Se guardi il mondo dal nostro oblò, viene quasi la tentazione di dire che “tutto il mondo è paese”. E che il fondo le storture del nostro pallone non sono poi peggiori di altre. Realtà calcistiche sempre considerate superiori per risultati e civiltà, che bene invece non stanno affatto. Specie se veniamo a sapere che in Russia un calciatore di colore è stato costretto ad uscire dal campo per gli insulti razzisti che gli hanno vomitato dagli spalti. È accaduto nella semifinale di coppa di Russia tra i moscoviti della Dynamo e il Cska allenato dal grande Zico. L’ex asso brasiliano al 28’ del primo tempo è stato costretto ad assecondare la volontà di un suo giocatore, il 21enne nigeriano Maazou, che ha chiesto disperatamente il cambio. Motivazione? «Non riusciva più a giocare in quanto veniva continuamente insultato da gente che faceva versi da scimmia ed ululati di vario tipo - la risposta sgomenta di Zico - . Più di una volta Maazou si è fermato per cercare di rispondere a chi lo insultava, ed era così turbato che sono stato costretto a farlo uscire Tutto ciò è molto triste». Triste è quasi un eufemismo, ma per fortuna la rivolta del buon senso ha portato lo stesso Zico a chiedere al- la federcalcio russa che la Fifa prenda provvedimenti immediati. «La Fifa da tempo cerca di combattere questo fenomeno inaccettabile, e credo che anche la federazione russa non si tirerà indietro. Io sto dalla parte di chi chiede pene severe contro chi compie atti di razzismo. Il calcio dovrebbe essere di esempio ai giovani, e deve abituare ad un tipo di competizione dove non esistono discriminazioni in base al colore della pelle, razza e nazionalità». Messaggio di massima civiltà che sicuramente non accoglieranno quei tifosi di Barcellona e Atletico Bilbao che prima della finale di Coppa del Re al Mestalla di Girona l’altra sera hanno subissato di fischi l’inno spagnolo. Un atteggiamento che in questo caso non ha trovato impreparata la stampa iberica che si aspettava una coalizione tra baschi e catalani al momento dell’inno. L’emittente Tve ha tentato di minimizzare il fattaccio trasmettendo l’inno in differita, - alla fine del primo tempo - , e senza il sonoro dei fischi spiegando che la mancata trasmissione in diretta non c’era stata per un «errore umano ». L’unico a pagare per quell’errore al momento è solo il direttore di Tve Julian Reyes, licenziato in tronco. L’inciviltà in Russia come in Spagna, per ora l’ha fatta ancora franca.