Giornata della filosofia. I bambini filosofi, irriverenti come Mafalda
Targa apposta sul palazzo dove viveva Quino quando ideò il personaggio, sito in calle Chile 371 a Buenos Aire
La Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, della valutazione e dell’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione del Ministero dell’Istruzione in collaborazione con la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e alcune istituzioni di cultura e ricerca promuove oggi, anche per questo anno, la celebrazione della Giornata Mondiale della Filosofia Unesco, con un’iniziativa dal titolo Philosophy for Futures. E’ interessante, infatti, come proposto da molte scuole, guardare alla filosofia in rapporto ai bambini, così come Amica Sofia fa da anni in Italia. Quest’anno avremo una ‘ospite’ speciale: una bambina irriverente di nome Mafalda, raccontata da Rafael Squirru, poeta argentino e grande amico di Quino, papà di questa bambina ‘filosofica’ dei fumetti, espressione anche della società latino-americana. Squirru e Quino, ovviamente attraverso Mafalda, hanno sollecitato gli adulti a pensare con lo stupore dei bambini, i quali possono prendere “a picconate” le ideologie stagnanti, per dirla con le strisce che raccontano una piccola bambina che pensa “in grande”.
Maestro, qualcuno la considera uno dei più importanti critici d’arte; lei, però, è soprattutto un grande poeta formato nelle migliori scuole dei Gesuiti, in Argentina, e grande amico del fumettista Quino, fra gli inventori, anche inconsapevolmente, della “filosofia dei bambini”, chiarendo che non dobbiamo portare la filosofia ai bambini, ma dobbiamo ascoltare “i bambini in filosofia”. Abbiamo bisogno di scoprire il complesso mondo contemporaneo nelle loro domande, ricordando che, anche se nostri piedi magari sono più lunghi di un tempo, non dobbiamo illuderci di correre più veloci, né di avere, in noi, domande più intelligenti di quando avevamo 6 anni. A 6 anni sapevamo chiederci le cose giuste, così come a 8, poi abbiamo dimenticato il senso profondo della domanda.
Beh, questa, per me, è la grande verità di Antoine de Saint-Exupéry, la stessa che ritrovo nell’amico “Quino”, cioè Salvador. All’inizio degli anni ‘70, qui per Buenos Aires, c’era un manifesto in cui Mafalda, indicando il manganello di un gendarme, affermava: “Questo è il bastoncino per ammaccare le ideologie”. La frase spiega già tutto, spiega non soltanto come Quino abbia ideato un personaggio di dimensioni planetarie, ma anche come una bambina, nella sua irriverenza ingenua, prende a calci il potere corrotto, la burocrazia, le formalità inutili, il razzismo e il denaro, spesso ‘sporco’. Abbiamo incontrato nella nostra vita tante “Mafalde” quanti bambini e bambine abbiamo conosciuto. I piccoli delle strisce di Quino, qui nel nostro Paese, sono il riflesso ingenuo dei loro genitori ‘ammaccati’: magari immigrati del Novecento che si sono votati, senza scrupoli, qui nel Sud dell’America, al denaro, nella speranza di diventare qualcuno oltreoceano. Ti faccio un esempio a tutti noto: Manolito, nelle strisce di Quino, è il figlio di un immigrato spagnolo, che sbava in maniera indecente per il denaro; dedito in modo fanatico al suo insignificante negozio. Manolito ricalca ironicamente l’immagine di suo padre, mettendoci – in realtà - in guardia dall’esempio distorto che diamo ai nostri bimbi, che guardano che osservano”.
Maestro Squirru, pensavo di parlar con lei dell’Argentina e della sua poesia, in queste ore dove il Paese è all’attenzione internazionale. Perché mi sta parlando di Quino e delle sue strisce filosofiche?
Perché in noi argentini c’è il tango, Mafalda filosofa e tanta tanta poesia. Che tu la chiami nostalgia, saudade, homesickness o aňoranza devi sapere che questa è la struttura portante della nostra personalità: il mancante. Ci manca, per tutta, la vita quella dimensione pensierosa bambina della filosofia, ci sentiamo lontani da casa, pur essendo a casa, perché la casa non è la patria, ma è una declinazione dell’animo, che la filosofia aiuta a indagare. Mafalda è questo: la bambina eterna, che – a differenza di molti - non sente nostalgia del suo esser piccola in quanto è una grande piccola. E’ quello che un argentino vorrebbe essere, ponendo domande scomode senza avere la sensazione di scomodarsi troppo. Magari questa sensazione è comune a tutti i popoli latini, dotati di una filosofia della domanda, come in Freire, ma non escludo il fatto che accomuni tutti gli animi sensibili.
