Agorà

Biennale Danza. I sette peccati letti sulle punte

Angela Calvini, inviata a Venezia giovedì 28 luglio 2022

“The Seven Sins” a cura del coreografo Eric Gauthier con quadri degli altri sette colleghi: Bartom, Charkaoui, Eyal, Goecke, Morau, Shechter e Waltz

«Accidia, Avarizia, Invidia, Gola, Superbia, Lussuria, Ira: guardando questo spettacolo vi accorgerete che i sette peccati capitali hanno a che fare con la nostra vita di tutti i giorni. Con la pandemia, la guerra e quant’altro forse non è il momento migliore per metterli in scena. O forse è proprio il momento migliore». Il coreografo tedesco Eric Gauthier, direttore della Gauthier Dance del Teatro di Stoccarda, si rivolge al pubblico del Teatro Malibran di Venezia rendendo esplicito il contenuto morale del suo ultimo nuovo lavoro, The Seven Sins che lo ha portato a riunire sette fra i più importanti coreografi del mondo per raccontare i sette peccati, o più esattamente vizi, capitali. I quadri di Aszure Bartom, Sidi Larbi Charkaoui, Sharon Eyal, Marco Goecke, Marcos Morau, Hofesh Shechter, Sasha Waltz hanno confermato le altissime aspettative in quanto a qualità espressiva, ma anche in quanto a fruibilità popolare e senso profondo, nel suo debutto in prima italiana per la Biennale Danza di Venezia. The Seven Sins, l’ultima produzione di Gauthier Dance insieme alla stessa Biennale di Venezia e Festspiele Ludwigshafen at Theater im Pfalzbau, domani 29 luglio sarà a Bolzano Danza, in chiusura del festival, insieme alla prima uscita internazionale della neonata Gauthier Dance Juniors, vivaio di talenti per guardare al futuro. I Sette peccati saranno poi il 7 febbraio 2023 a Roma e il 9 febbraio a Reggio Emilia.

Intanto Biennale Danza, sotto la direzione artistica di Wayne McGregor, presenta un ricco cartellone con i migliori nomi del balletto contemporaneo sino al 31 luglio (ben 9 prime mondiali, fra cui le nuove creazioni del Leone d’Oro Saburo Teshigawara e del Leone d’Argento Rocìo Molina). I sette vizi capitali, hanno affascinato coreografi e registi come Balanchine, Brecht/Weill, Pina Bausch che hanno preso per riferimento soprattutto l’Inferno dantesco. Pur tenendo presente il sommo poeta, Gauthier ha tratto ispirazione da Seven, il film di David Finch 1995 con Brad Pitt. Il coreografo, conscio che per il cattolicesimo si tratta di peccati gravi che portano alla dannazione eterna, ha tolto la parola “mortali” dal titolo per sottolineare il rapporto laico e spesso ambiguo che abbiamo col peccato oggi.

Nelle note di regia Gauthier si chiede: «Ma pensiamo davvero ancora in categorie come lussuria e golosità oggi? Tali vizi non sono scomparsi dalle nostre (colpevoli) coscienze insieme a queste parole antiquate? Alcuni dei cosiddetti peccati ora paiono avere una connotazione positiva. Ci sentiamo giustificati orgogliosi di ciò che abbiamo realizzato nelle nostre carriere. E l’avidità come motore del capitalismo non è diventata parte della nostra vita economica e quindi socialmente accettata? ». E aggiunge: «Quando buttiamo via tonnellate di cibo e ci concediamo dei lussi mentre milioni di persone muoiono di fame, cos’è se non la gola? Quando un’espressione di opinione si trasforma in insulto e poi in aggressività fisica, la chiamiamo perdita di controllo, ma sicuramente è qualcosa di simile all’ira. L’orgoglio è considerato il peggior peccato e la fonte di tutti gli altri peccati. Include l’egoismo di porre i propri desideri e bisogni al di sopra di quelli di altre persone e l’arroganza del potere che vediamo ogni giorno nei nostri rapporti l’uno con l’altro. I sette peccati non sono termini latini, tagli di legno antichi o parole tuonanti dal pulpito: li incontriamo ogni giorno».

Non a caso l’insieme delle sette coreografie di The Seven Sins, splendidamente interpretate dai talentuosi ballerini, si apre con il quadro forse più attuale di tutti, quello dell’Avarizia, affidato al coreografo belga-marocchino Sidi Larbi Cherkaoui, capace di passare dai video di Beyoncé all’opera a Broadway: il tema viene declinato nei termini dell’avidità e nove ballerini vestiti in completo da manager si affannano e sgomitano competitivi fra loro, con le tasche che debordano di dollari fino a che non rimarrà che un cumulo bruciato di carta straccia. Ed ecco racconta l’Accidia la canadese Aszure Barton, già collaboratrice del Baryshnikov Arts Center di New York, dell’American Ballet Theatre, della Martha Graham Dance Company, con un passo a due al maschile che fluttua stanco e apatico nella perdita di interesse per la vita. Colpisce forte la Superbia dello spagnolo Marcos Morau che con il collettivo La Veronal propone una performance al femminile tutta suoni, musica e ritmo incalzante: l’immagine rievoca quella di cinque “beghine” determinate come dei militari che rappresentano l’assenza di dubbio che porta al non dialogo con l’altro, ma al tempo stesso c’è una componente positiva sulla forza di determinazione femminile.

La Gola del tedesco Marco Goecke, con una interessante intuizione, diventa la perdita di controllo e la dipendenza dovute alla droga, in un drammatico assolo sulle note di Heroin di Lou Reed. Per la Lussuria, l’israeliano di stanza a Londra Hofesh Shechter pensa un lavoro d’ensemble elegante, una decina di algidi ballerini biancovestiti che ad un certo punto esplodono agitati sul palcoscenico, a rappresentare il contrasto tra razionalità e istinto animale. L’Ira è vestita di nero e urla fino allo sfinimento per la tedesca Sasha Waltz che crea un passo a due al femminile potentemente fisico. Conclude con l’Invidia l’israeliana Sharon Eyal, co-fondatrice con Gai Behar della compagnia L-E-V di Tel Aviv, dove tre ballerine sono pronte a combattersi a suon di sguardi feroci e sfide sulle punte rievocando le rivalità del balletto classico.