Sembra paradossale che, mentre aumenta il piacere di scrivere, favorito anche dal facile accesso ai mezzi tecnologici e dalle nuove opportunità di autopubblicazione, diminuisca il piacere di leggere. Si dirà che è soltanto una questione di crisi economica e che, nel calo generale dei consumi, è naturale che si acquistino anche meno libri. Tutto vero, ma c’è forse qualcosa di più dei soldi che vengono meno, visto che, se proprio uno volesse leggere con poco, esistono migliaia di bei libri sotto i 10 euro pronti per essere acquistati. In realtà, la gente è anche distratta, confusa, disorientata, così che, nel clima frettoloso e assordante in cui quotidianamente vive, non le viene a mancare solo il tempo materiale almeno per leggere nella misura in cui leggeva prima, ma finisce col perdere la concentrazione, il silenzio e la serenità interiore, che sono l’habitat naturale di ogni forma di lettura. Per l’uno e per l’altro motivo, e per varie altre cause ancora, l’editoria sta oggi attraversando una delle sue stagioni più difficili. Si pensava che il calo complessivo del 2011 (-4,6%, secondo i dati dell’Associazione italiana editori) fosse già abbastanza, ma il 2012 sarà peggio, con una discesa di almeno il 7%. Una volta, quando si parlava di contrazione delle vendite, si usava l’immagine dell’"avanti adagio, quasi indietro". In questo momento, a leggere dati e rapporti e a fotografare le situazioni reali, l’espressione più idonea per definire la stato dell’arte è: "indietro tutta". In pratica, non si è salvato nessun settore, se escludiamo la narrativa e i libri per ragazzi, e qualche successo nel giornalismo librario, nella manualistica pratica e nell’area religiosa (con
L’infanzia di Gesù di Benedetto XVI al primo posto). Va da sé che lo specchio primo di tutta questa situazione è la libreria, punto di confluenza di tante problematiche. La prima delle quali riguarda l’insostenibilità di un’attività spesso non remunerativa o con insufficienti margini di redditività, che mentre da un lato costringe a smerciare "prodotti", buoni o scadenti che siano, purché si vendano, dall’altro impedisce di valorizzare quei titoli che, in un settore o nell’altro, meriterebbero di più: in ogni caso, non di finire immediatamente a prendere polvere sugli scaffali. D’altra parte, per quanto si cerchi di "filtrare", è difficile per la libreria dimenticarsi di essere un negozio che vende i libri che la gente chiede e che purtroppo sono spesso reclamizzate patacche, da qualunque parte provengano (grandi, medi o piccoli editori, senza distinzioni). Così, nonostante gli sforzi fatti in questi anni per darsi un volto più adeguato, nel senso di un ambiente più attraente, un’organizzazione più funzionale, una comunicazione più efficace e un servizio più soddisfacente, le librerie hanno subito pesanti ripercussioni, che per il 2012 si possono valutare tra il 15 e il 16%. Stando così le cose, ci vorrebbe il magico ombrello di Mary Poppins per risalire la china e soprattutto per riuscire a salire in alto, verso più sereni orizzonti di futuro. In tutto questo discorso c’è anche un altro aspetto su cui val la pena di soffermarsi. Quando c’è uno smottamento, non è solo il mercato del libro a perdere robustezza, elasticità ed equilibrio, ma è tutto il sistema editoriale su cui si regge ad andare in tilt. Perché tutto ormai è collegato e interagisce, e se scricchiola una parte importante entrano in crisi anche le altre. All’ordine del giorno (come si discuterà venerdì 25 a Venezia, alla mai abbastanza lodata Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri, da trent’anni in servizio attivo) si pone oggi come centrale la riflessione e il dibattito sulla distribuzione, fisica e digitale, del libro. Non tanto o non solo per quanto attiene gli assetti proprietari e l’acquisizione di società operanti nel commercio librario; il controllo o la partecipazione in aziende con un ruolo leader nelle vendite in Internet o nella grande distribuzione; il moltiplicarsi dei punti vendita, con particolare riferimento alle catene librarie e alle librerie in franchising, a fronte di librerie indipendenti che si vanno ormai dimezzando, travolte da meccanismi che non riescono più a reggere. Profondi cambiamenti sono intervenuti e si stanno verificando a vari livelli; è stato rinnovato, razionalizzato e velocizzato il sistema, rendendolo più consono alle esigenze di oggi, e si è confermato il ruolo-chiave che distribuzione e promozione libraria hanno nello sviluppo dell’editoria. Naturalmente, in uno scenario editoriale e di mercato così mobile e frammentato, i fattori di cambiamento, interagendo tra loro, modificano di continuo le regole, le condizioni o le modalità pratiche del commercio, e di conseguenza finiscono col porre anche alla distribuzione e alla promozione problemi nuovi o col richiedere da esse soluzioni nuove. Queste problematiche mettono ancora una volta in luce la complessità e insieme la portata di tutto il discorso collegato alla diffusione del libro, soprattutto nell’ottica della stabilità e dello sviluppo di una casa editrice. In realtà, gli editori sono diventati sempre più consapevoli dell’importanza decisiva della distribuzione, e i continui passaggi che si verificano da un distributore all’altro stanno a dimostrare, sia la difficoltà di scegliere fin dall’inizio il distributore più adatto alle proprie esigenze, sia la necessità di cambiarlo al verificarsi di mutate condizioni, necessità o obiettivi. Ci si è accorti in sostanza che la distribuzione è per l’editore una scelta strategica, prima ancora di essere una modalità di organizzazione delle vendite (lanci e rifornimenti) e delle non-vendite (rese), e dunque un’attività collocabile soprattutto sul piano gestionale e logistico. Di conseguenza, tutto quanto egli fa per raggiungere in modo soddisfacente i vari punti vendita, e possibilmente per rimanervi un tempo adeguato, ruota preliminarmente intorno a questo snodo fondamentale, che è la necessità non occasionale della propria presenza in libreria che gli viene assicurata da un distributore efficiente. Oggi, poi, la distribuzione guarda con giustificato interesse anche ai nuovi mercati del digitale, trasversali a tutti i settori, basati come sono su reti digitali e fruibili dagli utenti tramite terminali digitali: smartphone, tavolette, web tv, applicazioni, social network, video on-line, ecc. Si sta in pratica affermando quello che viene già chiamato il "nuovo Internet", in cui tanti, a cominciare dai gruppi editoriali, stanno investendo notevoli risorse, senza peraltro dimenticare che nel mondo digitale non sono più i soli a governare il mercato del libro. Con loro, o contro di loro, ci sono soprattutto i gestori di piattaforme e grandi basi-dati, e la partita si gioca quindi con vari attori, di anno in anno sempre più numerosi. Anche questa è una sfida dei tempi nuovi.