Cinema. Jonathan Pryce: «La responsabilità di essere Bergoglio»
Jonathan Pryce nei panni di papa Francesco in una scena del film “I due Papi”
«Un ruolo molto gravoso, temevo di poter deludere il pubblico. Ora spero di ritrovare la fede che persi» Roma «Quando abbiamo girato a Cinecittà I due Papi, è venuto sul set un gruppo di preti e di suore. Appena sono uscito dal camerino vestito da papa Francesco mi hanno circondato perché hanno voluto fare tutti un selfie con me». È ancora divertito e sorpreso dall’episodio il grande attore gallese Jonathan Pryce, di passaggio a Roma insieme al regista brasiliano Fernando Meirelles per la presentazione del film I due Papi (su Netflix dal 20 dicembre). Una vicenda di fantasia ispirata a fatti reali e ambientata pochi mesi prima della storica rinuncia al pontificato di Benedetto XVI nel febbraio 2013 e l’elezione al soglio di Pietro di Francesco. Una interpretazione che al 72enne Pryce ( Brazil, Evita, Pirati dei Caraibi) ha fruttato la nomination come miglior attore protagonista ai prossimi Golden Globes.
Signor Pryce, la sua somiglianza in scena con Bergoglio è impressionante...
Quando si è affacciato sul balcone da Papa sono subito apparsi su Internet dei confronti fra me e Bergoglio. A un certo punto mi ha chiamato mio figlio e mi ha chiesto: “Papà, ma sei tu il Papa?”. Oggi tengo la barba, per evitare che la gente mi fermi per chiedere una benedizione ( ride. ndr).
Ma le piacerebbe incontrare papa Francesco?
Certo che mi piacerebbe. Abbiamo avuto tutto il supporto per le immagini di archivio dal Vaticano, ma non siamo riusciti a incontrare il Papa. Io ero comunque diviso sul fatto di incontrarlo o meno. Sa, quando si dice che non devi incontrare i tuoi eroi? O hai troppo da dire o non hai niente da dire. E Bergoglio lo ammiro così tanto, che forse è meglio così...
Lei che è anche un grande attore teatrale, come ha studiato papa Bergoglio?
Io sono abituato a interpretare biografie, ma non di personaggi viventi. Per questo ero nervoso. La mia paura era quella di deludere il pubblico. Ma da quando è Papa, Francesco è diventato parte di noi, indipendentemente se siamo cattolici, o meno. Non ho costruito un personaggio, lo ha fatto lui e io sto seguendo i suoi passi. Ho letto molto su Bergoglio, ho visto molto materiale in tv e video su youtube per capire come parla e si muove, con quel suo modo lento e gentile di esprimersi, e ho imparato un po’ di italiano, spagnolo e latino. È una figura in cui mi sento a mio agio, perché condividiamo molti punti di vista.
Per esempio, quali?
«Io sono cresciuto protestante e Bergoglio è stato il primo Papa a cui ho prestato veramente attenzione. Lo valuto un leader politico, più che un leader religioso. È sempre in prima linea, non si aspetta che la gente segua lui, ma è lui ad andare verso la gente. Appena ha parlato, mi è sembrato si rivolgesse direttamente a me, toccando tematiche che mi sono molto a cuore, come l’ambiente, la crisi sociale o economica e quella dei rifugiati.
E dei politici che cosa pensa? I leader politici di oggi non sono capaci di dire le cose che dice Francesco con parole semplici: che bisogna costruire non muri, ma ponti. Se penso a chi c’è ora nel mio Paese, la Gran Bretagna, non voglio neppure pronunciarne il nome. La gente, invece, oggi ha più che mai bisogno di guide politiche e spirituali. Di una politica che tenga conto degli esseri umani: e questa sì, è una faccenda spirituale.
Il film gioca su luci e ombre. Nel capitolo argentino, però non si sottolinea quante persone l’allora provinciale dei gesuiti salvò silenziosamente dalla dittatura, come dimostra anche il libro inchiesta di Nello Scavo La lista di Bergoglio.
Ma se questo film aiuterà a conoscerlo meglio nella sua profondità, avremo fatto un buon lavoro. Noi poniamo il dilemma: è meglio combattere una organizzazione apertamente standone fuori o combattere silenziosamente stando all’interno?
C’è un dilemma anche nella figura di Benedetto XVI interpretata da Anthony Hopkins.
Il regista e lo sceneggiatore non hanno scelto di disegnare un buono e un cattivo, ma hanno cercato di essere equilibrati, dando il giusto peso sia a Ratzinger sia a Bergoglio, due figure stimate, presentandoli soprattutto dal punto di vista umano. Nel film immaginiamo che i due, proprio come è successo a me e Hopkins sul set, passino dapprima il tempo a studiarsi diffidenti, per poi diventare grandi amici. E le autentiche immagini d’archivio che arrivano sul finale, con questi due Papi, questi due uomini anziani che si abbracciano e si sorridono con affetto, suggellano una amicizia reale.
Il film presenta anche dialoghi fra il cardinale Bergoglio e papa Ratzinger su Dio e la fede. Hanno influito in qualche modo su di lei?
Sono cresciuto nella fede cristiana, ma ho avuto una ribellione da giovane nei confronti della Chiesa protestante e delle sue regole. Pensavo che invecchiando avrei trovato la fede e sarei morto felice. Sono anziano, non sono preoccupato della morte, ma per il momento non ho trovato la fede. Ma, ripeto, per il momento...
Come passerà il prossimo Natale?
Io ho tre figli e abbiamo passato tutti i Natali insieme a Londra, tranne uno in cui mio figlio non è riuscito a tornare a casa da New York. Festeggiamo sempre con altre due famiglie con cui siamo amici da cinquant’anni: siamo cresciuti insieme, i nostri figli sono tutti amici, anche se abbiamo religioni e convinzioni politiche diverse. Ogni anno facciamo sempre una grande festa di Natale dove cantiamo le canzoni tradizionali. La cosa buffa è che quelli che cantano più forte, sono i nostri amici ebrei. Sono felice che esista una festività così, che abbraccia tutti senza distinzioni.
I suoi progetti futuri?
È la prima volta in 48 anni di carriera in cui non so che cosa farò domani. È saltato un progetto per l’anno prossimo, ma ne sono felice così prendo un momento di respiro. Sono appena stato in scena tre mesi a Broadway con un lavoro teatrale su una coppia di anziani che ha vissuto insieme per cinquant’anni: un lavoro sull’amore, il sostegno, la comprensione. Proprio in linea con papa Francesco.