazione e le sostanze cancerogene presenti nell'ambiente aumentino il rischio di cancro, anche in passato questa era una patologia comune.
Sul cranio E270 sono presenti anche due lesioni guarite da lesioni traumatiche. Una sembra aver avuto origine da un evento violento a distanza ravvicinata, si rileva l'utilizzo di un'arma affilata. Da qui un'ipotesi degli scienziati: queste lesioni guarite potrebbero significare che la persona ha potenzialmente ricevuto qualche tipo di trattamento e, di conseguenza, è sopravvissuta. Vedere una ferita del genere su una donna è raro, la maggior parte delle lesioni legate alla violenza si riscontrano nei maschi. "Questa donna era coinvolta in qualche tipo di attività di guerra?", si chiede Tondini. "Se è così, dobbiamo ripensare il ruolo delle donne nel passato e il modo in cui hanno preso parte attiva ai conflitti nell'antichità". E quindi se la “verità” fosse la seconda si smonterebbe alcuni dei modelli patriarcali usati nell'antichità.