Fisica. Il Nobel Peebles: «Il Big Bang c'è stato, ma prima cosa c'era?»
James Peebles, premio Nobel per Fisica 2019
Nel prologo di Elogio dell’ombra Jorge Luis Borges scrive che «la poesia non è meno misteriosa degli altri elementi dell’universo ». James Peebles, premio Nobel per la fisica 2019 (con gli svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz) grazie alle sue «scoperte teoretiche in cosmologia», sarebbe d’accordo a patto di considerare anche gli altri elementi come poesia. C’è infatti qualcosa di assolutamente lirico nella materia oscura, nella polvere interstellare («ne’ superni giri / fra’ mondi innumerabili» dov’è racchiusa la donna di Leopardi), nei buchi neri, nelle particelle interplanetarie. Là «ogni cosa è più antica dell’uomo, e vibra di mistero», com’è detto nel finale della Strada di Cormac McCarthy. Segni indecifrabili, provenienti da un altro mondo, sono dunque i ferri del mestiere di un astrofisico. E il professor Peebles – per gli amici, Jim – lo è in misura somma: dalla nucleosintesi primordiale alla genesi delle galassie, dalla radiazione di fondo (la 'prova' del Big Bang) all’energia oscura, ogni singola problematica relativa all’odierna scienza astronomica è stata da lui affrontata, sin dagli anni Sessanta, con un’onestà intellettuale e un rigore epistemologico senza pari. Alcuni dei suoi testi sono considerati ormai dei classici per chi voglia capire qualcosa della struttura dell’universo. Professore emerito in Scienze alla cattedra Albert Einstein dell’Università di Princeton, tra i massimi esperti di relatività generale, Peebles ha intitolato il suo discorso di conferimento del Nobel How Physical Cosmology Grew: come la cosmologia fisica ha acquisito dignità e credibilità in ambito scientifico, a seguito di un lungo periodo di ostracismo (e si pensi all’attuale notorietà della missione Artemis 1 e del telescopio Webb). Lo abbiamo contattato via mail e ha risposto ai nostri quesiti ovviamente dopo aver verificato con scrupolo sperimentale che le domande fossero sensate.
Una delle prime immagini registrate dal nuovo telescopio spaziale Webb - Nasa/Esa/Csa
Professore, cosa sappiamo oggi dell’universo?
L’evidenza ci dice che l’universo non ha bordi che possiamo intravedere, né alcun centro particolare. La distribuzione della materia appare piuttosto disordinata: in sostanza, siamo in un gruppetto vicino al margine di un grosso ammasso fatto di differenti galassie. E ci sono molti altri grappoli e cluster. Ma se studiamo il cosmo su scale ancora più grandi, esso è abbastanza distribuito e sembra avvicinarsi a un universo quasi omogeneo senza estremità osservabili.
È vero che non le piace l’espressione Big Bang?
Sì, è vero. La teoria ormai collaudata sostiene che il nostro universo si è espanso da uno stato denso caldo in modo quasi uniforme, ma diventando sempre più grumoso man mano che cresceva di dimensioni. Non abbiamo una formulazione altrettanto consolidata di com’era l’universo prima che si espandesse, o anche di cosa significhi il 'prima'. Ovvero: la teoria descrive l’evoluzione per un periodo di tempo limitato. Il nome di questa teoria, Big Bang, è impreciso perché l’'esplosione' connota un evento in un determinato momento e luogo. Ma l’ipotesi dimostrabile non ha nulla a che fare con momenti o luoghi specifici. Insomma, la teoria è okay, ma il nome è sfortunato.
E cos’è successo in quegli "istanti" cruciali?
L’universo si stava espandendo rapidamente ed era abbastanza caldo e compatto al punto che le reazioni nucleari hanno cominciato a creare gli elementi più leggeri. Questo è accaduto nel momento in cui si è formata la maggior parte dell’elio.
Cosa sono esattamente la materia oscura e l’energia oscura?
Vorrei che lo sapessimo. Sono rappresentazioni ipotetiche, introdotte per far concordare la teoria con l’osservazione. Abbiamo congetture e previsioni eccellenti che evidenziano la loro presenza grazie a molti test osservazionali, e abbiamo vincoli su quali potrebbero essere le loro proprietà. Ma cosa sono esattamente? È un problema affascinante per la prossima generazione!
Crede che il multiverso, la teoria degli universi che coesistono, sia plausibile?
La costruzione concettuale del multiverso è elegante e ammiro coloro che lavorano per stabilire un affidabile fondamento teoretico. Ma poiché non sembra esserci modo di testare empiricamente il multiverso, si può aderire all’idea di base o lasciarla da parte. Questa situazione scientifica francamente non mi interessa. L’obiettivo reale della scienza, della fisica, dell’astronomia è l’interazione tra teoria e osservazione. Finora ha funzionato molto bene; bisogna sempre considerare la cognizione fisica come qualcosa che ha permesso a scienziati e ingegneri di progettare, ad esempio, il tuo cellulare.
Quale sarà l’evoluzione dell’universo?
L’universo si sta espandendo e man mano raffreddando, e potremmo aspettarci che continui così per qualche tempo. Il modello teorico non è abbastanza ben definito per prevedere cosa accadrà in un futuro molto remoto. E dal momento che non trovo nessun metodo per sperimentare cosa accadrà nel lungo termine, le idee a riguardo non sono molto interessanti per me. Come si può notare, sono un fenomenologo.
Ritiene ancora possibile l’unificazione tra i principi quantistici e la relatività?
Be’, spero che prima o poi si riesca ad accordare la relatività generale con la meccanica quantistica... A oggi, nonostante gli sforzi in tal senso, non è stato fatto nessun passo avanti; ecco un’altra opportunità che possiamo offrire alla prossima generazione, insieme a una comprensione ancora migliore della fisica e della cosmologia.
A cosa sta lavorando attualmente?
Sono affascinato dalle proprietà delle galassie (di carattere morfologico, cinematico, fotometrico e globale, ndr), che possono essere studiate in modo molto dettagliato e confrontate con quanto previsto dal nostro standard odierno e dalle tesi accettate. Se un attento esame degli aspetti speculativi e una verifica dell’osservazione continueranno ad andare in parallelo, si raggiungerà l’evidenza che la più recente teoria è una buona approssimazione della realtà. Al contrario, un’incoerenza credibile indicherà che la nostra teoria non è buona come potrebbe essere, e forse ci offrirà un indizio sulla natura del miglioramento desiderato.