Allora restiamo su questo tema…Filosofico. Quello della dittatura è stato il momento in cui Mafalda ha smesso di esistere, almeno nella matita del suo autore. Come mai?
Dovrebbe chiederlo a Quino in persona, ma le posso dire che il regime militare ha rafforzato la censura e, in quel momento, tutti noi artisti, intellettuali, scrittori, giornalisti, abbiamo dovuto far marcia indietro, almeno pubblicamente. Anche volendo, Mafalda non poteva continuare e le mie selezioni d’arte dovevano bloccarsi, nonostante fossero le più famose al mondo. E’ rimasto il riflesso di quel periodo, ancor oggi, nella mia città... Lo sintetizzo coi versi del caro Borges, amico di una vita.
E adesso la città quasi è una mappa
di tanti fallimenti e umiliazioni;
da questa porta ho ammirato i tramonti,
davanti a questo marmo ho atteso invano.
Qui l’indistinto ieri e l’oggi nitido
mi hanno elargito gli ordinari casi
d’ogni destino; qui i miei passi intessono
il loro labirinto incalcolabile.
Joaquín Salvador Lavado Tejón, Quino, ha sentito, come me, questa stanchezza di cui Borges ha detto così bene, guardando una serie di fallimenti a cui il nostro Paese andava incontro per colpa dei regimi, anche di quelli vicini. Mafalda veniva bloccata dal regime, perché si sa che la filosofia è pericolosa per i dittatori. E’ stata Mafalda poi a spronare molti di noi, tanti intellettuali argentini. Quella bambina vestita, spesso di rosso, ci ha ricordato che non dobbiamo disattendere alla nostra promessa di bambini, una promessa autenticamente filosofica.
In Italia, la piccola contestataria è arrivata in un’antologia nel ‘68. L’anno dopo, Umberto Eco ha firmato la prefazione della prima raccolta di quei fumetti. Dal 1970, le sue strisce sono uscite quotidianamente su “Paese Sera”. Come lei sa, Quino ha abitato in Italia e fu felicissimo di quel ‘69 in cui Eco, che allora dirigeva, per i tipi di Bompiani, la collana Amletica leggera, fece acquistare all’editore i diritti di Mafalda, pubblicandone il primo libro: Mafalda la contestataria.
Ricordo la ben nota e bella presentazione del professor Eco: «Mafalda è veramente una eroina ‘arrabbiata’, che rifiuta il mondo così com’è. Per capire Mafalda è necessario stabilire un parallelo con l’altro grande personaggio alla cui influenza evidentemente non si sottrae: Charlie Brown. Brown è nordamericano, Mafalda è sudamericana (il suo autore è argentin, e il personaggio appare da tempo sulla stampa argentina). Charlie Brown appartiene a un Paese prospero, a una società opulenta in cui cerca disperatamente di integrarsi mendicando solidarietà e felicità; Mafalda appartiene a un Paese denso di contrasti sociali, che tuttavia non chiederebbe di meglio, che integrarla e renderla felice, salvo che Mafalda si rifiuta, respingendo ogni avance. Charlie Brown vive in un suo universo infantile dal quale, rigorosamente, gli adulti sono esclusi (salvo che i bambini aspirano a comportarsi come adulti); Mafalda vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanere una bambina, che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori. Charlie Brown ha letto evidentemente i revisionisti freudiani e va alla ricerca di un’armonia perduta; Mafalda ha letto probabilmente il “Che”. In verità Mafalda ha le idee confuse in fatto di politica, non riesce a capire che cosa succeda nel Vietnam, non sa perché esistano i poveri, diffida dello Stato, ma è preoccupata per la presenza dei cinesi. Una sola cosa sa con chiarezza: non è contenta». Pongo in risalto due elementi: Eco è una gemma mondiale, per questo si è accorto di Quino filosofo; Mafalda rappresenta tutti i bambini, che in fondo disprezzano profondamente gli adulti (almeno fino al loro essere adulti). Un bambino rappresenta la Genesi, che torna a ogni nascita: ricrea il mondo. Borges ha descritto molto bene tutto questo dicendo che la storia del calcio nasce ogni volta che un bambino prende a calci un pallone.
(Estratto autorizzato di una intervista del 2013, dopo l’elezione di papa Francesco, al poeta R. Squirru sul senso filosofico dell’Argentina attraverso la bambina ‘pensierosa’ Mafalda, in parte pubblicata con M. Iiritano in Pensare da bambini, Erickson 2020)