Milano. I bambini di Cristicchi ci svelano la verità sulle foibe
La bimba sul palcoscenico, esile e minuta, improvvisamente diventa un fascio di nervi. Allo scoppio delle mine, il viso è contratto in un urlo muto che è più grande di lei, poi precipita a terra morta. Il pubblico del Carcano trattiene il fiato, Simone Cristicchi raccoglie quel piccolo corpo e racconta: «Era l’agosto del 1946, sulla spiaggia di Pola, a Vergarolla, avveniva la strage più sanguinosa della storia d’Italia in tempo di pace...». È finalmente approdato anche a Milano il “musical civile” Magazzino 18 scritto, recitato e cantato dal “cantattore” Simone Cristicchi, non nuovo a imprese del genere (ha raccontato in passato la malattia mentale o la guerra), ma questa volta entrato con coraggio nel tema più scomodo e censurato della nostra storia: l’esodo dei giuliano-dalmati e la tragedia delle foibe. Il tour, partito un anno fa dal Teatro Rossetti di Trieste, la città che ospita il numero maggiore di esuli dall’Istria e dalla Dalmazia ma dove le ferite sono ancora aperte e resistono frange di negazionismo, nel giro di pochi mesi è letteralmente “esploso” e gli inviti anziché scemare sono raddoppiati: nella stagione 2014/2015 lo spettacolo andrà in almeno cento teatri d’Italia, ma il calendario è continuamente in fieri. Ovunque il tutto esaurito – anche ieri sera, con ovazione finale –, persino quando si replica: «Solo a Trieste l’anno scorso sono venute 10mila persone e quest’anno, che siamo tornati con meno serate, ne abbiamo avute 7mila», sorride Cristicchi alla fine dello spettacolo, intrattenendosi come al suo solito con loro, i protagonisti veri della Storia, quegli esuli da Pola, Fiume, Zara il cui dramma, prima di Cristicchi, era naufragato nel silenzio quasi totale. «Tutto esaurito anche a Rovigno, a Fiume, a Buie, Pirano, Pola...», racconta soddisfatto, e questa è la parte meno scontata di un percorso già di per sé unico, perché raccontare di Vergarolla, di foibe e di esodo in Croazia e Slovenia era operazione fino ad oggi impossibile.Ma c’è un altro aspetto che è inedito, ed è il fatto che i passaggi più drammatici sono affidati a un coro di bambini: «È stata un’idea geniale del regista Antonio Calenda – sottolinea Cristicchi –. All’inizio ero preoccupato perché oggi i piccoli sono spesso mercificati, invece quando ho visti i bambini dello StartsLab di Trieste interpretare i miei brani sono rimasto fulminato. Alleggeriscono i contenuti semplicemente con la loro presenza scenica e d’altra parte nel finale, quando canto quel “non dimentighemo!”, rappresentano i depositari della futura memoria».
Ma i 35 bambini di Trieste non avrebbero potuto girare l’Italia e il mondo, hanno dai 6 agli 11 anni e vanno a scuola, così Cristicchi per le parti del coro utilizzava le loro registrazioni... fino a quando Magazzino 18 non ha preso a crescere “dal basso”, con sempre più cori locali di bambini che quando lo spettacolo sta per arrivare in città offrono la loro competenza. Un fenomeno probabilmente unico. Al Carcano di Milano cantano i “Mitici Angioletti”, un coro di Bergamo che si è già esibito a Verona e Pavia e ora replicherà a Gallarate e Brugherio, a Bologna ci saranno i bambini dell’Antoniano con orchestra dal vivo, e altri cori si sono già offerti a Locarno, Biella, Montecarlo. Il Teatro Rossetti di Trieste fornisce video e basi audio e loro arrivano preparatissimi, senza quasi bisogno di prove. Proprio ai bambini sono affidati ad esempio il canto sulle foibe Dentro la buca e Noi siamo la classe operaia, il dramma degli operai di Monfalcone attratti nel dopoguerra dal mito del maresciallo comunista Tito e in realtà da lui deportati nel gulag jugoslavo di Goli Otok. «È ogni volta stupefacente come i piccoli siano consapevoli. Sanno affrontare temi tanto duri con purezza, senza pregiudizi».