Agorà

Lo scandalo. I Mondiali della truffa Il calcio finisce in manette

Elena Molinari giovedì 28 maggio 2015
Sette pezzi grossi della Fifa, più due leader di organizzazioni nella sua ombra, in manette con l’accusa di aver intascato tangenti miliardarie e aver creato un sistema criminale più simile a una cosca mafiosa che a un’organizzazione sportiva. Ed è solo l’inizio. Il dipartimento alla Giustizia americano promette infatti di andare avanti. La retata di ieri a Zurigo, dove gli agenti svizzeri, su richiesta della magistratura Usa, si sono fatti dare le chiavi delle stanze dell’hotel Baur au Lac e sono saliti ai piani a prelevare gli accusati, è solo un pezzo del puzzle che l’Fbi, l’agenzia delle entrate Usa e la procura di New York stanno componendo dal 2011.  Qualche elemento manca ancora, ma presto, una volta che la loro estradizione sarà eseguita, gli inquirenti avranno 14 potenziali “pentiti”, fra funzionari Fifa, dirigenti di altre associazioni e di aziende private, cui offrire patteggiamenti in cambio di confessioni. E altri dieci membri della commissione che ha votato per la sede dei prossimi Mondiali saranno ascoltati a breve. Pare infatti che l’Fbi abbia nel mirino altri 25 alti funzionari del calcio, e non abbia ancora nemmeno aperto il capitolo delle grandi votazioni per le gare del 2018 e del 2022, sulle quali anche le autorità svizzere hanno aperto un’inchiesta. Non a caso ieri molti, come l’ex presidente della Uefa, Lennart Johansson, si sono detti convinti che la Fifa potrebbe rivedere la sua decisione di assegnare i prossimi mondiali alla Russia e al Qatar.  La possibilità ha gettato nel panico Mosca come Doha. La Borsa del Qatar è crollata, mentre dal ministero degli Esteri russo è immediatamente arrivata l’accusa a Washington di «uso illegale ed extraterritoriale delle leggi statunitensi» e di desiderio di «fare giustizia al di fuori dei propri confini». Il governo Usa ha risposto elencando i motivi della sua competenza nel caso, dai milioni di dollari che sarebbero transitati attraverso banche Usa, alle società televisive americane accusate di aver pagato mazzette per accaparrarsi i diritti delle partite, fino al quartiere generale a Miami della Concacaf, la federazione calcio delle Americhe e dei Caraibi.  Nessuno degli arrestati ha opposto resistenza agli agenti, anche se sei su sette hanno contestato l’estradizione. La maggior parte non è stata ammanettata ed è stata protetta dai fotografi con grossi teli. Ma la cortesia è finita lì. Poche ore più tardi, da Brooklyn, il nuovo ministro alla giustizia Usa, Loretta Lynch, che fino a pochi mesi fa lavorava all’inchiesta come procuratore capo di Brooklyn, ha spiegato che questi signori hanno «tradito la fiducia degli sportivi, abusando anno dopo anno, della loro posizione per intascare milioni di dollari in bustarelle». La corruzione - ha aggiunto - «ha danneggiato profondamente le leghe giovanili dei Paesi in via di sviluppo così come i tifosi il cui amore per il calcio rende preziosi i diritti commerciali».  Gli arrestati sono Jeffrey Webb, che ha fatto parte dell’esecutivo Fifa fino alle sue dimissioni proprio sotto il peso di pesanti accuse di corruzione; Eugenio Figueredo, influente uruguaiano che agli ultimi Mondiali si era battuto per togliere la squalifica a Luis Suarez. Gli altri sono Eduardo Li (Costa Rica), Julio Rocha (Nicaragua), Costas Takkas, ex segretario della federazione delle isole Cayman, Rafael Esquivel ( Venezuel) e José Maria Marin (Brasile). Tutti erano riuniti nell’hotel a cinque stelle per il voto presidenziale di domani, durante il quale era attesa la conferma di un quinto mandato per Sepp Blatter, che guida la Fifa dal 1998.  Blatter non è stato toccato dal blitz, ma una fonte anonima ha confidato al New York Times che un suo arresto dipende «dalla direzione che prenderà l’inchiesta». La sua completa estraneità ai giochi interni alla sua organizzazione è però sempre più difficile da sostenere, come ha tentato di sostenere l’ufficio stampa della Fifa, adottando la linea di difesa delle «poche mele marce». «Pagamenti segreti e illeciti, tangenti e mazzette sono il modo di fare affari nella Fifa», ha spiegato invece il direttore dell’Fbi, James Comey, chiarendo che l’operazione è il frutto di un’indagine che copre 24 anni, o «due generazioni di funzionari del calcio».  «La Fifa ha molti atti di coscienza da fare», ha concluso il ministro Lynch ieri, dopo aver citato come esempio di 'assoluta cupidigia' l’ex vicepresidente della Fifa, Jack Warner, che avrebbe chiesto 10 milioni di dollari in tangenti al governo del Sudafrica per i mondiali del 2010. Mentre solo per l’organizzazione della Coppa America del 2016 negli Stati Uniti, passarono di mano più di 110 milioni di dollari, quasi un terzo dei costi legittimi del torneo. Lynch ha riferito di bustarelle pagate anche per le elezioni del presidente Fifa del 2011 e per la sponsorizzazione della nazionale brasiliana da parte di un noto marchio Usa, segno che la corruzione non si sarebbe ridotta negli ultimi anni, nonostante i molti scandali emersi all’interno dell’organo che governa il pallone. Il terremoto è destinato dunque a continuare, facendo tremare alle fondamenta il regno di Blatter, anche se ieri la Fifa assicurava che l’elezione di domani si farà, e che il presidente «è molto calmo».