Agorà

Intersezioni. I fari degli Stevenson (padre e figlio), luoghi dell'anima

Roberto Mussapi venerdì 26 maggio 2023

Giorgio Maria Griffa, “Glastonbury Light”

Robert Louis Stevenson, il creatore dell’Isola del tesoro e altri romanzi immortali, fu anche autore di poesie: in una di queste si rivolge al padre. Può essere misteriosa, per chi non conosca la vita del grande narratore: « Non dire di me che ho rinunciato / alle imprese dei miei padri, e che ho fuggito il mare / le torri che abbiamo edificato e le lampade che abbiamo acceso / per chiudermi nella stanza e giocare con le carte come un bambino». Non dire di me che ho rinunciato alle imprese dei miei padri: che significa? Non discendeva da una famiglia di guerrieri, no: suo padre, l’ingegner Thomas Stevenson, era un famoso progettista e costruttore di fari d’avamposto: il suo nome compare sulla Britannica, come uno dei grandi realizzatori di quel miracolo che sono le luci sul mare. Il giovane Stevenson apparteneva a una stirpe di insoliti costruttori, abituati a calcolare la potenza dei frangenti e le influenze delle maree, le rotte di navigazione e il raggio d’azione dei fari, abituati a perforare le nebbie e indicare la terraferma ai marinai.

Tra i quindici e i vent’anni Robert aveva seguito il padre in alcune ispezioni sul campo, immerso nei flutti che si infrangevano sulle scogliere. I biografi sottolineano che l’interesse del ragazzo fosse ben diverso da quello pratico del padre, ma il più acuto di loro ci fa notare come quell’esperienza non fu infruttuosa per il giovane scrittore. Basterà osservare la mappa dell’isola del tesoro, rigorosa e attendibile, per capire che anche il nostro Robert aveva appreso quanto bastava di cartografia per non sbagliare. L’autore dell’Isola del tesoro e il padre celebre progettista di fari, luci sul mare. Questo fatto quasi ignoto ai milioni di lettori di Stevenson ispira una mostra importante, un libro da non perdere, a opera di una gallerista editrice originale, che ha creato da tempo una realtà straordinaria, Cristina Taverna, Nuages, galleria e editore di libri esaltanti l’immaginazione. Fari, di Giorgio Maria Griffa è l’esposizione - inaugurata di recente e aperta fino al 22 luglio - alla Galleria Nuages ( Via del Lauro 10, Milano), in cui possiamo vedere ventidue fari realizzati in questi ultimi cinque anni dall’artista torinese e raccolti nel catalogo Fari (Nuages, pagine 42, euro 18,00) e alcuni altri creati nel 2003 e 2004 per il volume I Fari degli Stevenson, che Nuages pubblicò nel 2005, un libro che ha avuto grande successo, da lustri esaurito, e che ora vede la ristampa: praticamente una nuova edizione.

Presentando la sua opera sui fari degli Stevenson, Griffa è chiarissimo: « La formula per introdurre un libro come questo è, più o meno, la seguente: quando Cristina Taverna mi ha parlato dei fari degli Stevenson e dell’intenzione di farne un libro, sono trasecolato, son caduto dal pero, sono rimasto di stucco, di sale, senza parola, stupefatto, sorpreso, sbalordito». Sfogliando questo libro possiamo ringraziare l’artista per il suo sbalordimento: ha creato nei suoi fari, annotati con scritti di Robert e con didascalie che indicano l’attuale situazione e uso, un viaggio magico nelle luci sul mare, nello spirito che Robert, il figlio lanciato verso il tesoro, avrebbe apprezzato. Fu quindi Cristina Taverna ad avere l’intuizione, e a proporre all’artista l’opera. Artista che, come i più, a quell’epoca non sapeva nulla della cosa.

Per questo l’intuizione di Cristina Taverna è rappresentativa di una donna giovane che, appassionata di illustrazione e illustratori, aprì Nuages, una galleria dedicata esclusivamente a questo genere, e in più con un’idea non comune: ogni autore esposto era abbinato, in un libro della stessa editrice Nuages, a capolavori poetici, in traduzioni nuove, commissionate e realizzate per l’edizione: ho collaborato attivamente alla collana, tradussi Villon, per Moebius, Ovidio, altri grandi autori, e soprattutto Stevenson, un poemetto magico da me molto amato, con le illustrazioni di Sergio Toppi. E tra gli illustratori di Nuages, sempre abbinati a opere poetiche, oltre al grande Pratt, Emanuele Luzzati, e altri dei migliori. Questa mostra e questo libro sono originali anche rispetto alla linea editoriale: qui non abbina un testo poetico, ma il racconto dei fari degli Stevenson.

Un libro ispirato non a uno scrittore, ma a suo padre: con cui il rapporto fu durissimo, quando Robert ventenne sceglieva la sua strada, ma era stato dolce nell’infanzia, quando il padre gli parlava dei fari narrandogli leggende di mare, rapporto che diverrà fatale dopo la riconciliazione. Da quando Robert manifestò l’intenzione di svolgere l’attività letteraria a tempo pieno, a quando, fatidica goccia (siamo nell’Inghilterra ottocentesca) si legò a un’americana divorzianda e madre, i rapporti tra padre e figlio si inasprirono, fino alla rottura. Poi un mutamento, l’ingegnere, grazie anche all’intercessione della moglie, angelo protettore di Robert, trovò simpaticissima la nuova compagna del figlio, e decise che non dispiaceva facesse lo scrittore. Ho detto fatale: in una vacanza nelle Highlands, l’ingegnere passerà lunghe serata al camino, infervorandosi al libro nascente, L’Isola del tesoro, offrendo al figlio scrittore una miniera di informazioni nautiche, e sulla pirateria: fu lui a dettare il contenuto del famoso baule di Billy Bones.

È il passaggio di consegne dal padre al figlio, il suo contributo al romanzo, lui che aveva avversato la scelta letteraria di Bob: ma questa non era più una scelta letteraria, era l’Isola del tesoro, e l’ingegnere Thomas consegnò il suo tributo alla grande avventura, suggerendo il barile delle mele, da dentro il quale Jim avrebbe ascoltato. Fu questo l’augurio al figlio, che andasse per il mondo, e sapesse ascoltare. Il figlio ribattezzò la casa con il nome di un famoso faro del nonno Robert, e fece costruire, sulla strada, un modellino di faro che ogni sera accendeva, ricordando e ringraziando il padre.